Prendiamo un’azienda agroalimentare, che ha una spesa annuale di energia, senza alcun impianto fotovoltaico, di 356.000 euro. Ebbene, mettendo un impianto fotovoltaico con potenza di 700 kW (kilowatt), la bolletta scenderà a 134.000 euro, con un costo medio dell’energia elettrica per kWh (kilowattora) di 0,13 euro. Il fabbisogno diurno coperto dall’impianto è del 67% e il ritorno dell’investimento dell’impianto è di 4,5 anni (in assenza di incentivi). Il risparmio da autoconsumo sarebbe di 155.000 euro, il ricavo da immissione di energia immessa in rete di 67.000.

Altro esempio, quello di un’azienda metalmeccanica, con spesa annua di energia di 89.000 euro. Con un impianto fotovoltaico (di potenza 380 kW) la bolletta scenderebbe a 9.000 annui, con fabbisogno diurno coperto del 78%, costo medio dell’energia elettrica per kWh di 0,13 euro. Il ritorno dell’investimento, sempre senza incentivi, sarebbe in 4 anni, il risparmio da autoconsumo sarebbe di 54.000 euro, il ricavo da immissione in rete 26.000 euro.

Terzo esempio: un’azienda metallurgica con 21.000 euro di spesa annua energica. Con un impianto di potenza di 75 kW, la bolletta scenderebbe a 8.000 euro, con un fabbisogno diurno coperto del 62%, un ritorno di investimento in 4 anni e costo medio dell’energia elettrica euro per kWh sempre di 0,13 euro. Il risparmio da autoconsumo sarebbe di 10.000 euro e il ricavo da immissione di 3.000 euro.

Sono alcuni dei dati presentati al Forum di Italia Solare, “Are You ready to build?”, svoltosi i giorni scorso a Roma e incentrato, oltre che sugli impianti fotovoltaici idonei per fornire a cittadini e imprese energia elettrica a basso costo, sul PNIEC, sulle aree idonee per raggiungere gli obiettivi al 2030 e sull’importanza della sinergia tra i settori dell’industria, dell’agricoltura e dell’energia per un rilancio dell’economia nazionale.

Fotovoltaico? Un abbattitore di costi

I dati delle bollette dimostrano, al di là di discussioni sul green e sulla transizione verde, che le energie rinnovabili, e in particolare il fotovoltaico, convengono più di ogni altra forma di energia. “Il fotovoltaico è un abbattitore di costi, non sostituisce la fornitura elettrica, per ora, ma per un’azienda che lavora di giorno è la soluzione ideale. Perché se questa azienda prima spendeva 100 in bolletta, con un impianto fotovoltaico ne spende 30. L’impianto, i cui costi si ammortizzano in 3-5 anni, diventa funzionante subito e la bolletta crolla subito, con un flusso di cassa positivo”, spiega Massimo Marengo, referente per il Piemonte di Italia Solare e ad di Albasolar. “È ormai da sette-otto anni che si è raggiunta la parità di mercato, parità che nei primi anni duemila per noi operatori del mercato, alle prese con una tecnologia allora giovane e costosa, era un miraggio. Oggi non c’è nessun operatore che sia in grado di fornire energia a un prezzo più basso di quello che ho realizzando un impianto fotovoltaico”, spiega a sua volta Enrico Meneghetti, ad di Espe, società membra di Italia Solare. “Chiaramente”, continua, “il livello di convenienza dipende da vari fattori, complessità tecnica nell’installare l’impianto, grandezza etc, però nel peggiore dei casi il costo viene dimezzato, nel migliore si riesce ad andare sotto a un terzo”.

Ma allora perché, a fronte di questi dati che non lasciano dubbi, alcune aziende ancora resistono ad installare gli impianti? Chiarisce Meneghetti: “Alcune aziende sono scettiche, spesso a causa di informazioni sbagliate. Sul fotovoltaico ci sono stereotipi ancora ricorrenti, come quello per cui si dà lavoro ai cinesi, quando in realtà circa l’80% del valore degli impianti che facciamo è costituito da prodotti e servizi europei; oppure false notizie sulle emissioni legate alla produzione dei moduli, un problema forse reale molti anni fa, non oggi che i controlli sono stringenti e le aziende devono avere certificazioni ambientali elevatissime”. Infine, “c’è l’accusa agli impianti di non essere riciclabili, quando lo sono al 95%, anche se le società che investono nel riciclaggio di moduli fanno fatica a fare business plan precisi dal momento che gli impianti sono relativamente recenti e quindi non ancora arrivati a fine vita. Ma c’è persino chi è convinto che la presenza dei pannelli genera ondate di calore”.

Nel mondo le rinnovabili volano

Nel mondo le energie rinnovabili, fotovoltaico in testa, crescono vertiginosamente, basti pensare che nel 2023 è stato installato nel mondo un terzo dei moduli fotovoltaici di tutta la storia. Il fotovoltaico si avvia a diventare la fonte principale di energia elettrica entro il 2035 e ad oggi la potenza globale installata nel mondo a fine 2023 è di 1,6 Terawatt.

L’Italia, però, è indietro. Il totale degli impianti connessi (dati Gaudì di Terna) è di 1.843.830, per totale di potenza connessa di 35.763 MW (megawatt). Gli obiettivi al 2030 sono ancora lontani: degli 80.001 MW previsti, sono installati ad oggi solo 14.134 MW di fotovoltaico e 1.997 di eolico, con una differenza da colmare di 63.871 MW. L’obiettivo varia a seconda delle regioni: la Sardegna ha una potenza connessa di 654 MW (fotovoltaico) e 81 (eolica) e deve raggiungere i 6.264 MW, con una differenza di 5.529 MW. La Lombardia deve raggiungere 8.766 MW, quindi a fronte di 2.307 MW installati mancano 6.559 MW. Per il Lazio, a fronte di un obiettivo di 4.757 MW, la differenza da installare rispetto a quella presente – che è di 1.508 MW di fotovoltaico e 7 di eolico – è di 3.242 MW.

Perché il problema non sono gli incentivi

Ma che cosa servirebbe per accelerare il raggiungimento dei nostri target di energia pulita? “Il problema non sono gli incentivi che mancano. Anzi, a furia di dare incentivi”, spiega Massimo Marengo, “gli imprenditori si sono abituati a fare investimenti solo in loro presenza. Alla politica chiediamo altro, abbiamo bisogno di sburocratizzazione e insieme della possibilità di costruire il fotovoltaico attorno alle realtà produttive, commerciali, industriali etc, per abbattere i costi energetici. E anche poter competere sul mercato, visto che ormai, ad esempio, nel mercato ESG per vendere prodotti occorre avere una quota di energia rinnovabile. In sintesi, ci serve terreno, perché no, i soli tetti non bastano”. Dai dati, il terreno agricolo richiesto per gli impianti sarebbe solo dello 0.3 per cento, ma purtroppo il decreto aree idonee voluto dal governo ha concesso alle regioni ogni decisione su dove e come mettere gli impianti. “Tra l’altro”, nota sempre Marengo, “gli impianti sui tetti si scaldano di più e se si riscaldano producono di meno”.

Non solo più terreno. “Un’altra cosa che servirebbe sono processi autorizzativi veloci”, spiega a sua volta Enrico Meneghetti. “Non chiediamo norme a nostro favore, ma norme che siano chiare e stabili”.

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