“Olivier Faure è stato chiaro: non propone in nessun caso un governo di coalizione con la destra. Sta cercando di dimostrare che la sinistra non è responsabile dello stallo”. Tra Faure, segretario del Partito socialista, e Mélenchon, leader degli “indomiti”, negli ultimi giorni sono aumentati gli attacchi reciproci. I socialisti, come verdi e comunisti, sono stati ricevuti da Macron all’Eliseo nelle consultazioni per il nuovo governo dopo la caduta del centrista Barnier: il capo dello Stato domani annuncerà il nome del nuovo premier. Gli “indomiti”, come i lepenisti, non hanno messo piede nel palazzo presidenziale. Lucie Castets, già candidata prima ministra del Nuovo fronte popolare, la coalizione della sinistra ora spaccata, approva la mossa di Faure ma chiarisce: “Io non sono iscritta a nessun partito, neanche al Partito socialista. Rilevo che Macron sta impiegando molte energie per rimuovere la sinistra dal potere, quindi non dobbiamo dargli l’opportunità di dire che stiamo facendo ostruzionismo. Allo stesso tempo, non dobbiamo certo deludere i nostri elettori, e per farlo dobbiamo adottare una linea politica chiara: non è possibile condividere un progetto politico con persone che stanno distruggendo i servizi pubblici”.
Non aver nominato lei prima ministra, dopo la vittoria del Nuovo fronte popolare, rimarrà una ferita alla democrazia francese?
Non ne faccio una questione personale. Dico solo che la logica istituzionale avrebbe imposto al presidente della Repubblica di nominarmi premier la scorsa estate. Egli ha ripetutamente invocato il rischio di instabilità e di censura, e va detto che Michel Barnier, una scelta di destra priva di legittimità, ha confermato i timori del presidente in meno di 4 mesi.
Siete davvero pericolosi come la destra di Le Pen, a cui deve esser impedito l’accesso al governo ad ogni costo?
Rifiuto qualsiasi paragone tra l’estrema sinistra e l’estrema destra. Più in generale, non credo che la sinistra dovrebbe lavorare con il Rassemblement national, perché rifiutiamo le basi stesse del suo programma politico. Noi sosteniamo l’uguaglianza, loro la divisione, noi lottiamo per proteggere i nostri servizi pubblici, loro gridano ovunque che ci sono troppi dipendenti pubblici.
Macron ha dichiarato che resterà fino a fine mandato, 2027. È l’ennesimo errore?
L’errore sarebbe continuare ad agire come se le sue scelte fossero le migliori per la Francia. Non è più lui a dare le carte, deve accettarlo e lasciare che la vita parlamentare e politica viva e vada avanti.
Le prossime elezioni presidenziali saranno vinte da Marine Le Pen o la sinistra avrà una possibilità?
Non sono chiaroveggente, tutto quello che so e che posso dire è che dobbiamo iniziare a lavorare ora su una candidatura comune di sinistra per le prossime elezioni. È quello che sto facendo con “Gagnons ensemble” (Vinciamo insieme), un appello che potete trovare sul nostro sito gagnons-ensemble.fr e che impegna chi lo desidera a costruire un’offerta comune lontana dalle beghe politiche che stanno stremando i francesi.
Il candidato della sinistra potrà essere lei? O Mélenchon?
Non voglio partecipare alla gara dei commenti su chi sarà il miglior candidato. Io vengo dalla società civile e da lì ci batteremo per una casa comune, non per una persona al servizio dei propri interessi personali. Conta soprattutto il progetto di fondo e la nostra capacità di raccogliere il maggior numero possibile di voti per cambiare la vita delle persone.
Qual è il suo più grande timore per la Francia oggi?
La distruzione dei servizi pubblici. La scorsa settimana sono stata a Tours e ho incontrato badanti esauste che stanno perdendo ogni entusiasmo per il loro lavoro e il loro impegno, e questo mi spaventa. Come hanno potuto Emmanuel Macron e le sue politiche fare così tanto male a queste persone che danno tutto per il bene comune?