L'Anfia chiede "un sostegno concreto e immediato" e avanza tre proposte al governo. Le sofferenze dovute ai volumi di Stellantis e alla crisi dei costruttori tedeschi
Senza un piano di “sostegno concreto e immediato” alle imprese della filiera dell’auto molte aziende “rischiano di non avere alternative ai licenziamenti”. La crisi annunciata dell’indotto è dietro l’angolo, come previsto negli scorsi mesi. E in ballo ci sono, secondo l’Anfia, fino a 45mila posti di lavoro. La relazione del presidente dell’associazione della filiera dell’industria […]
Senza un piano di “sostegno concreto e immediato” alle imprese della filiera dell’auto molte aziende “rischiano di non avere alternative ai licenziamenti”. La crisi annunciata dell’indotto è dietro l’angolo, come previsto negli scorsi mesi. E in ballo ci sono, secondo l’Anfia, fino a 45mila posti di lavoro. La relazione del presidente dell’associazione della filiera dell’industria automobilistica, Roberto Vavassori, è uno cahiers de doléances con un imperativo per il governo: fate presto. Il crollo della produzione di Stellantis, con meno di 500mila unità prodotte nel 2024, e le difficoltà dei costruttori tedeschi hanno ristretto i tempi per governare la transizione verso l’elettrico.
Il mix di crisi tra Stellantis e Volkswagen
“Purtroppo – ha spiegato – i dati di produzione e di mercato di Stellantis non stanno andando bene né tantomeno nella direzione sperata dal tavolo” automotive che secondo il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, avrebbe dovuto portare la produzione a 1 milione di veicoli l’anno. E allo stesso tempo se Volkswagen “decidesse di ridurre la propria forza lavoro di 15mila dipendenti”, come ipotizzato dal piano industriale del gruppo tedesco, “saranno almeno 45mila i dipendenti che perderanno il lavoro nelle aziende fornitrici, anche quelle italiane”. Numeri che, sommati alla transizione verso l’elettrico con un cambio nelle componenti necessarie, rischia di inaridire la filiera italiana. “La produzione europea che fu di 18 milioni di veicoli nel 2019 non verrà mai recuperata e la sovracapacità produttiva, ormai strutturale, è un tema dirimente per i costruttori europei, che, per cercare di mantenere competitività nei confronti dell’arrembante avanzata cinese, stanno facendo susseguire annunci di possibili chiusure di stabilimenti europei”, ha spiegato Vavassori.
Lo studio sui posti a rischio
Secondo uno studio di Anfia con Alix Partners, tra crisi aziendali e riduzione strutturale, l’evoluzione dei volumi negli ultimi mesi “anticipa già nel 2025 i possibili impatti occupazionali di quanto si stimava solo un anno fa come effetto al 2030 della sola transizione elettrica”. Tradotto in numeri: a rischio ci sono 38mila posti di lavoro di cui 26mila da riduzione strutturale e 12mila da crisi aziendali. Dati che, sottolinea Alix Partners, sono parziali perché il totale dei posti a rischio “potrebbe essere maggiore” essendo esclusi dallo studio i produttori di apparecchiature originali e l’impatto su altre filiere adiacenti come logistica, sicurezza e macchine utensili.
“Ammortizzatori sociali o licenziamenti”
Per questo Vavassori ha sostenuto la necessità di “misure che diano un sostegno concreto e immediato alle nostre imprese” chiedendo di “prevedere urgentemente degli ammortizzatori straordinari per i prossimi 3 anni perché sono molte le aziende che rischiano di non aver alternative ai licenziamenti”. Il numero uno di Anfia è tornato anche sul taglio delle risorse del fondo automotive, pari a 4,6 miliardi di euro, il più pesante deciso dal governo nella legge di Bilancio: “Per il 2025 abbiamo proposto al Mimit di utilizzarli per l’adozione di tre misure: credito d’imposta diretto per attività di ricerca e sviluppo sulle traiettorie tecnologiche della nuova mobilità, riduzione dei costi delle bollette energetiche degli stabilimenti produttivi della filiera e proroga dell’Ecobonus per i veicoli commerciali”.