“Continua ad essere una ferita aperta, a tre anni dall’esplosione siamo ancora incastrati tra le maglie della burocrazia, in attesa che arrivi il decreto di finanziamento del progetto per realizzare gli alloggi delle famiglie che hanno perso la casa”. Il primo cittadino Salvatore Pitrola attende ancora che riparta la ricostruzione di Ravanusa, il comune in […]
“Continua ad essere una ferita aperta, a tre anni dall’esplosione siamo ancora incastrati tra le maglie della burocrazia, in attesa che arrivi il decreto di finanziamento del progetto per realizzare gli alloggi delle famiglie che hanno perso la casa”. Il primo cittadino Salvatore Pitrola attende ancora che riparta la ricostruzione di Ravanusa, il comune in provincia di Agrigento sconvolto nella notte dell’11 dicembre 2021 dall’esplosione di una vasta area di diecimila metri quadri, provocata da una fuga di gas metano di un tubo saldato male. Nella strage hanno perso la vita 9 persone, tra cui Selene Pagliarello incinta al nono mese del piccolo Samuele, mentre un centinaio di persone sono state sfollate.
La Regione ha annunciato nei giorni successivi alla tragedia che sarebbero stati stanziati dei fondi per la ricostruzione, ma a distanza di tre anni è ancora tutto fermo. “Sto inseguendo il decreto di finanziamento, c’è una delibera di giunta regionale che ha apprezzato il progetto del comune di Ravanusa per la riqualificazione, per un importo di 24 milioni di euro – spiega a ilfattoquotidiano.it il sindaco Pitrola -. Però c’è stato il cambio di programmazione, terminato il 2014/2020, è iniziato il 2021-2027, e queste risorse sono andate a finire nel Fondo Sviluppo e Coesione, da 6 miliardi e 300 milioni di euro, firmato questa estate dal governatore Renato Schifani e la presidente del consiglio Giorgia Meloni”.
Bisognerà attendere ancora, mentre le famiglie sfollate vivono ormai da tre anni in attesa di poter riavere una casa. “Le famiglie manifestano una particolare stanchezza per la situazione, è chiaro che le vittime non possono tornare indietro, la tragedia resta, ma il diritto alla casa delle 36 famiglie che l’hanno persa non è stato ancora ripristinato – aggiunge il sindaco Pitrola -. Molte di queste famiglie oggi vivono in affitto, grazie ad un contributo del comune e un finanziamento della protezione civile”. Nel progetto di riqualificazione, l’area sventrata dall’esplosione diventerà un luogo della memoria e condivisione per tutta la cittadinanza ravanusana. “La zona deflagrata dallo scoppio deve diventare un’area pulsante per la comunità, come Ground Zero a New York, in quella zona nascerà un parco urbano come punto di aggregazione, con fontane artistiche e opere evocative, verde pubblico attrezzato, parco giochi inclusivo e un’area per i bambini. L’area deflagrata e la città devono tornare a vivere”.
Ma la memoria e il ricordo della strage non bastano, per non lasciare sola la comunità di Ravanusa. “Le istituzioni nei momenti successivi alla strage ci sono state vicine, questa tragedia ha avuto un’eco nazionale tanto che la lettera del professore Pietro Carmina, morto nell’esplosione, è stata letta dal presidente Sergio Mattarella però oggi abbiamo bisogno di risposte certe, le attenzioni che abbiamo avuto non sono sufficienti. Ho il timore che a distanza di tre anni i fari si siano un po’ spenti su Ravanusa, ma la mia comunità ha bisogno che venga mantenuto alto il livello di attenzione. Non si può e non si deve dimenticare quello che è successo”, conclude il sindaco Pitrola.
La comunità di Ravanusa si ritroverà l’11 dicembre per la “giornata della memoria e del ricordo”, dopo la celebrazione della messa nella chiesa madre per le vittime della strage ci sarà la “preghiera per il ricominciamento”.
In parallelo, si celebra al tribunale di Agrigento il processo ai responsabili della strage. Lo scorso maggio il gup Giuseppe Zampino ha rinviato a giudizio Guido Catalano (77 anni), ingegnere e direttore tecnico della Siciliana Gas al momento della posa della condotta del metano nel luogo in cui è avvenuta l’esplosione, e firmatario nel 1999 del collaudo tecnico-amministrativo; e Carmelo Burgarello (88 anni), responsabile tecnico della A.Mi.Ca. Srl, l’impresa incaricata dalla committente Siciliana gas di eseguire i lavori di messa in posa della tubazione “incriminata”. Nel corso dell’udienza preliminare, la procura di Agrigento ha chiesto l’archiviazione per i dieci responsabili regionali e nazionali di Italgas, ma il gup ha disposto un supplemento d’indagine che scadrà il 12 dicembre 2024.