Alla fine è arrivato il momento in cui si parla di truppe straniere in Ucraina. Non a combattere, bensì – nelle intenzioni del presidente francese Emmanuel Macron e del premier polacco Donald Tusk – per costituire una forza di pace dopo la fine della guerra la quale peraltro ancora non si vede all’orizzonte. A ricostruire il piano di Francia e Polonia è stato il giornale Politico che cita un diplomatico dell’Unione Europea e un funzionario francese. Domani, giovedì, Macron incontrerà a Varsavia Tusk e i due si confronteranno su questa ipotesi di dispiegamento di contingenti di peacekeeping. Si tratta di una proposta diversa da quella ventilata nei mesi scorsi da Macron per l’invio di istruttori militari.
Il primo a scrivere della prospettiva di una missione di peacekeeping proposta dagli Stati europei è stato il giornale polacco Rzeczpospolita e il diplomatico di Bruxelles ha confermato tutto: secondo quest’ultimo si parlerebbe di 40mila uomini di Paesi stranieri per portare avanti una missione da “cuscinetto” tra russi e ucraini quando e se si interromperanno le ostilità. I leader europei cominciano ad accelerare su varie opzioni anche in considerazione dell’avvicinamento dell’insediamento alla Casa Bianca del rieletto presidente degli Stati Uniti Donald Trump, il quale potrebbe costringere le cancellerie europee ad assumersi maggiori responsabilità militari in Ucraina.
D’altra parte un diplomatico polacco si è detto sorpreso dalla proposta di Macron. Le missioni di pace, è il ragionamento, dovrebbero essere decise nell’ambito delle Nazioni Unite o dell’Osce, non in una discussione bilaterale con il presidente francese. L’invio di truppe polacche in Ucraina “avrebbe senso solo nel quadro della Nato”, ha sottolineato. Tantopiù il convitato di pietra resta di nuovo Trump su un tema di questo calibro. Inviare peacekeeper in Ucraina, in ogni caso, ha anche la funzione di placare i timori di Kiev, preoccupata che i suoi alleati possano tirarsi indietro nel caso di una ripresa della guerra con la Russia di Vladimir Putin. La ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock ha affrontato la questione “peacekeeping” già la scorsa settimana: “Naturalmente tutto ciò che serve alla pace in futuro” sarà “sostenuto dalla parte tedesca con ogni sforzo”. Tuttavia la posizione ufficiale di Berlino rimane contraria a qualsiasi invio di truppe.
Questi retroscena si rincorrono nel giorno in cui Viktor Orbàn ha riattivato i canali con il Cremlino per parlare di una possibile trattativa. E com’era già avvenuto quando l’iniziativa l’aveva presa il cancelliere tedesco Olaf Scholz, anche il premier ungherese è stato apostrofato dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky. “Ci auguriamo tutti che almeno Orbàn non chiami Assad a Mosca per ascoltare anche lui le sue lezioni lunghe un’ora” ha commentato sarcastico. Sul tavolo c’è una presunta proposta ungherese per una tregua per Natale che secondo il racconto di Orbàn Zelensky ha bocciato e che secondo Kiev è rimasta nella testa del capo del governo di Budapest. “Il coordinamento e gli sforzi congiunti portano sempre a risultati, ed è esattamente ciò di cui l’Europa ha bisogno in questo momento: non iniziative isolate che sfidano tutti gli altri nel continente” ha sottolineato Zelensky.
“Stiamo compiendo ogni passo diplomatico possibile per sostenere il cessate il fuoco e i colloqui di pace”, ha affermato Orban. Putin, ha invece fatto sapere il suo servizio stampa, ha condannato quella che ha definito “la linea distruttiva del regime di Kiev, che esclude ancora la possibilità di una soluzione pacifica del conflitto”. I due capi di governo, ha aggiunto il Cremlino, hanno parlato anche di cooperazione economica bilaterale, in particolare di “progetti reciprocamente vantaggiosi nel settore energetico”. Budapest continua infatti ad importare circa i due terzi del suo fabbisogno di gas dalla Russia.