“Sembra un paradosso, ma dagli indios in Amazzonia ho imparato a essere ancora più francescano di quanto non sia. La natura loro ce l’hanno nel Dna ben più di noi, che pure da ottocento anni portiamo avanti il messaggio del Cantico delle Creature di Francesco”. Fra Carlo Maria è un frate francescano, presidente dell’associazione Assisi Missio. Mentre parliamo si trova in macchina di fronte a un grande magazzino di articoli sportivi per comprare, al posto dei sandali francescani, un paio di scarpe pesanti per l’imminente missione in Ucraina, per un progetto di sostegno alle madri che hanno perso i figli. Con lui c’è Paolo Friso, direttore generale Edizioni Frate Indovino. Edizioni che pubblicano il noto calendario – 2,5 milioni di copie stampate e inviate ogni anno – che quest’anno compie ottant’anni, proprio nell’ottavo centenario del Cantico di San Francesco e nell’anno del Giubileo. Con un’edizione speciale, a partire dalla copertina, dedicata al filo rosso della speranza.

Il calendario di Frate Indovino continua ad arrivare nelle case degli italiani, che dal canto loro, facendo donazioni, alimentano le missioni francescane nel mondo. Quanto è importante questa sinergia?

Paolo Friso. Il calendario di quest’anno è l’ottantesima edizione di un’avventura editoriale che nessuno si sarebbe aspettato, sono milioni ormai le copie stampate negli anni. Sembra un po’ demodé, però l’affetto che riceve rappresenta da un lato il legame con la tradizione, dall’altro consente e sostiene le iniziative dei frati cappuccini nel mondo. Fra Carlo Maria, come presidente dell’associazione Assisi Missio, è uno dei polmoni di questa iniziativa, io rappresento invece la parte editoriale: insieme creiamo, speriamo, un circolo virtuoso.

Qual è l’obiettivo editoriale del calendario?

Paolo Friso. Certamente portare una buona parola nella vita di ogni giorno, quest’anno, in particolare, con il Giubileo, una parola di speranza. E, come dicevo prima, è uno strumento di reciprocità: noi lo facciamo arrivare nelle case degli italiani, i nostri benefattori ci mandano un contributo per le attività di evangelizzazione. In questo momento stiamo per partire per l’Ucraina.

Che progetto avete?

Fra Carlo Maria. Sosteniamo un’iniziativa dei frati cappuccini a favore delle madri che hanno perso un figlio in guerra. Sappiamo che non risolveremo il conflitto, però cerchiamo di portare la vicinanza e la cura alle madri e insieme una speranza in questa situazione che sembra sempre più avvilupparsi in una spirale di odio, impossibile da scalfire. Vogliamo portare la nostra presenza, e lo possiamo fare grazie ai lettori che donano.

Il calendario, ispirato appunto allo spirito francescano, è anche caratterizzato, da sempre, dal tema della sostenibilità. Come parlare di ambiente oggi, in tempi di crisi climatica?

Fra Carlo Maria. Sono stato dodici anni in Amazzonia, a portare avanti un’esperienza di cura del Creato. E sono contento che per la prima volta la Chiesa abbia un papa di nome Francesco che, con documenti ed encicliche in chiave francescana, come la Laudato Si’, rimarca l’importanza della salvaguardia della nostra casa comune. In Amazzonia ho imparato dagli indios ad essere ancora più francescano, loro sono in simbiosi con la natura e avvertono le conseguenze drammatiche del cambiamento climatiche: le secche del fiume Rio, la crisi della presenza di pesce, che per loro è fondamentale, anche a causa della pesca illegale, il disboscamento. Insomma la madre e sorella Terra sta soffrendo e dobbiamo correre tutti ai ripari, perché è inutile credere di essere al riparo in Europa, siamo tutti legati e connessi.

Vi occupate, però, anche di migranti e profughi in Italia.

Paolo Friso. Sì, il nostro centro a Perugia è un complesso dove ci sono vari spazi, la mensa dei poveri, insieme alla Caritas, un hub dove si smistano i beni nei vari empori, un luogo dove lavarsi e cambiarsi, assistenti sociali per l’inserimento al lavoro, assistenza medica. Abbiamo inoltre circa cinquanta alloggi di cohousing per le famiglie dei migranti e una casa famiglia con 18 famiglie, madri e figli, seguite da suore. Ma abbiamo anche, ultima arrivata, una city farm, laboratorio di ecologia integrale, con mufloni, pecore, caprette, galline: vengono scolaresche a fare percorsi di ecologia, facciamo il pane, c’è una piccola serra. Arrivano anche pensionati che ci aiutano con il giardino o i bambini.

Non è facile restare allegri in un mondo che sembra andare verso la disintegrazione.

Paolo Friso. Noi cerchiamo di rimettere in circolo il bene che c’è nella nostra società e che non viene visto. Questo ci dà la spinta a continuare: forse non rivoluzioneremo le cose di questa Terra ma possiamo contribuire a rimetterci in gioco nel cambiare un po’ il futuro.

Quindi no alla disperazione?

Fra Carlo Maria. Ci sono tante situazioni che fanno rallentare il passo, ma non userei il termine disperazione. Com’è noto, fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce nel silenzio. C’è tanto bene, io l’ho visto anche nei giovani che venivano in missione l’estate dopo il lavoro e lo studio, dedicando forze ed energia a chi era in difficoltà.

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