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Si dimette il direttore dell’Agenzie delle entrate Ruffini: “Clima cambiato, dipinto come una caricatura: non scendo in politica ma parlerò”

Dopo l'annuncio, l'attacco alle forze di maggioranza e ai giornali di destra: "Personalmente ho sempre pensato che a danneggiare i cittadini onesti siano gli evasori"
Si dimette il direttore dell’Agenzie delle entrate Ruffini: “Clima cambiato, dipinto come una caricatura: non scendo in politica ma parlerò”
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Il direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini lascia il suo incarico e sul Corriere della Sera commenta i retroscena giornalistici su un suo ingresso in politica per guidare una formazione di centro, a puntello della sinistra. Insomma, un nuovo terzo polo, per non lasciar vuoti lo spazio un tempo occupato da Renzi e Calenda. Sulle pagine del quotidiano di via Solferino, Ruffini ha dichiarato: “Non scendo in campo, ma rivendico il diritto di parlare”. Poi chiama in causa i suoi critici, cioè i giornali della destra, senza nominarli: “Il clima è cambiato, ho letto che parlare di bene comune sarebbe una scelta di campo. E che dunque dovrei tacere oppure lasciare l’incarico. È stata fatta persino una descrizione caricaturale del ruolo di Direttore dell’Agenzia, come se combattere l’evasione fosse una scelta di parte e addirittura qualcosa di cui vergognarsi”.

Le dimissioni dall’Agenzia delle entrate – Sulla scelta di lasciare l’incarico al vertice dell’Agenzia, Ruffini appare deciso: “Mercoledì ho visto il ministro Giorgetti per avvertirlo dell’intenzione di rimettere il mandato e consentire così il regolare passaggio di consegne con chi sarà chiamato a succedermi”. Il motivo delle dimissioni? “Perché – spiega Ruffini – è l’unico modo per rimanere me stesso. Sono un avvocato che da tanti anni scrive e partecipa a incontri pubblici su ciò che ci unisce, come la Costituzione e l’uguaglianza. La mia unica bussola in questi anni è stata il rispetto per le leggi e per il mandato che mi è stato affidato, perché il senso più profondo dello Stato è questo: essere al di sopra delle parti, servire il bene comune. Quello che è accaduto in questi giorni intorno al mio nome descrive un contesto cambiato rispetto a quando ho assunto questo incarico e anche rispetto a quando ho accettato di rimanere. Ne traggo le conseguenze”.

Il “pizzo di Stato e il futuro (forse) in politica – Sull’eventuale discesa in campo – aggiunge – “avevo già smentito dopo i primi articoli di stampa. Lo ripeto. Non condivido il chiacchiericcio che scambia la politica per un gioco di società, le idee per etichette ed il senso civico per una scalata di potere. Non scendo e non salgo da nessuna parte”. Il presidente dimissionario si dilunga sulle critiche ricevute dalle forze della maggioranza: “Non mi era mai capitato di vedere pubblici funzionari additati come estorsori di un pizzo di Stato. Oppure di sentir dire che l’Agenzia delle Entrate tiene in ostaggio le famiglie, come fosse un sequestratore. Ho taciuto sinora, per senso dello Stato. Attenzione però: se il fisco in sé è demonizzato, si colpisce il cuore dello Stato; tanto più che il livello della tassazione lo decide il legislatore, non l’Agenzia. Personalmente ho sempre pensato che a danneggiare i cittadini onesti siano gli evasori“. E sull’ipotesi di un ruolo da federatore dei moderati, in alleanza con l’opposizione delle sinistre: “Fatico a pensare che per cambiare le cose bastino i singoli. Per natura tendo più a credere nella forza delle persone che collaborano per un progetto comune. Affidarsi a sedicenti salvatori della Patria non è un buon affare”.

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