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Dona un panettone a tutti i senzatetto del centro ma precisa: “Voglio restare anonimo, non voglio che chi mi conosce pensi al mio gesto come un modo per farmi pubblicità”

Ha parlato al Corriere della Sera nel più totale anonimato e ha spiegato: "Non mi do pace per non essere riuscito ad accontentare tutti". Ecco cosa ha pensato di fare il prossimo anno

di F. Q.
Dona un panettone a tutti i senzatetto del centro ma precisa: “Voglio restare anonimo, non voglio che chi mi conosce pensi al mio gesto come un modo per farmi pubblicità”

Parlando con il Corriere della Sera si è definito “una persona normale, che vive del suo lavoro” e ha precisato di non voler “essere frainteso, che chi mi conosce possa pensare al mio gesto come a un modo per farmi pubblicità”. Stiamo parlando di un anonimo signore che ha donato un panettone a ogni clochard che vive in piazza Duomo a Milano e lo ha fatto all’alba dell’8 dicembre.

Un giorno speciale per lui perché, come ha raccontato, da anni raggiunge il cuore del capoluogo meneghino parcheggiando in piazzale Loreto e andando a piedi: “Ogni volta che andavo, sul tragitto da corso Buenos al Duomo, il mio sguardo si soffermava sui clochard che trovavo su quasi tutto il percorso. Mi limitavo a fare l’elemosina… Loro erano svegli, nelle loro ‘postazioni’ sui marciapiedi. Nel 2019 sono andato a servire un pranzo per gli ospiti della Comunità Sant’Egidio, in una chiesa in via Solferino. L’anno successivo ho dato una mano in un altro centro e poi è subentrata la pandemia. Finché ho deciso di fare qualcosa di mio per quei clochard che avevo visto per anni“.

E lo ha fatto da solo, svegliandosi alle 4.15 e percorrendo la strada di sempre, con tanti panettoni. Il suo rammarico? “Non mi do pace per non essere riuscito ad accontentare tutti” e infatti promette che il prossimo anno chiederà “aiuto per portare più panettoni possibile”. Il misterioso signore che arriva dalla bergamasca sa cosa vuol dire dormire al freddo, anche se in modo del tutto diverso da chi ci vive, al freddo: “Provengo da una famiglia povera, papà operaio, mamma casalinga e quattro figli da sfamare e crescere, dei quali io sono il più grande. Nel 1977 desideravo fare una vacanza. Ma non c’erano soldi in casa. E allora sono partito insieme a un amico facendo l’autostop. Per dieci giorni abbiamo dormito all’aperto, sulle panchine”. Di una cosa è sicuro: “Donare ti arricchisce. E poi non ho fatto niente di esagerato”.

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