Emmanuel Macron vuole uscire in fretta dalla crisi politica, ma senza accettare compromessi. Il capo dell’Eliseo, dopo il fallimento del governo di Michel Barnier, si ostina a fare alla sua maniera: ha radunato un tavolo che ha definito “largo”, ma che ha visto la presenza di tutte le forze politiche tranne i due opposti di la France Insoumise e il Rassemblement National. A tutti gli altri (dai Socialisti ai Repubblicani, passando per Comunisti, Verdi e Macroniani) ha chiesto di trovare un’intesa, senza però grandi garanzie in cambio. E, come previsto, i partiti hanno risposto, per il momento, con scetticismo. Il presidente della Repubblica, nel bel mezzo della discussione, ha fatto sapere che vuole nominare un nuovo primo ministro in 48 ore. “Gli chiederò di usare un metodo condiviso”, ha dichiarato. E con l’obiettivo di “durare fino al 2027”, ovvero per 30 mesi. Sembra facile a parole, ma resta ancora un mistero il come intende arrivarci. E con quale maggioranza.
La politica francese vive da mesi una fase di profonda instabilità con forze incapaci di trovare un accordo. Il risultato paradossale è quello della stasi: essendoci appena state elezioni legislative anticipate, non è possibile sciogliere l’Assemblée Nationale prima di giugno prossimo, e nel mentre si fatica anche a trovare un accordo di minoranza. Un segnale nuovo è arrivato nei giorni scorsi dai Socialisti che hanno deciso di aprire al dialogo con Macron e, di fatto, rompere l’accordo a sinistra del Nuovo Fronte Popolare. Anche oggi sono stati quelli che hanno avuto parole di maggiore apertura: il segretario del Ps Olivier Faure, ha sostenuto che “le cose stiano andando avanti”. Secondo Faure, un punto di incontro potrebbe essere l’impegno del futuro governo a non usare l’articolo 49.3 (che permette di far passare le leggi senza passare dal Parlamento). I partiti, in cambio, si impegnerebbero a non ricorrere alla mozione di sfiducia. Questo permetterebbe al Parlamento di riconquistare tutti i suoi diritti e di cercare dei compromessi, il che sarebbe una grande novità”. Faure ha precisato che il suo partito ha “escluso” la partecipazione a una “grande coalizione”. Uno dei problemi rimane il fatto che la France Insoumise non è ammessa al tavolo per volontà del capo dello Stato. Il leader Jean-Luc Mélenchon oggi si è rivolto agli alleati: “Fra un paio di giorni torneranno da noi, con qualche imbarazzo”, ha detto. “Noi non facciamo concessioni, non siamo stati eletti per farlo”.
Le discussioni al tavolo sono molto complesse. Il partito socialista, nei giorni scorsi, aveva già provato a dettare le sue tre condizioni: non parteciperà a governi guidati dalla destra o da “tecnici”, serve una reale svolta su pensioni, potere d’acquisto e giustizia fiscale, e la nomina di un premier di sinistra. La leader dei Verdi Marine Tondelier, prima di entrare, ha piuttosto spinto per mantere l’unità delle sinistre e ha ribadito che è necessario un passo indietro di Macron: “Non è in condizioni di essere l’arbitro che decide”, ha dichiarato. Poi, all’uscita, ha annunciato che il presidente non vuole “nessun compromesso”. Non “dico che abbiamo discusso di nlla. Ma esco da questo incontro in grado di dirvi che il campo presidenziale non si è mosso di una virgola”, ha detto la segretaria nazionale degli Ecologisti. “La buona notizia è che ha assicurato di non voler più contare sul Rassemblement national“. Poche novità, insomma. Per ora, l’ultima parola è solo e soltanto quella del capo dell’Eliseo. Che non ha intenzione di farsi da parte.