L’attacco al governo e alla sua presidente Giorgia Meloni, il richiamo all’unità del suo partito e della coalizione che vuole sconfiggere il centrodestra. Il discorso di Elly Schlein all’assemblea del Pd diventa giocoforza una ribalta per la segretaria nei giorni della festa di partito con la quale Fratelli d’Italia si autocelebra ma anche nei quali, dall’altra parte, il legame con i 5 Stelle in particolare si è fatto un po’ più sfilacciato, malgrado le vittorie “esemplari” alle ultime tornate elettorali in Emilia Romagna e in Umbria. La leader democratica mette la parola “unità” nella tessera del 2025, fissa il referendum sull’autonomia differenziata come primo appuntamento per “arruolare” l’elettorato del centrosinistra e nella sostanza indica l’anno che viene come possibile inizio della svolta che può portare alla composizione di un’alleanza programmatica che sfidi la destra. Insomma il tempo stringe, dice Schlein: “Non possiamo passare quest’anno a fare ognuno gli affari propri e rinviare alla vigilia delle prossime politiche un lavoro di costruzione di un’alternativa che dobbiamo alla nostra gente”. Non si sa se parla più al suo partito o più agli alleati, ma vale in entrambi i casi: “Unità – continua la segretaria del Pd – è una parola bellissima e impegnativa ma soprattutto un programma, un metodo un approccio alle cose. Unità è l’urlo che si levava dalle piazze. Unità è stata la chiave del nostro lavoro in questo anno, fuori e dentro di noi. Sta a noi trasformarlo in una bussola e non in una parola vuota”. I punti in comune con i sodali più vicini – M5s e Verdi-Sinistra – restano tanti, ma qualcosa si è incrinato. Non lo lascia implicito la vicepresidente del M5s, Chiara Appendino: “Oltre a invocare unità e a dirsi testardamente unitari, bisogna essere testardamente coerenti” replica. L’ex sindaca entra nel merito: “Per Schlein il Pd non sta tradendo le ragioni progressiste sulla nomina di Fitto, sul voto a Von der Leyen, sul Salva Milano e sull’escalation militare? Non scappiamo dai problemi, cara Elly, assumetevi le vostre responsabilità. Per battere questa destra serve un’alternativa credibile, serve essere testardamente pacifisti, ambientalisti e progressisti, sì, ma contano i fatti, non le etichette”. Schlein controreplica ma non affonda, preferisce – dice – il fair play: “Non perdiamo tempo nelle polemiche con gli altri, neanche quando ci chiamano direttamente in causa. La parola unità è difficile da praticare, ma so anche che ogni volta che perdiamo energia ingaggiando la polemica sottraiamo spazio alle grandi questioni, ai problemi delle persone. Non lasciamo spazio alla destra alla distrazione di massa“.
Il confronto a distanza Schlein-Appendino era iniziato già prima dell’intervento in assemblea della segretaria, con un’intervista che la vicepresidente del Movimento aveva dato alla Stampa. Partendo dalla parola “progressisti” ripetuta in modalità non stop in queste ultime settimane dai dirigenti dei 5 Stelle, Appendino spiega che questo “vuol dire che vogliamo essere alternativi a questa destra e che, allo stesso tempo, non dobbiamo essere subalterni a nessuno. Rivendichiamo la nostra diversità dagli altri partiti: il sistema tenta di normalizzarci, ma non accadrà. Il punto è che non basta un’etichetta, contano i fatti”. Per costruire l’alternativa “serve un progetto politico credibile e solido” e dunque “non è il momento di fare tavoli con il Pd, concentriamoci su di noi e sulla nostra visione per l’Italia”.
Sull’opposizione al governo Meloni certamente i due partiti “quasi amici” vanno meno in disaccordo. Schlein in assemblea ha attaccato a più riprese l’esecutivo, Fratelli d’Italia, la manovra che la maggioranza sta scrivendo. L’accusa è essere distanti dal Paese reale, di essere finiti nella bolla di chi si fa i complimenti da solo. “Giorgia Meloni vive in una dimensione parallela, ad Atreju va in scena ‘il favoloso mondo di Ameloni‘ in questi giorni, con tanto di card che dicono che va tutto bene. Poi, però, c’è la realtà. Non siamo nel regno di fantasia, più che il coraggio di Atreju è il dilagare del vostro nulla“. Schlein parla della legge di bilancio del governo Meloni come di una “manovra recessiva e di austerità, di tagli e senza investimenti se non quello dannoso a cui ci opporremo del ponte sullo stretto. Tagli a Sanità, scuola, comuni, province e regioni che si traducono in meno servizi ai cittadini, trasporti e sicurezza”. La segretaria del Pd va in pressing sui centri in Albania (“Meloni non ci ha messo la faccia”), lo scontro istituzionale con la magistratura “mai visto prima” e ancora la questione Stellantis: “Meloni convochi un tavolo a Palazzo Chigi, si batta con noi per un fondo europeo sull’automotive. Accolga i contenuti della mozione unitaria che l’opposizione ha presentato e non lasci campo libero alla concorrenza cinese“.
Passaggio cruciale per cominciare a mettere insieme un elettorato che si identifichi con l’opposizione alla destra può essere il referendum sull’autonomia differenziata, sfida in verità complicatissima. Il centrodestra – pur senza dirlo ancora esplicitamente – punta a farlo fallire usando l’arma del quorum della partecipazione alle urne, per quanto ieri una figura di altissimo rilievo come il presidente del Senato Ignazio La Russa – rispondendo a una domanda di Peter Gomez sul palco della festa di partito di Fdi – si sia smarcato spiegando che a votare lui ci andrà. Ad ogni modo dall’altra parte per il centrosinistra che sostiene il no alla legge la corsa per galvanizzare il proprio elettorato comincia adesso e appare in salita. “Noi siamo pronti ad andare avanti a portare il Paese al voto – assicura Schlein – E’ il Governo che dovrebbe fermarsi, bloccare le intese e chiedere scusa“.
E’ una prima prova generale nella più lunga strada verso le elezioni del 2027 quando l’unica chance dell’opposizione per battere Meloni e soci è mettersi insieme. “Abbiamo scelto di intitolare ‘Unità’ questa nostra assemblea – insiste la leader democratica -. Per Schlein “i risultati delle ultime regionali ci caricano di grande responsabilità” e qui parla in particolare del Partito democratico. “Un risultato che ci inorgoglisce – continua – Una crescita di 8 punti dalle ultime regionali. Una crescita enorme anche dove abbiamo mancato il successo per un soffio, come è avvenuto in Liguria. Siamo passati dal 6 a 1 a un 4 a 3. In molte regioni siamo il primo partito. C’è una tendenza, l’inizio di un nuovo ciclo, frutto anche dello spirito unitario”. Lo sguardo di Schlein prova a puntare all’orizzonte lungo: “Il Pd è la casa di chi si riconosce con il giusto orgoglio nelle generazioni precedenti ma è anche la casa di una nuova generazione di nativi democratici. Siamo qui per proseguire quella strada, ma siamo qui anche per cambiare, discontinui e diversi da quelle volte in cui” il Pd “ha smarrito se stesso e la sua identità o non è stato all’altezza. Vogliamo un partito che non abbia timore di farsi scompigliare i capelli da un vento nuovo e non si rinchiuda in comode ridotte autoreferenziali per la manutenzione di assetti ed equilibri attuali”. Partendo da questo punto, secondo Schlein, “bisogna lavorare sulla larghezza e la profondità, abbiamo tempo, usiamolo bene, per costruire il progetto per l’Italia su sanità, istruzione, ricerca e industria clima e diritti. Non da soli, ma con le migliori energie del paese e dialogando che le forze politiche e sociali”.
Durante il suo intervento dal palco dell’assemblea Schlein si è interrotta per via della commozione che ha preso il sopravvento mentre ricordava Iole Mancini, la partigiana morta di recente a 104 anni, simbolo della Resistenza romana, ultima testimone ancora vivente delle violenze nella prigione gestita dai nazisti in via Tasso nella quale fu torturata a più riprese da Eric Priebke, senza però tradire né il marito (che aveva partecipato all’azione di via Rasella) né altri compagni. Come noto al posto del carcere di via Tasso si trova oggi il Museo storico della Liberazione.