Politica

Separazione carriere, via all’esame in Aula alla Camera. Le opposizioni: “Riforma punitiva dei pm, il governo corona il sogno di Berlusconi”

Il viceministro Sisto: "La proposta non tocca il tema dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura"

A quasi sei mesi dal suo varo in Consiglio dei ministri, la riforma costituzionale sulla separazione delle carriere arriva in Aula alla Camera per la prima lettura. Dopo l’introduzione dei relatori, Nazario Pagano di Forza Italia e Simona Bordonali della Lega, l’esame è iniziato con la discussione generale sul provvedimento firmato dalla premier Giorgia Meloni […]

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A quasi sei mesi dal suo varo in Consiglio dei ministri, la riforma costituzionale sulla separazione delle carriere arriva in Aula alla Camera per la prima lettura. Dopo l’introduzione dei relatori, Nazario Pagano di Forza Italia e Simona Bordonali della Lega, l’esame è iniziato con la discussione generale sul provvedimento firmato dalla premier Giorgia Meloni e dal Guardasigilli Carlo Nordio, che – tra le altre cose – introduce nella Carta il principio delle “distinte carriere” di giudici e pubblici ministeri, sdoppia il Consiglio superiore della magistratura e dispone la selezione dei suoi membri tramite sorteggio. Per il deputato Pd Federico Gianassi, primo a intervenire, la riforma ha un “intento punitivo nei confronti della magistratura” ed è dettata da un'”ossessione ideologica della destra”: “Sulla giustizia ci sono enormi questioni che meriterebbero di essere affrontate con serietà, ma il governo preferisce agitare la bandierina della separazione delle carriere”, attacca. L’accelerazione decisa dall’esecutivo sul testo, dice, si inserisce in un “contesto del tutto evidente di ostilità: basti pensare agli attacchi ai magistrati per il processo a Salvini (sul caso Open Arms, ndr) o per il caso Albania“. Peraltro, ricorda Gianassi, “nelle aule giudiziarie le assoluzioni superano le condanne: questo dovrebbe indurre ad avere maggiore cautela quando si dice che il giudice è supino nei confronti del pm”. Inoltre, sottolinea, “se per il fatto di appartenere a uno stesso ordine non c’è più imparzialità, dovremmo anche separare i giudici di primo grado da quelli di Appello e Cassazione”. Il rischio nel prevedere una carriera distinta per i pm, è di creare “una categoria di accusatori di professione sempre più avulsi dalla giurisdizione e ossessionati dal risultato”.

Per il deputato di Forza Italia Enrico Costa, storico fautore della separazione delle carriere, la riforma è invece necessaria per arginare la gogna mediatica a carico degli indagati: “Nello spirito del codice il momento culminante del procedimento penale è la sentenza e le indagini sono atti preparatori, svolti sotto il controllo del giudice. Ma la sentenza vera viene pronunciata durante le indagini, e a emetterla non è il giudice ma il pm”, dice. Per Costa, infatti, i giudici delle indagini preliminari sono vittime di “tanatosi”, cioè “si fingono morti come strumento di difesa di fronte alla prepotenza giuridica e mediatica dell’accusa: le proroghe delle indagini e le intercettazioni sono concesse al 100%, le misure cautelari richieste sono disposte in grandissima percentuale”, dice, mentre “le rarissime occasioni in cui il gip rigetta una richiesta del pm vengono lette come un ostacolo alle indagini“. Questa “forza schiacciante” del pm, sostiene, è dovuta al “marketing giudiziario“, cioè all'”applicazione di tecniche commerciali per promuovere l’indagine all’esterno e cercare il consenso dell’opinione pubblica”. Costa definisce un “segnale importante” anche un altro contenuto del ddl, la creazione di un’Alta Corte a cui affidare la funzione disciplinare nei confronti dei magistrati, togliendola al Csm: adesso, dice, la responsabilità dei magistrati è “completamente azzerata“, perché il procuratore generale della Cassazione, titolare dell’accusa, “archivia il 95% delle segnalazioni” e il Consiglio superiore “assolve in tre casi su quattro”.

Devis Dori, di Alleanza Verdi e Sinistra, esordisce sottolineando che la riforma “modifica ben sette articoli della Costituzione e necessiterebbe di ampia condivisione politica”, mentre “governo e maggioranza non ci hanno nemmeno provato”. Il ddl, dice, è ispirato da una “furia punitiva“, contro “i magistrati “colpevolidi applicare la legge, cioè di svolgere il compito che la Costituzione gli attribuisce. È solo il primo step di un disegno più ampio: prima si separano tra loro le magistrature, poi si scaverà un solco sempre più profondo e poi il pm verrà messo sotto il controllo dell’esecutivo. L’obiettivo è abrogare l’obbligatorietà dell’azione penale“, avverte. L’urgenza di separare le carriere, aggiunge rivolgendosi alla maggioranza, è una “necessità che vi siete inventati, fondata su miti fasulli: già oggi i passaggi di funzioni sono rari e limitati, sia concretamente sia per legge. Nel 2021 solo 15 giudici sono diventati pm e 16 pm sono diventati giudici. Da questi dati capiamo che la necessità di rompere questo modello costituzionale in realtà non ha alcun fondamento, la separazione delle funzioni è già concretamente realizzata”. E incalza: “Si abbia la decenza di tenere fuori Giovanni Falcone delle argomentazioni a favore della riforma, non vengano storpiate alcune sue frasi dette in tempi e contesti ben diversi”. Per Ciro Maschio di Fratelli d’Italia, presidente della Commissione Giustizia di Montecitorio, il ddl è “un’occasione storica per riformare veramente la giustizia dopo decenni di tentativi”, realizzando il “modello del codice Vassalli (il codice di procedura penale del 1989, ndr) che rappresenta accusa e difesa come parti in contraddittorio davanti a un giudice terzo”, mentre, “è evidente a tutti la stortura dell’attuale sistema delle carriere unificate, che mantiene un rapporto privilegiato tra pm e giudice, interconnessi in tutte le attività della vita quotidiana”.

Per il Movimento 5 stelle parla la deputata Stefania Ascari: la riforma, attacca, produrrebbe uno “sconvolgimento democratico in netto contrasto con i principi della Costituzione”, nell’ambito di un “quadro complessivo estremamente preoccupante”, mirato a “modificare l’assetto fondamentale dello Stato. L’obiettivo del governo”, dice Ascari, è “porre sotto il proprio controllo la magistratura, depotenziare i pm e circoscriverne lo spazio operativo: si punta a delegittimare e intimidire i magistrati, per renderli obbedienti e sottoposti all’esecutivo”. Secondo la deputata pentastellata, è “erroneo pensare che i giudici assecondino i pm per il solo fatto di appartenere allo stesso ordine”, come dimostra “la prevalenza delle assoluzioni, anche su richiesta dello stesso pm”. La riforma, in definitiva, “punta a colpire autonomia e indipendenza del potere giudiziario, sterilizzare i pm e metttrli sotto l’influenza della politica, coronando il sogno di Silvio Berlusconi. Se il ministro prenderà il controllo dei pm”, avverte, “si giungerà a una politicizzaizone occulta dell’azione penale, addomesticata contro la propria parte politica e usata come una clava contro gli avversari. Quello che è avvenuto in Polonia e Ungheria, paesi non a caso guardati con ammirazione dalla premier Meloni”.

Intervenendo in replica dopo la discussione, il viceministro Francesco Paolo Sisto, presente in rappresentanza del governo, rinfaccia alle opposizioni di avere “timore di quello che non c’è“: “La proposta non tocca il tema dell’indipendenza dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura, né dell’obbligatorietà dell’azione penale”, sottolinea. “Chi giudica non può avere parentela con nessuna delle due parti, nemmeno di genesi culturale e ordinamentale, anche se poi i passaggi da una funzione all’altra sono pochi”, afferma. L’esame del provvedimento riprenderà a gennaio con la votazione degli emendamenti: il primo ok è atteso a inizio 2025. Trattandosi di una riforma costituzionale, per l’approvazione definitiva serve un doppio via libera nello stesso testo da entrambi i rami del Parlamento: se nella seconda votazione, anche solo in una Camera, il provvedimento non ottiene i due terzi dei voti favorevoli, dovrà tenersi un referendum confermativo (che non prevede il quorum). Una prospettiva su cui Sisto mostra ottimismo: “Se questa riforma dovesse essere sottoposta al vaglio del popolo sarà la migliore tranquillità per tutti”, dice.