La legge Salva Milano è l’epicentro del mini-sisma che scuote l’alleanza di centrosinistra, ma il sindaco Beppe Sala sfida il partito che ha la maggioranza relativa a Palazzo Marino, alzando la voce: “Voglio vedere la posizione che terrà al Senato”. Non si capisce se è una prova di forza o di nervosismo. Di sicuro c’è che alla Camera il provvedimento-ha portato a una rottura plateale della coalizione col voto favorevole di Pd e partiti centristi e quello contrario di M5s e Alleanza Sinistra-Verdi. Sui democratici è salita la pressione degli alleati perché venga ritirato il sostegno a una misura che i Verdi definiscono un “condono generalizzato”, mentre i 5 Stelle ne fanno la prova di quella che definiscono “incoerenza” rispetto agli appelli all’unità di Elly Schlein: “Come fate a dirvi progressisti se votate una legge del genere?” chiede Chiara Appendino. A fare da cornice c’è un appello caricato da oltre 140 firme di intellettuali tra urbanisti, storici dell’arte, costituzionalisti, sociologi per fermare una legge che “rischia di rovinare l’Italia” perché produrrebbe in tutta Italia (e non solo a Milano, alla quale la normativa sarebbe destinata) uno sviluppo con “solo palazzi e zero servizi”.
A parlare – intervista dal Manifesto, ieri – è stata la presidente della Società italiana urbanisti Angela Barbanente, docente di Tecnica e Pianificazione Urbanistica al Politecnico di Bari: “Questo provvedimento esporta in tutta Italia un modello che vede il pubblico cedere rispetto al privato in un momento nel quale le città hanno un estremo bisogno di una strategia pubblica di governo. Non possiamo rinunciare alla pianificazione pubblica. Voglio dirlo in maniera un po’ provocatoria: se il comune di Milano può permettersi di rinunciare a incamerare le plusvalenze generate dalla demolizione e ricostruzione degli edifici, e non credo possa permetterselo davvero, per le altre città è una sciagura. La densificazione urbanistica fa salire la domanda di servizi per la cittadinanza, non si può far finta che non sia così. Molte città, in particolare nel Sud, non se lo possono proprio permettere. Ritengo doveroso da parte degli urbanisti prendere posizione contro questa legge”.
Un dibattito, insomma, secondo alcune fonti, ha provocato più di un dubbio in una parte di senatori del centrodestra, ma anche del centrosinistra. Da qui l’avvertimento di Sala al Pd, pronunciato durante un’iniziativa di Azione: “Il Salva Milano la Camera l’ha approvato e voglio vedere cosa succede in Senato, voglio vedere il Pd che posizione tiene – spiega -, perché, dopo che è passato alla Camera, è inaccettabile che qualcosa cambi. Se questo non succederà vedremo le conseguenze, è un fatto di rigore e di onestà“. A dire la verità – a proposito di “rigore e onestà” – la legge Salva Milano sarebbe un colpo di spugna sulle varie inchieste della Procura di Milano su diversi progetti urbanistici approvati dal Comune di Milano in questi anni. Ci sono dirigenti e funzionari del Comune indagati, da qui Sala pretende che il Pd confermi il voto favorevole in modo che la legge sia approvata definitivamente e non servano altre letture parlamentari. “Nessuno ha mai detto che abbiamo fatto tutto bene ma abbiamo fatto tutto nella trasparenza – spiega il sindaco -, e la cosa che mi fa incazzare, e sottolineo incazzare, è che chi oggi fa dei distinguo era in giunta, era in consiglio e io non ho visto nessuno in questi anni alzare la mano e dire, ‘c’è qualcosa che non va’, sono diventati tutti fenomeni adesso che si fanno sentire? Questa non è lealtà”. La priorità per il Comune insomma è avere la norma che potrà aiutare a sanare alcune situazioni poi inizierà il percorso, che però non sarà breve, per modificare il Piano di governo del territorio e trovare una soluzione “adeguata ai tempi“. Ora però la norma va approvata secondo Sala che osserva, “non è che si sta insieme quando le cose vanno bene e quando non vanno bene si fanno i distinguo”. A chi si riferisce Sala? Il Fatto Quotidiano nei giorni scorsi, in un articolo di Luca De Carolis parlava per esempio della senatrice Cristina Tajani, ex assessora prima con Giuliano Pisapia e poi proprio con Sala: Tajani – che sostenne Schlein al congresso – è subentrata a Carlo Cottarelli nel 2023 e viene definita “non entusiasta” del ddl. Di sicuro ha espresso la contrarietà un deputato di lungo corso come Roberto Morassut, ex assessore all’Urbanistica di Roma: “Io non ho votato la cosiddetta ‘Salva Milano’ – dice durante l’assemblea del partito – Oltre certi limiti la semplificazione diventa degenerazione urbana”. Nei giorni scorsi Matteo Orfini – ex presidente del Pd – aveva detto che in pratica aveva votato sì al provvedimento solo per disciplina di partito.
A Sala replica Angelo Bonelli, leader dei Verdi: “Posso dire al sindaco di Milano che io sono più arrabbiato di lui, anche se lui ha usato un’espressione più pesante. Consentire che in un’area dove c’è un rudere, una rimessa, si possa realizzare un grattacielo di oltre 25 metri quadruplicando o quintuplicando le cubature è inaccettabile e lo è ancor di più se questo, oltre a sanare irregolarità commesse a Milano, apre alla speculazione anche in altre città perché con una semplice Scia i costruttori potranno fare quello che vogliono nelle nostre città. Io mi chiedo come possa il Pd approvare quella norma che sconquassa i piani regolatori delle città italiane e per tanto gli rinnovo l’appello a fermare a Senato la legge Salva Milano”.
Sala si ritrova insomma come principale alleato il ministro Matteo Salvini: “Mi sono messo a disposizione dei sindaci, anche del sindaco Sala, per scrivere una norma che vada a sanare il passato e garantisca queste famiglie. Se poi il Pd cambia idea ogni settimana me lo dica”.
Politica
Beppe Sala sfida il Pd sulla legge Salva Milano: “Vediamo cosa fanno al Senato. Inaccettabile che qualcosa cambi, mi fa incazzare”
Il nervosismo del sindaco davanti alla prospettiva che il Parlamento possa modificare il provvedimento che darebbe un colpo di spugna sulle inchieste giudiziarie sui progetti urbanistici e relativi abusi edilizi. Bonelli (Verdi) insiste: "Una norma che sconquassa i piani regolatori". Così il primo cittadino trova come alleato il ministro Salvini
La legge Salva Milano è l’epicentro del mini-sisma che scuote l’alleanza di centrosinistra, ma il sindaco Beppe Sala sfida il partito che ha la maggioranza relativa a Palazzo Marino, alzando la voce: “Voglio vedere la posizione che terrà al Senato”. Non si capisce se è una prova di forza o di nervosismo. Di sicuro c’è che alla Camera il provvedimento-ha portato a una rottura plateale della coalizione col voto favorevole di Pd e partiti centristi e quello contrario di M5s e Alleanza Sinistra-Verdi. Sui democratici è salita la pressione degli alleati perché venga ritirato il sostegno a una misura che i Verdi definiscono un “condono generalizzato”, mentre i 5 Stelle ne fanno la prova di quella che definiscono “incoerenza” rispetto agli appelli all’unità di Elly Schlein: “Come fate a dirvi progressisti se votate una legge del genere?” chiede Chiara Appendino. A fare da cornice c’è un appello caricato da oltre 140 firme di intellettuali tra urbanisti, storici dell’arte, costituzionalisti, sociologi per fermare una legge che “rischia di rovinare l’Italia” perché produrrebbe in tutta Italia (e non solo a Milano, alla quale la normativa sarebbe destinata) uno sviluppo con “solo palazzi e zero servizi”.
A parlare – intervista dal Manifesto, ieri – è stata la presidente della Società italiana urbanisti Angela Barbanente, docente di Tecnica e Pianificazione Urbanistica al Politecnico di Bari: “Questo provvedimento esporta in tutta Italia un modello che vede il pubblico cedere rispetto al privato in un momento nel quale le città hanno un estremo bisogno di una strategia pubblica di governo. Non possiamo rinunciare alla pianificazione pubblica. Voglio dirlo in maniera un po’ provocatoria: se il comune di Milano può permettersi di rinunciare a incamerare le plusvalenze generate dalla demolizione e ricostruzione degli edifici, e non credo possa permetterselo davvero, per le altre città è una sciagura. La densificazione urbanistica fa salire la domanda di servizi per la cittadinanza, non si può far finta che non sia così. Molte città, in particolare nel Sud, non se lo possono proprio permettere. Ritengo doveroso da parte degli urbanisti prendere posizione contro questa legge”.
Un dibattito, insomma, secondo alcune fonti, ha provocato più di un dubbio in una parte di senatori del centrodestra, ma anche del centrosinistra. Da qui l’avvertimento di Sala al Pd, pronunciato durante un’iniziativa di Azione: “Il Salva Milano la Camera l’ha approvato e voglio vedere cosa succede in Senato, voglio vedere il Pd che posizione tiene – spiega -, perché, dopo che è passato alla Camera, è inaccettabile che qualcosa cambi. Se questo non succederà vedremo le conseguenze, è un fatto di rigore e di onestà“. A dire la verità – a proposito di “rigore e onestà” – la legge Salva Milano sarebbe un colpo di spugna sulle varie inchieste della Procura di Milano su diversi progetti urbanistici approvati dal Comune di Milano in questi anni. Ci sono dirigenti e funzionari del Comune indagati, da qui Sala pretende che il Pd confermi il voto favorevole in modo che la legge sia approvata definitivamente e non servano altre letture parlamentari. “Nessuno ha mai detto che abbiamo fatto tutto bene ma abbiamo fatto tutto nella trasparenza – spiega il sindaco -, e la cosa che mi fa incazzare, e sottolineo incazzare, è che chi oggi fa dei distinguo era in giunta, era in consiglio e io non ho visto nessuno in questi anni alzare la mano e dire, ‘c’è qualcosa che non va’, sono diventati tutti fenomeni adesso che si fanno sentire? Questa non è lealtà”. La priorità per il Comune insomma è avere la norma che potrà aiutare a sanare alcune situazioni poi inizierà il percorso, che però non sarà breve, per modificare il Piano di governo del territorio e trovare una soluzione “adeguata ai tempi“. Ora però la norma va approvata secondo Sala che osserva, “non è che si sta insieme quando le cose vanno bene e quando non vanno bene si fanno i distinguo”. A chi si riferisce Sala? Il Fatto Quotidiano nei giorni scorsi, in un articolo di Luca De Carolis parlava per esempio della senatrice Cristina Tajani, ex assessora prima con Giuliano Pisapia e poi proprio con Sala: Tajani – che sostenne Schlein al congresso – è subentrata a Carlo Cottarelli nel 2023 e viene definita “non entusiasta” del ddl. Di sicuro ha espresso la contrarietà un deputato di lungo corso come Roberto Morassut, ex assessore all’Urbanistica di Roma: “Io non ho votato la cosiddetta ‘Salva Milano’ – dice durante l’assemblea del partito – Oltre certi limiti la semplificazione diventa degenerazione urbana”. Nei giorni scorsi Matteo Orfini – ex presidente del Pd – aveva detto che in pratica aveva votato sì al provvedimento solo per disciplina di partito.
A Sala replica Angelo Bonelli, leader dei Verdi: “Posso dire al sindaco di Milano che io sono più arrabbiato di lui, anche se lui ha usato un’espressione più pesante. Consentire che in un’area dove c’è un rudere, una rimessa, si possa realizzare un grattacielo di oltre 25 metri quadruplicando o quintuplicando le cubature è inaccettabile e lo è ancor di più se questo, oltre a sanare irregolarità commesse a Milano, apre alla speculazione anche in altre città perché con una semplice Scia i costruttori potranno fare quello che vogliono nelle nostre città. Io mi chiedo come possa il Pd approvare quella norma che sconquassa i piani regolatori delle città italiane e per tanto gli rinnovo l’appello a fermare a Senato la legge Salva Milano”.
Sala si ritrova insomma come principale alleato il ministro Matteo Salvini: “Mi sono messo a disposizione dei sindaci, anche del sindaco Sala, per scrivere una norma che vada a sanare il passato e garantisca queste famiglie. Se poi il Pd cambia idea ogni settimana me lo dica”.
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di Gianni Barbacetto ,Marco Travaglio ,Peter Gomez 12€ AcquistaGentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
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Roma, 17 feb. (Adnkronos) - Ha ribadito le perplessità sul formato del vertice di Parigi, sull'invio di truppe europee in Ucraina e la necessità di percorrere strade che prevedano il coinvolgimento degli Stati Uniti. Queste le linee, a quanto si apprende, dell'intervento della premier Giorgia Meloni oggi al summit a Parigi convocato da Emmanuel Macron alla presenza del britannico Keir Starmer, del premier olandese, Dick Schoof, del cancelliere tedesco Olaf Scholz, del capo del governo polacco Donald Tusk e del primo ministro spagnolo Pedro Sanchez. All'Eliseo anche il segretario generale della Nato, Mark Rutte e i vertici Ue, Antonio Costa e Ursula von der Leyen.
Meloni, a quanto si apprende, ha sottolineato di aver voluto essere presente per non rinunciare a portare il punto di vista dell’Italia, ma di avere espresso le sue perplessità riguardo un formato che, a suo giudizio, esclude molti Paesi, a partire da quelle più esposti al rischio di estensione del conflitto, anziché includere, come sarebbe opportuno fare in una fase storica come questa. Anche perché, avrebbe rimarcato la premier, la guerra in Ucraina l’abbiamo pagata tutti.
Per l'Italia le questioni centrali rimangono le garanzie di sicurezza per l’Ucraina, perché senza queste ogni negoziato rischia di fallire. Quindi Meloni avrebbe rimarcato l'utilità di un confronto tra le varie ipotesi in campo, osservando come quella che prevede il dispiegamento di soldati europei in Ucraina appaia come la più complessa e forse la meno efficace. Una strada su cui l'Italia avrebbe mostrato le sue perplessità al tavolo.
Secondo Meloni, a quanto viene riferito, andrebbero esplorate altre strade che prevedano il coinvolgimento anche degli Stati Uniti, perché è nel contesto euro-atlantico che si fonda la sicurezza europea e americana. La premier avrebbe definito una sferzata sul ruolo dell'Europa quella lanciata dall'amministrazione Usa ma ricordando che prima di questa analoghe considerazioni sono state già state fatte da importanti personalità europee. È una sfida, avrebbe quindi sottolineato, per essere più concreti e concentrarsi sulle cose davvero importanti, come la necessità di difendere la nostra sicurezza a 360 gradi, i nostri confini, i nostri cittadini, il nostro sistema produttivo.
Secondo la presidente del Consiglio sono i cittadini europei a chiederlo: non dobbiamo chiederci cosa gli americani possono fare per noi, ma cosa noi dobbiamo fare per noi stessi.
Meloni avrebbe quindi rimarcato come il formato del summit all'Eliseo non vada considerato come un formato anti-Trump. Tutt’altro. Gli Stati Uniti lavorano a giungere ad una pace in Ucraina e noi dobbiamo fare la nostra parte, la sollecitazione della premier italiana. Meloni infine, sempre a quanto si apprende, avrebbe manifestato condivisione per il senso della parole del Vice Presidente degli Stati Uniti Vance, ricordando di aver espresso concetti simili in precedenza. Ancora prima di garantire la sicurezza in Europa, avrebbe sottolineato Meloni, è necessario sapere che cosa stiamo difendendo.
Parigi, 17 feb. (Adnkronos/Afp) - "La Russia minaccia tutta l'Europa". Lo ha detto la premier danese Mette Frederiksen dopo i colloqui di emergenza a Parigi sul cambiamento di politica degli Stati Uniti sulla guerra in Ucraina.
La guerra in Ucraina riguarda i "sogni imperialisti di Mosca, di costruire una Russia più forte e più grande, e non credo che si fermeranno in Ucraina", ha detto ai giornalisti, mettendo in guardia gli Stati Uniti dai tentativi di concordare un cessate il fuoco "rapido" che darebbe alla Russia la possibilità di "mobilitarsi di nuovo, attaccare l'Ucraina o un altro paese in Europa".
Parigi, 17 feb. (Adnkronos) - "Oggi a Parigi abbiamo ribadito che l'Ucraina merita la pace attraverso la forza. Una pace rispettosa della sua indipendenza, sovranità, integrità territoriale, con forti garanzie di sicurezza. L'Europa si fa carico della sua intera quota di assistenza militare all'Ucraina. Allo stesso tempo abbiamo bisogno di un rafforzamento della difesa in Europa". Lo ha scritto su X la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.