Trame di tessuti che sembrano quadri. Che hanno rivestito i saloni delle corti di mezza Europa. Ma anche ballerine e pochette damascate, status symbol per le fashioniste. Una favola sulle vie della seta da mille e un tessuto. Dalla sapienza artigianale al design degli anni ‘30 da Giò Ponti a Bulgari, passando per Armani ed Hermes, collaborazioni preziose in esclusiva anche con Santoni, così un’azienda storica ha interpretato i cambiamenti epocali. Un patrimonio di 50.000 manufatti tessili fra campioni, teli, metri storici, mazze, passamanerie, filatoi e telai, corredati da un migliaio di carta e disegni preparatori alla realizzazione dei tessuti. Insieme a registri, atti contabili, testimoni dell’attività dell’azienda dal 1889, anno della sua nascita.

Documenti d’archivio, il loro, che incontrano i 70 kilometri di documenti dell’Archivio di Stato di Napoli fondato nel 1808, che ha sede nel monumentale complesso monastico benedettino. “Archivi che non sono gelosa conservazione fra quattro mura ma generosa condivisione con il mondo”, ha esordito Nicoló Favaretto Rubelli, l’erede di cinque generazioni. Impegno e dedizione familiare premiano sempre. Attraversiamo il chiostro seicentesco del platano, ci strizzano l’occhio le statue di Cicerone e di Omero avvolte di pregiato tessuto Rubelli a mo’ di pepli. Il superbo allestimento è opera della curatrice Donatella Dentice, il suo è un talento diffuso che spazia dal restauro alla pittura, passando per la ceramica. Dall’incontro con Candida Carrino, storica, ricercatrice, la sua direzione (che ha guardato molto avanti) ha portato la valorizzazione dell’Archivio di Stato. Hanno immaginato un dialogo tra le due città marinare per eccellenza, Napoli e Venezia, unite da una ricca tradizione e una fitta rete di scambi commerciali e culturali.

Nelle teche museali dell’Archivio di Stato, l’iconico velluto veneziano ad inferriata tinto rosso kermes del XV sec. (velo da calice), un ricco lampasso cinquecentesco in seta e argento filato, un’ampia selezione di preziosi soprarizzi del XVI secolo di un rosso ancora intenso, dei piccoli frammenti di damasco di epoca barocca fino ad arrivare ad oggetti di design contemporaneo come sedute e poltroncine. Occhio ai falsi e agli impostori sul controllo qualità, esposte anche le carte del Consolato dell’Arte della Seta, un’istituzione del Regno di Napoli che, attraverso regolamenti e statuti, governava la produzione e il commercio della seta, stabilendo regole ferree per la qualità, la quantità e i prezzi. I registri e i libri matricolari presenti, ricchi di miniature e decorazioni pergamenacee, testimoniano una Napoli industriosa, brulicante di botteghe di tessitori, tintori e mercanti, tutti impegnati nel soddisfare le esigenze di una nobiltà e di una borghesia desiderose di affermare il proprio status attraverso tessuti pregiati.

La mostra sarà visitabile fino al 23 febbraio 2025. Da lunedì a venerdì dalle 10:00 alle 19:00, sabato dalle 9:00 alle 13:30. Museo a ingresso Gratuito, come a Londra. La bellezza deve essere accessibile a tutti.

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