Confronto con Ibrahimovic: il tecnico sa di poter andare avanti per la sua strada, con le sue idee. Ma è chiamato a trovare una soluzione ai problemi che comunque affliggono i rossoneri
Era abbastanza teso il clima in casa Milan dopo le parole di Paulo Fonseca. Che poi “parole” è un termine troppo neutro, visto che quello del postpartita contro lo Stella Rossa è stato un vero e proprio sfogo, che fa il paio con quello di sette giorni fa dopo la gara contro l’Atalanta. L’allenatore è […]
Era abbastanza teso il clima in casa Milan dopo le parole di Paulo Fonseca. Che poi “parole” è un termine troppo neutro, visto che quello del postpartita contro lo Stella Rossa è stato un vero e proprio sfogo, che fa il paio con quello di sette giorni fa dopo la gara contro l’Atalanta. L’allenatore è nervoso? Ha perso il controllo della squadra? Cosa significa tutto questo? Intanto, bisogna fare una premessa, ed è necessario compiere un salto indietro di diversi mesi. Precisamente a giugno, quando venne fatta la scelta di puntare sul portoghese al posto di Stefano Pioli. Il Milan cercava – e la parola non ha alcuna accezione negativa – un aziendalista, una persona che sapesse gestire con aplombe le situazioni più complicate, o che sapesse fare richieste sul mercato legate più alla tipologia del giocatore che al nome del giocatore stesso. Insomma, uno non troppo sopra le righe, da tenere affiancato a una dirigenza presente.
Il vero punto è questo: il ribaltone di questa estate, con un Ibrahimovic plenipotenziario, ha portato a una società meno attiva nel quotidiano. A Milanello, di fatto, si vede quasi solo l’allenatore, che si è trovato a gestire le questioni più disparate. Lui ha messo la faccia quando Leao è stato escluso per più partite consecutive. Lui ha messo la faccia quando, dopo l’Atalanta, ha sbraitato contro l’arbitro La Penna, alludendo a una sorta di persecuzione a danno dei rossoneri. Lui, dopo la partita di mercoledì, ha messo la faccia per dire che alcuni giocatori non stanno rendendo come dovrebbero, e che non guarda in faccia a nessuno. Ecco, questo ultimo sfogo, arrivato a seguito di una vittoria (abbastanza rocambolesca) ha lasciato abbastanza spiazzata la squadra. Ma non ha avuto nessun seguito: non hanno preso (di nuovo) posizione i dirigenti, non c’è stato un lungo confronto interno con i giocatori. Il portoghese, alla ripresa dei lavori di ieri, ha parlato con alcuni membri dello spogliatoio (tra cui Theo Hernandez, finora ampiamente insufficiente) ma poi è tornato a pensare subito al campo, a quella partita contro il Genoa che per il Milan può significare moltissimo in termini di classifica.
Al momento, i lombardi sono settimi, a cinque punti di distanza dalla Juventus, altra mezza delusione di questa prima parte di campionato. E con le sue parole, Fonseca ha cercato di scuotere l’ambiente senza l’intenzione, ed è importante sottolinearlo, di voler distogliere l’attenzione da quelli che sono i problemi di gioco o rendimento del collettivo. Di fatto, ha detto quello che pensava indossando non solo le vesti di allenatore, ma anche quelle da dirigente. Da manager che non si aspettava di dover essere o che, meglio, il Milan non si aspettava di aver assunto. Per la cronaca, Fonseca non è in discussione e la sua panchina non è traballante. E anche ieri sera, in occasione della festa del settore giovanile, il confronto che c’è stato tra l’allenatore e Ibrahimovic è stato sereno. Della serie: “Usa le parole che ritieni per stimolare chi ritieni”. Fonseca sa di poter andare avanti per la sua strada, con le sue idee. Ma è chiamato a trovare una soluzione ai problemi che comunque affliggono i rossoneri: sia in fase di gioco, sia in fase di gol. E qui dovrà intervenire solamente per ciò che è pagato. Cioè l’allenatore.