Il lavoro domenicale comporta il diritto a un compenso maggiorato, anche nei casi in cui il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro non preveda specifiche compensazioni per la maggiore gravosità della prestazione. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 31712/2025, confermando – come riporta Il Sole 24 Ore – un orientamento interpretativo che assegna ai giudici il compito di integrare o rafforzare i trattamenti economici definiti dalle parti sociali quando questi risultano inferiori a un livello minimo dignitoso.

La sentenza prende origine da una vicenda avvenuta a Busto Arsizio, dove un gruppo di lavoratori turnisti, impiegati nelle pulizie presso l’aeroporto di Malpensa, aveva richiesto una maggiorazione salariale per il lavoro svolto di domenica. In primo grado, l’azienda era stata condannata al pagamento di una maggiorazione del 30%, decisione poi confermata dalla Corte d’Appello di Milano. I giudici di merito avevano stabilito che la mancata previsione di una maggiorazione nel Ccnl applicato non tutelava adeguatamente i sacrifici, soprattutto sul piano umano e familiare, richiesti dal lavoro domenicale.

La Corte di Cassazione ha confermato questa interpretazione, affermando che non è legittimo un contratto che si limiti a spostare il giorno di riposo settimanale senza prevedere alcun beneficio economico o altra forma di compensazione. Anche in caso di differimento del riposo a un giorno diverso dalla domenica, deve essere garantito un trattamento aggiuntivo. In assenza di accordi contrattuali, tale trattamento può essere definito dal tribunale, come avvenuto in questo caso, con il riconoscimento di una maggiorazione del 30%.

Tuttavia, la Cassazione ha precisato che il principio non può essere applicato in modo automatico a ogni situazione. Il trattamento per il lavoro domenicale può infatti prevedere benefici non strettamente economici, come riposi compensativi aggiuntivi. Non viene fissata una regola rigida, ma il principio che il lavoro domenicale debba essere compensato con un trattamento di maggior favore. La Corte ribadisce, infine, che l’evoluzione giurisprudenziale può determinare variazioni nei criteri interpretativi legati al Ccnl, che dipendono anche dal contesto specifico e dalle sentenze emesse nel tempo.

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