Giustizia & Impunità

Separazione carriere, folla all’assemblea Anm contro la riforma: “Pronti allo sciopero, subito mobilitazione e comitato per il referendum”

L'intervento del presidente Santalucia (a fine mandato): "Il ddl è uno strappo nel tessuto costituzionale"

“Avviare immediatamente una mobilitazione culturale e una sensibilizzazione dell’opinione pubblica sui pericoli” del ddl sulla separazione delle carriere, “una riforma che, stravolgendo l’attuale assetto costituzionale e l’equilibrio tra i poteri dello Stato, sottrae spazi di indipendenza alla magistratura, riducendo le garanzie e i diritti di libertà per i cittadini”. Lo chiede la mozione approvata all’unanimità dall’assemblea straordinaria dell’Associazione nazionale magistrati, riunita nell’Aula magna della Cassazione per organizzare la “resistenza” delle toghe al progetto di riforma costituzionale. Un evento partecipato oltre le aspettative degli stessi organizzatori: nel salone al secondo piano del Palazzaccio si è radunata una piccola folla di giudici e pm da tutta Italia, varie centinaia tra cui moltissimi giovani neo-vincitori del concorso, i cosiddetti Mot (magistrati ordinari in tirocinio). Una quantità di persone difficile da contenere persino stipando le tribune laterali, di solito inutilizzate. “Da questa riforma emerge un disegno di indebolimento delle garanzie e dei diritti dei cittadini. La separazione delle carriere non risponde ad alcuna esigenza di miglioramento del servizio giustizia, ma determina l’isolamento del pubblico ministero, mortificandone la funzione di garanzia e abbandonandolo a una logica securitaria, nonché ponendo le premesse per il concreto rischio del suo assoggettamento al potere esecutivo“, si legge nel documento finale, sintesi delle mozioni presentate dai quattro gruppi principali dell’associazione: Area, Magistratura democratica, UniCost e Magistratura indipendente. Un compromesso per la verità assai faticoso tra sensibilità politiche diverse, reso però quasi obbligato da un coro spontaneo che nel momento più difficile si alza dai loggioni, dove siedono la maggior parte delle toghe più giovani: “U-ni-ti, u-ni-ti!”. Tanto che Giuseppe Santalucia, il presidente dell’associazione, si sente in dovere di richiamare tutti alla gravità del momento: “L’assenza di una deliberazione attesterebbe il fallimento di questa nostra giornata. Chiedo uno sforzo di maturità a tutti”, dice, accolto da un’ovazione.

“Pronti a uno o più giorni di sciopero” – Nel documento l’assemblea elenca una serie di iniziative in cui dovrà articolarsi la protesta: la più rilevante è l’ultima, cioè “l’indizione, in relazione all’iter parlamentare di discussione del ddl, di una o più giornate di sciopero per sensibilizzare l’opinione pubblica”. Un’extrema ratio che per ora resta sulla carta, anche perché è fresco il ricordo del flop dell’ultima astensione, proclamata nel 2022 contro la riforma Cartabia sulle “pagelle” e ferma al 48% di adesioni. Da subito, invece, è prevista l’istituzione di un comitato “in difesa della Costituzione” in vista del probabile referendum sulla riforma: dovrà essere “aperto all’avvocatura, all’università e alla società civile”, ma anche “indipendente da ogni ingerenza politica“, una postilla fatta inserire dal gruppo conservatore di Magistratura indipendente, il meno ostile al governo e quello che più di tutti ha puntato i piedi per ammorbidire i toni del documento. Oltre al comitato, l’assemblea ha deliberato di mettere in campo “l’organizzazione di almeno una manifestazione nazionale da svolgersi in un luogo istituzionale significativo subito dopo l’eventuale approvazione in prima lettura; lo svolgimento di iniziative comuni su tutto il territorio nazionale; una forma di protesta e sensibilizzazione da organizzare in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2025; la creazione di luoghi di confronto e sinergia con le altre magistrature; il rafforzamento di una strategia comunicativa innovativa ed efficace anche mediante il supporto di esperti della comunicazione; il coinvolgimento delle istituzioni europee preposte al monitoraggio dell’indipendenza e imparzialità della magistratura, anche per attivare eventuali procedure di infrazione”. Su proposta dei progressisti di Area, in particolare, inoltre, il testo sottolinea che il provvedimento del governo non va chiamara “una riforma della giustizia, che non sarà né più veloce né più giusta, ma una riforma della magistratura che produrrà solo effetti negativi per i cittadini”.

Il presidente Santalucia: “Su di noi il fuoco di buona parte dei media” – La lunga giornata di mobilitazione delle toghe era iniziata con la relazione di Santalucia, vicinissimo alla fine del suo mandato quadriennale (a gennaio si voterà per il rinnovo del direttivo). “L’essere qui, riuniti nella quarta assemblea straordinaria in poco più di due anni e mezzo, è di per sé indice di quanto grande sia la preoccupazione”, ha esordito. La magistratura, ha aggiunto, “è pesantemente attaccata sotto il fuoco di buona parte della stampa e dei media, che la feriscono con ogni genere di accuse, per poi addebitarle di aver perso la fiducia dei cittadini”. Una fiducia che però, sottolinea, è messa in crisi soprattutto dall’”azione corrosiva” degli stessi media ostili, con “le loro intemerate sulla politicizzazione, sulla ostilità al governo, sul collateralismo partitico, sulla pratica giudiziaria costellata di errori. Tutto ciò è reso possibile dall’insofferenza che settori importanti della politica ostentano nei confronti della giurisdizione. Dai test psico-attitudinali al serissimo capitolo dell’errore giudiziario, ogni tema è usato per l’incessante opera di sfaldamento della credibilità dell’ordine giudiziario”, accusa il presidente.

“Il ddl è uno strappo nella Costituzione” – Secondo il portavoce delle toghe, la riforma proposta dal governo è “uno strappo nel tessuto costituzionale“, segno di tempi capaci “dare avvio alla stagione del declino“. La definizione di “riforma epocale” usata dal ministro della Giustizia Carlo Nordio, dice, è condivisibile solo in quanto “si chiude un’epoca e se ne apre un’altra, ma in senso decisamente regressivo”. Da parte del governo, sostiene Santalucia, è in corso una “massiccia campagna di sfiancamento della cornice costituzionale, condotta sbandierando, con una bizzarra inversione concettuale, la necessità dell’allineamento della Costituzione alla legge”, cioè al codice di procedura penale riformato in senso accusatorio, che secondo Nordio presuppone la separazione della magistratura giudicante da quella requirente. Secondo l’Anm il fine della riforma è invece un altro, cioè “la frammentazione come strategia di indebolimento sia del Csm che della magistratura e della sua esperienza associativa. Se l’obiettivo fosse realmente il rafforzamento della figura e del ruolo del giudice”, come sostiene il governo, incalza, “allora mi permetterei di suggerire alla politica altra e più agevole strada, quella del rispetto della funzione pur quando i giudici adottano provvedimenti sgraditi”. Un chiaro riferimento all’offensiva del centrodestra contro le toghe che hanno disapplicato i decreti del governo sull’immigrazione.

Il segretario Casciaro: “Il quesito vero è sull’indipendenza” – Parlando ai cronisti a margine dell’assemblea, il presidente Anm ha poi espresso fiducia nell’esito del probabile referendum (si terrà se il parlamento non approverà la riforma con i due terzi dei voti favorevoli): “Siamo d’accordo che si esprima il popolo, siamo qui per cercare di trovare i mezzi con cui comunicare all’esterno gli argomenti contrari. La gente farà le sue scelte, io credo che contribuire al dibattito per ampliare l’orizzonte degli argomenti sia la cifra di una democrazia di qualità”. Anche il segretario generale dell’Anm Salvatore Casciaro cita il futuro referendum nel suo intervento: “Il quesito vero è: “Volete ancora dei magistrati indipendenti dalla politica?” Questa è la domanda che speriamo i cittadini comprendano. E mi auguro che a questo quesito sia data la risposta che tutti noi ci attendiamo”, dice. “Gli attacchi numerosi alla giurisdizione e alle stesse persone dei singoli giudici, le accuse di politicizzazione a fronte di provvedimenti giudiziari sgraditi, quelle di non collaborare alle politiche del governo in carica, le interessate indicazioni, date ai massimi livelli istituzionali, su come i giudici dovrebbero in realtà interpretare le norme e la gerarchia tra le fonti, riducendo il loro ruolo a “bocca della legge” (qui il riferimento è ad alcuni interventi del vicepresidente del Csm Fabio Pinelli, ndr), tutti questi sono segnali inequivocabili che ricostruiscono il clima entro cui si colloca una riforma i cui veri propositi sono realizzare ingerenze e condizionamenti sulla giurisdizione”, attacca.