Tutto confermerebbe quello che è stato fin dall’inizio il sospetto degli investigatori di un killer "arrabbiato" col sistema miliardario delle mutue
Il 9 dicembre era stato fermato in Pennsylvania per accuse legate al possesso di armi da fuoco. Ma ora per Luigi Mangione è stata formalizzata l’incriminazione per l’omicidio del Ceo di UnitedHealthcare Brian Thompson, ucciso il 4 dicembre a Manhattan di fronte ad un albergo, dove doveva partecipare ad una riunione del gruppo. E così, […]
Il 9 dicembre era stato fermato in Pennsylvania per accuse legate al possesso di armi da fuoco. Ma ora per Luigi Mangione è stata formalizzata l’incriminazione per l’omicidio del Ceo di UnitedHealthcare Brian Thompson, ucciso il 4 dicembre a Manhattan di fronte ad un albergo, dove doveva partecipare ad una riunione del gruppo. E così, dopo cinque giorni, finisce la caccia all’uomo. Il 26enne è stato arrestato ieri dopo che un dipendente di un McDonald’s di Altoona, in Pennsylvania, lo ha riconosciuto e ha chiamato il 911. Secondo la polizia, il giovane “ha iniziato a tremare” quando la polizia gli ha chiesto se fosse stato a New York di recente. È rimasto in carcere in Pennsylvania, dove è stato accusato di possesso di un’arma da fuoco senza licenza – una pistola fatta in casa con una stampante 3D e un silenziatore che Mangione aveva in uno zaino -, falsificazione e fornitura di falsi documenti d’identità alla polizia.
Le incriminazioni di ieri erano a livello locale, ma sono bastate poche ore perché venisse accusato di omicidio. Mangione è arrivato in aula ammanettato e durante la sua presenza in tribunale il suo profilo X è stato sospeso. Davanti al giudice ha contestato le affermazioni secondo cui era in possesso di una significativa quantità di denaro (ottomila dollari e altri fondi in valuta estera) e aveva usato un dispositivo che avrebbe mascherato le sue comunicazioni elettroniche per evitare di essere rintracciato. Questo dispositivo, secondo il giudice, potrebbe essere stato usato per eludere le indagini. Alla domanda se fosse rimasto in contatto con la famiglia, Mangione ha risposto “fino a poco tempo fa”.
Rampollo di una abbiente famiglia italo-americana di Baltimora, ex studente di computer in un’università della Ivy League, la famiglia di Mangione si trova negli Usa da tre generazioni col il nonno Nicholas, un costruttore figlio di emigranti, che aveva fatto fortuna con una rete di country club, case di riposo e una stazione radio, mentre un cugino di Luigi, Nino, è deputato repubblicano conservatore al parlamento statale del Maryland. “L’abbiamo preso incrociando i vecchi metodi della polizia con quanto offerto dalle nuove tecnologie”, ha detto la nuova commissioner della polizia di New York Jessica Tisch in una conferenza stampa con il sindaco Eric Adams che ne ha approfittato per riproporre il bando alle mascherine nei luoghi pubblici.
Arrivato ad Altoona in Greyhound, Mangione aveva con sé una pistola con silenziatore simile a quella usata per uccidere Thompson: si tratterebbe di una ‘ghost gun’, un’arma invisibile ai controlli messa assieme con la stampante 3d. Il 26enne portava addosso anche un “manifesto”, hanno riferito fonti di polizia, ispirato a Theodore Kaczynski, il matematico di Harvard soprannominato Unabomber che negli anni ’90 tenne in scacco l’America con una catena di pacchi bomba. Appassionato di intelligenza artificiale e videogiochi, Luigi ammirava e metteva il like sui social alle invettive dell’eco-terrorista contro gli antidepressivi (“Immagina una società che assoggetta le persone a condizioni che li rendono infelici e poi dà loro i farmaci per togliere la loro infelicita”). Due paginette scritte a mano, il documento contiene accuse alla “corporate America” e in particolare alle mutue private che antepongono i profitti al bene degli assicurati. “Questi parassiti se la sono cercata… Mi scuso per ogni conflitto e trauma, ma andava fatto”, sono alcune delle frasi scritte da Mangione, che dice di aver agito da solo e di essersi autofinanziato. Secondo il New York Post, il ragazzo era rimasto scioccato per come era stato trattato un parente malato. Tutto confermerebbe dunque quello che è stato fin dall’inizio il sospetto degli investigatori di un killer “arrabbiato” col sistema miliardario delle mutue: gli ultimi tasselli chiariscono le tre parole incise sui bossoli trovati sul luogo del delitto – “deny, delay, depose” evocatrici di quelle usate dalle assicurazioni come UnitedHealthcare per negare i rimborsi – così come i soldi finti del Monopoli (il gioco per molti simbolo dell’avidità delle corporation) ficcati nello zaino di marca abbandonato a Central Park assieme al giaccone firmato Tommy Hilfiger il 4 dicembre, la mattina stessa del delitto.