Oggi, 13 dicembre, si festeggia Santa Lucia, protettrice della vista. E in Sicilia, come in molte altre regioni d’Italia, questa giornata è indissolubilmente legata a un’icona della gastronomia: l’arancino. Questo scrigno di riso croccante, con il suo cuore filante di ragù e formaggio, è un vero e proprio “concept food”, un piatto che ha saputo adattarsi ai gusti e alle tendenze di ogni epoca. La storia dell’arancino affonda le sue radici nella dominazione araba della Sicilia. Già nel Medioevo, queste sfere di riso fritte erano un cibo popolare e facilmente trasportabile, perfette per i viaggi e le gite fuori porta. Il nome stesso, “arancino”, deriva dalla sua forma tonda, che ricorda quella di un’arancia, o, nel caso della versione conica, dalla somiglianza con il vulcano Etna.
Santa Lucia e il giorno più corto
Secondo un detto popolare, il 13 dicembre è “il giorno più corto che ci sia”. Questo adagio risale a un tempo in cui il calendario giuliano, usato fino al 1582, collocava il solstizio d’inverno proprio attorno a questa data. Con l’introduzione del calendario gregoriano, il solstizio si è spostato al 21 dicembre, ma il detto è rimasto. In Sicilia, dove la devozione per Santa Lucia è fortissima, questa giornata non è solo un momento di riflessione religiosa, ma anche un’occasione per celebrare una delle sue tradizioni culinarie più amate: l’arancino. Ecco perché il 13 dicembre è noto come “Arancino Day”, e pasticcerie, friggitorie e bar si preparano per soddisfare le richieste dei clienti. A Catania, locali storici come Savia e Spinella su via Etnea sono tra i più frequentati per gustare gli arancini; a Palermo, invece, punti di riferimento sono il Bar Marocco e il Bar Touring, dove il famoso “arancina bomba” è una delizia imperdibile.
Arancino o arancina? Un dibattito senza fine
In Sicilia, il dibattito sulla denominazione corretta è ancora acceso. A Catania e nella Sicilia orientale, si dice “arancino“, mentre a Palermo e nella Sicilia occidentale si preferisce “arancina“. La diatriba è così sentita che persino l’Accademia della Crusca è dovuta intervenire, dichiarando corrette entrambe le denominazioni.
Un’esplosione di gusti e varianti
Se la ricetta classica prevede riso allo zafferano, ragù, piselli e caciocavallo, negli ultimi anni l’arancino è diventato un “concept food”, con varianti moderne che ne esaltano la versatilità. Dalle friggitorie storiche ai ristoranti gourmet, le varianti sono infinite: al classico ripieno di ragù e piselli o prosciutto e formaggio, si affiancano gusti più creativi, dalla norma a mortadella e pistacchio, funghi e provola, o addirittura ingredienti gourmet come tartufo e gamberi.
La ricetta classica
Ingredienti per 12 arancini:
Per il riso: 500 g di riso Vialone nano, 1 l d’acqua, 100 g di caciocavallo grattugiato, 50 g di burro, 1 bustina di zafferano, sale q.b.
Per il ripieno: 200 g di macinato misto, 200 g di passata di pomodoro, 100 g di piselli, 100 g di caciocavallo a cubetti, mezza cipolla, vino rosso q.b., olio extravergine d’oliva, sale q.b.
Per la panatura: 4 uova, 400 g di pangrattato, 200 g di farina.
Per friggere: 1,5 l di olio per frittura.
Preparazione: Cuocere il riso con acqua, sale e zafferano, condirlo con burro e caciocavallo e lasciarlo raffreddare. Preparare un ragù asciutto con carne, piselli e passata di pomodoro. Una volta freddo, formare delle palline di riso, farcirle con ragù e caciocavallo, e panarle passandole in farina, uovo e pangrattato. Friggere in olio caldo e servire ben calde.