Ambiente & Veleni

Vivisezione, emendamento della Lega per riaprire gli allevamenti per cani e gatti. Dopo la denuncia Lav, Salvini fa ritirare la proposta

Gli allevamenti-lager sono vietati in Italia, eppure la Lega (dopo FdI) ha provato a farli riaprire. Salvini ha annunciato (per ora) la marcia indietro

A fine ottobre ci aveva provato Fratelli d’Italia. La Lav aveva denunciato il ritorno a una nuova Green Hill e il partito di Giorgia Meloni aveva fatto dietrofront. A distanza di un mese e mezzo, il copione è identico. Solo che a provarci, questa volta, è la Lega: un emendamento al disegno di legge di Delegazione europea per chiedere di riaprire gli allevamenti cani, gatti e primati non umani destinati alla vivisezione. L’associazione animalista, di nuovo, ha denunciato quanto stava accadendo e Matteo Salvini, a meno di 24 ore, ha annunciato il ritiro della norma.

In Senato i parlamentari del Carroccio Elena Murelli, Gian Marco Centinaio e Claudio Borghi hanno presentato un emendamento identico a quello avanzato dal deputato di FdI, Luciano Ciocchetti, sfruttando la direttiva europea per la cura e la sistemazione degli animali e i metodi di soppressione. Un’iniziativa per cancellare il divieto, che vige in Italia dal 2014, per dare vita agli allevamenti lager di cuccioli da impiegare nella sperimentazione. Di fatto, una nuova Green Hill. Ma perché i partiti di destra puntano alla riapertura degli allevamenti?

Da un lato – almeno nel caso di Ciocchetti – c’era Research4Life. La piattaforma, che ha l’obiettivo di promuovere la sperimentazione animale, che definisce “obbligatoria” e “non sostituibile”, aveva chiesto al parlamentare di FdI di promuovere le proprie istanze. E non è da escludere che abbia fatto altrettanto coi senatori leghisti. Ma c’è dell’altro. Secondo Valeria Albanese dell’area ricerca senza animali Lav, “è probabile che i parlamentari non sappiano nemmeno cosa contengono certi emendamenti. Vengono loro presentati con la scusa della ricerca scientifica, e cioè, visto che in Italia c’è il divieto sugli allevamenti, viene detto loro che i ricercatori italiani devono scappare dall’Italia. Ovviamente è un falso. I ricercatori italiani possono fare ciò che vogliono, l’unico onere che hanno è quello di acquistare gli animali dall’estero”.

I dati, infatti, dimostrano come l’uso di animali per la sperimentazione, in Italia, non stiano calando. Nel quadriennio 2019-2022 gli animali utilizzati e uccisi per fini scientifici sono stati 548.933 (2019), 451.991 (2020, anno del Covid), 512.296 (2021) e 420.506 (2022). In mezzo a questi numeri c’è anche il ricorso ai cani, specie particolarmente protetta e a cui si dovrebbe ricorrere solo in condizioni eccezionali, con 2.323 uccisioni.

“Se passasse un emendamento di questo tipo – continua Albanese – si verrebbero a creare inevitabilmente altri casi Green Hill. La vicenda giudiziaria di Aptuit Verona, col processo in corso per maltrattamenti e uccisione non necessitata, lo dimostra”. Soltanto nel 2021 e nel 2022 sono stati istituiti – e finanziati – i fondi per i metodi sostitutivi alla sperimentazione animale. “Ma dopo quell’anno – spiega Albanese – non sono stati rinnovati. E alle nostre richieste è sempre seguito il silenzio. In particolare, in quei due anni sono stati garantiti quattro milioni di euro per le Università e i centri di ricerca pubblica. Abbiamo raccolto i significativi risultati in un dossier, che abbiamo inviato al ministero della Salute, ma non abbiamo ricevuto risposte. I fondi sono pari a zero, dunque, e l’impegno attuale della politica italiana va in direzione opposta a quello degli altri Stati europei, in cui i finanziamenti ai metodi sostitutivi sono in continuo aumento. Penso all’Olanda, che ha da poco stanziato un fondo da 125 milioni di euro per la costruzione di un centro di ricerca destinato esclusivamente ai metodi animal-free. L’Italia rischia di rimanere indietro”.

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