Negli ultimi giorni Israele ha messo a segno in Siria centinaia di attacchi aerei – venerdì le Israel Defense Forces parlavano di oltre 500 raid, ma nelle ultime ore se ne sono contate diverse altre decine – distruggendo un gran numero di obiettivi militari tra aerei da combattimento, missili, aeroporti, depositi di carburante e navi della marina e colpendo “circa il 90%” delle potenza militare di Damasco. Nelle stesse ore, poco dopo che i ribelli guidati da Ha’yat Tahrir Al Sham avevano preso la capitale, l’esercito di Tel Aviv ha attraversato il confine che divide il suo territorio dalle alture del Golan. “Non abbiamo intenzione di gestire la Siria – ha detto il capo di stato maggiore Herzi Halevi -. Abbiamo fatto un passo avanti affinché elementi terroristici non si insedino vicino al confine“. L’obiettivo lo ha spiegato l’ufficio di Benjamin Netanyahu: “Evitare un nuovo 7 ottobre”.
La mossa di Tel Aviv avrà un’influenza sulla nascita della nuova Siria. Israele ha occupato le alture del Golan nel 1967, durante la guerra dei 6 giorni, e l’ha annessa nel 1981 ma per il diritto internazionale e l’Onu il territorio continua ad appartenere a Damasco. In questi giorni Tel Aviv si è spinta oltre: ha inviato i propri soldati oltre la parte occupata nel ’67 rompendo un accordo non belligeranza risalente al 1974 e spingendosi fin sul versante siriano del monte Hermon, dove i militari hanno occupato le postazioni abbandonate dalle forze di Assad mentre i ribelli avanzavano. Un punto di osservazione molto importante sotto il profilo strategico perché il massiccio sovrasta Libano e Giordania e dalla sua sommità è possibile vedere Damasco, ovvero controllare tutto ciò che avviene sulla pianura in direzione della capitale. L’area difensiva di cui parlano le autorità israeliane è quindi nei fatti una “buffer zone” che Israele sta creando all’interno del territorio siriano. “Il dispiegamento è temporaneo – ha fatto sapere l’ufficio di Benjamin Netanyahu -, durerà fino a quando non sarà stabilita una forza che si impegna a rispettare l’accordo del 1974 e la sicurezza sul nostro confine potrà essere garantita”.
I vertici militari di Tel Aviv prevedono di restare nell’area almeno fino alla fine dell’inverno. Nelle ultime ore la divisione dell’Idf che si occupa di tecnologia e logistica ha avviato una grande operazione per organizzare e rendere possibile la permanenza prolungata dei soldati. Ingegneri e tecnici stanno completando la costruzione di complessi residenziali temporanei isolati dal freddo, container per servizi igienici, docce, generatori e radiatori per i combattenti sul campo. Inoltre, i soldati sono stati dotati di abiti invernali, mentre le forze stanziate sulla cima del monte hanno ricevuto l’attrezzatura speciale dedicata alle unità di montagna.
L’operazione, tuttavia, potrebbe non essere temporanea. In questi giorni le Israel Defense Forces hanno avviato un dialogo con i villaggi drusi al confine per tentare di raccogliere le armi degli abitanti e quelle recuperate dagli avamposti siriani abbandonati. Una strategia che ha portato i primi risultati: l’assemblea cittadina di Hader, nel governatorato di Quneitra, all’interno della zona cuscinetto, ha chiesto di essere annesso a Israele dopo che nel fine settimana gli ufficiali di Tel Aviv avevano incontrato gli anziani per rassicurarli sulla loro sicurezza. Per ora l’Idf non sembra intenzionata ad avanzare, ma – spiegano fonti militari – in caso di ulteriori sviluppi l’esercito “si sta preparando anche per uno scenario in cui sarà necessario occupare aree più ampie. Il capo di stato maggiore e il ministro della Difesa hanno già approvato i piani per uno scenario che prevede l’acquisizione di un’altra linea più profonda di villaggi“.
Una certezza al momento c’è: Tel Aviv vuole popolare le aree già annesse. Domenica il governo ha approvato all’unanimità un piano da 40 milioni di Nis, circa 11 milioni di dollari, per raddoppiare la popolazione nella regione del Golan occupata nel 1967, dove oggi vivono già 30mila israeliani e 23mila drusi arabi, la maggior parte dei quali mantiene la cittadinanza siriana. Il denaro, ha fatto sapere l’ufficio del premier, sarà destinato all’istruzione, alle energie rinnovabili, alla creazione di un villaggio per studenti e alla messa a terra di un piano per l’assorbimento di nuovi residenti.
Turchia, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Qatar, Russia e persino la Germania hanno protestato contro la decisione. Ma il dado, l’ennesimo di questo anno che dal 7 ottobre 2023 sta cambiando la fisionomia del Medio Oriente, è tratto: la creazione della “buffer zone” in territorio siriano e il piano di popolamento del Golan sono il grimaldello che Tel Aviv intende usare per contribuire a modellare il futuro della nuova Siria. Come sta facendo da anni la Turchia di Recep Tayyip Erdogan nel nord del paese.
Mondo
Campi militari per l’inverno sul monte Hermon: Israele si espande nel Golan siriano. “In caso di minacce pronti a occupare aree più ampie”
Il governo Netanyahu, inoltre, ha approvato un piano da 11 milioni di dollari per raddoppiare la popolazione nella regione occupata nel '67
Negli ultimi giorni Israele ha messo a segno in Siria centinaia di attacchi aerei – venerdì le Israel Defense Forces parlavano di oltre 500 raid, ma nelle ultime ore se ne sono contate diverse altre decine – distruggendo un gran numero di obiettivi militari tra aerei da combattimento, missili, aeroporti, depositi di carburante e navi della marina e colpendo “circa il 90%” delle potenza militare di Damasco. Nelle stesse ore, poco dopo che i ribelli guidati da Ha’yat Tahrir Al Sham avevano preso la capitale, l’esercito di Tel Aviv ha attraversato il confine che divide il suo territorio dalle alture del Golan. “Non abbiamo intenzione di gestire la Siria – ha detto il capo di stato maggiore Herzi Halevi -. Abbiamo fatto un passo avanti affinché elementi terroristici non si insedino vicino al confine“. L’obiettivo lo ha spiegato l’ufficio di Benjamin Netanyahu: “Evitare un nuovo 7 ottobre”.
La mossa di Tel Aviv avrà un’influenza sulla nascita della nuova Siria. Israele ha occupato le alture del Golan nel 1967, durante la guerra dei 6 giorni, e l’ha annessa nel 1981 ma per il diritto internazionale e l’Onu il territorio continua ad appartenere a Damasco. In questi giorni Tel Aviv si è spinta oltre: ha inviato i propri soldati oltre la parte occupata nel ’67 rompendo un accordo non belligeranza risalente al 1974 e spingendosi fin sul versante siriano del monte Hermon, dove i militari hanno occupato le postazioni abbandonate dalle forze di Assad mentre i ribelli avanzavano. Un punto di osservazione molto importante sotto il profilo strategico perché il massiccio sovrasta Libano e Giordania e dalla sua sommità è possibile vedere Damasco, ovvero controllare tutto ciò che avviene sulla pianura in direzione della capitale. L’area difensiva di cui parlano le autorità israeliane è quindi nei fatti una “buffer zone” che Israele sta creando all’interno del territorio siriano. “Il dispiegamento è temporaneo – ha fatto sapere l’ufficio di Benjamin Netanyahu -, durerà fino a quando non sarà stabilita una forza che si impegna a rispettare l’accordo del 1974 e la sicurezza sul nostro confine potrà essere garantita”.
I vertici militari di Tel Aviv prevedono di restare nell’area almeno fino alla fine dell’inverno. Nelle ultime ore la divisione dell’Idf che si occupa di tecnologia e logistica ha avviato una grande operazione per organizzare e rendere possibile la permanenza prolungata dei soldati. Ingegneri e tecnici stanno completando la costruzione di complessi residenziali temporanei isolati dal freddo, container per servizi igienici, docce, generatori e radiatori per i combattenti sul campo. Inoltre, i soldati sono stati dotati di abiti invernali, mentre le forze stanziate sulla cima del monte hanno ricevuto l’attrezzatura speciale dedicata alle unità di montagna.
L’operazione, tuttavia, potrebbe non essere temporanea. In questi giorni le Israel Defense Forces hanno avviato un dialogo con i villaggi drusi al confine per tentare di raccogliere le armi degli abitanti e quelle recuperate dagli avamposti siriani abbandonati. Una strategia che ha portato i primi risultati: l’assemblea cittadina di Hader, nel governatorato di Quneitra, all’interno della zona cuscinetto, ha chiesto di essere annesso a Israele dopo che nel fine settimana gli ufficiali di Tel Aviv avevano incontrato gli anziani per rassicurarli sulla loro sicurezza. Per ora l’Idf non sembra intenzionata ad avanzare, ma – spiegano fonti militari – in caso di ulteriori sviluppi l’esercito “si sta preparando anche per uno scenario in cui sarà necessario occupare aree più ampie. Il capo di stato maggiore e il ministro della Difesa hanno già approvato i piani per uno scenario che prevede l’acquisizione di un’altra linea più profonda di villaggi“.
Una certezza al momento c’è: Tel Aviv vuole popolare le aree già annesse. Domenica il governo ha approvato all’unanimità un piano da 40 milioni di Nis, circa 11 milioni di dollari, per raddoppiare la popolazione nella regione del Golan occupata nel 1967, dove oggi vivono già 30mila israeliani e 23mila drusi arabi, la maggior parte dei quali mantiene la cittadinanza siriana. Il denaro, ha fatto sapere l’ufficio del premier, sarà destinato all’istruzione, alle energie rinnovabili, alla creazione di un villaggio per studenti e alla messa a terra di un piano per l’assorbimento di nuovi residenti.
Turchia, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Qatar, Russia e persino la Germania hanno protestato contro la decisione. Ma il dado, l’ennesimo di questo anno che dal 7 ottobre 2023 sta cambiando la fisionomia del Medio Oriente, è tratto: la creazione della “buffer zone” in territorio siriano e il piano di popolamento del Golan sono il grimaldello che Tel Aviv intende usare per contribuire a modellare il futuro della nuova Siria. Come sta facendo da anni la Turchia di Recep Tayyip Erdogan nel nord del paese.
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