Nel 2024 il gettito della tassa di soggiorno porterà nelle casse dei Comuni italiani quasi 980 milioni. E l’anno prossimo la cifra supererà il miliardo. Mentre il “tavolo tecnico” avviato lo scorso settembre in base a un’intesa tra ministero del Turismo e Anci studia la riforma del balzello, che si punta ad estendere anche ai Comuni non turistici, un rapporto della società di marketing territoriale Jfc fa i conti in tasca ai sindaci. Trovando che gli incassi sono già in forte aumento rispetto ai 790 milioni del 2023. In testa c’è il Lazio, con oltre 295 milioni: +55,6% sull’anno prima. “La giunta capitolina”, ricorda Massimo Feruzzi, ad di Jfc, “ha modificato le tariffe del contributo con decorrenza 1 ottobre 2023 e l’aumento ha ovviamente inciso in maniera decisa sugli incassi”. In Trentino Alto Adige la cifra raccolta è salita del 40,9%, in Abruzzo del 25,7%, in Puglia del 19,5%, in Lombardia e Liguria del 15%, in Emilia Romagna del 10,3%.
A fine novembre gli incassi comunali – a livello nazionale – ammontano a 945 milioni, 100 in più rispetto alle stime di inizio anno, e il dato pre-consuntivo di fine anno indica il superamento dei 976 milioni di euro. Secondo Feruzzi a spiegare il boom sono gli incrementi delle tariffe dell’imposta, l’introduzione in nuovi Comuni, l’ampliamento dei periodi e della durata di applicazione da un lato e la riduzione delle esenzioni dall’altro, ma soprattutto il buon andamento dei flussi turistici soprattutto nelle grandi città d’arte.
A livello nazionale, la corsa a ritoccare al rialzo le tariffe è evidente. L’anno prossimo Capaccio Paestum, Novara, Oulx e Marsala sostanzialmente raddoppieranno le tariffe, mentre aumenti sono stati annunciati in 53 Comuni: da Milano a Bologna passando per Bolzano, Pesaro, Perugia, Vicenza, Viterbo, Cesenatico, Sirmione, Chiavari, Rapallo. Altre 25 Comuni introdurranno l’imposta a partire dal 2025: da Udine e Caserta, da Bellaria Igea Marina a Bagheria, da Termoli a Pavia, ma si pagherà anche a Quartu Sant’Elena, Crema, Torre del Greco, Castel Volturno. Diversi amministratori dichiarano apertamente di dover aumentare l’imposta di soggiorno a causa “dei tagli imposti dalla manovra di bilancio”, altri chiamano in causa la necessità di “fronteggiare le problematiche dell’overtourism“, senza però spiegare quali misure intendano finanziare. “Ciò che ancora manca, dopo ormai 15 anni dalla sua re-introduzione, è la chiarezza sull’utilizzo reale di tali fondi: le risorse vengono sempre più utilizzate per coprire buchi di bilancio dei Comuni”.