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Iran, frustate e pena di morte per chi si oppone al velo. Ecco la nuova legge (per ora slittata)

In Iran il 13 dicembre doveva entrare in vigore l’annunciata Legge per la protezione della famiglia tramite la promozione della cultura della castità e dell’hijab, che prevede persino frustate e pena di morte per chi si opponga all’obbligatorietà del velo.

Ma, all’ultimo minuto – anche a causa delle proteste nazionali e internazionali – il Consiglio nazionale per la sicurezza nazionale ha chiesto una pausa per permettere al governo di sottoporre emendamenti al Parlamento. Che poi siano migliorativi, è tutto da vedere.

Intanto, esaminiamo il testo che stava per entrare in vigore.

La legge, composta da 74 articoli, prescrive anche multe esorbitanti, dure condanne detentive, divieti di viaggio e restrizioni all’istruzione e all’occupazione e penalizza inoltre gli enti privati che non fanno rispettare l’obbligo del velo.

La normativa criminalizza e introduce severe sanzioni per comportamenti definiti come “nudità, indecenza, mancato uso del velo e abbigliamento inappropriato”. La legge definisce il “mancato uso del velo” come l’atto di donne e ragazze che non coprono il capo con l’hijab, il chador o il foulard. Il reato di ’“abbigliamento inappropriato” è descritto come l’esposizione di qualsiasi parte del corpo al di sotto del collo, con l’esclusione di mani e piedi, o l’uso di indumenti che “contribuiscano o incitino altri a commettere peccato”.

Le donne e le ragazze possono essere sanzionate con multe che vanno dall’equivalente di 152 euro per la prima infrazione fino all’equivalente di 3.800 euro per la quarta infrazione. Quelle successive possono comportare una multa equivalente a 7.600 euro, fino a cinque anni di carcere, un divieto di viaggio di due anni e un divieto di utilizzo delle piattaforme social della stessa durata. “Promuovere o propagandare nudità, indecenza, mancato uso del velo o abbigliamento inappropriato” in collaborazione con enti stranieri, inclusi organi di stampa e organizzazioni della società civile, può essere punito con una pena detentiva fino a dieci anni e una multa fino all’equivalente di 11.430 euro.

Se tali comportamenti vengono considerati come “corruzione sulla Terra”, possono essere puniti con la pena di morte ai sensi dell’articolo 286 del codice penale islamico. Questa disposizione implica che donne e ragazze che inviano video di se stesse senza velo ai media non iraniani o che partecipano all’attivismo pacifico rischiano la pena capitale.

La “nudità” di donne e ragazze in pubblico od online comporta l’arresto immediato e una pena fino a 10 anni di carcere o una multa equivalente a 11.430 euro. Le “recidive” possono essere punite con una pena fino a 15 anni o con una multa equivalente a 20.900 euro. Le donne e le ragazze che non sono in grado di pagare le multe saranno escluse dalla possibilità di riavere veicoli sequestrati, registrare mezzi di trasporto, ottenere o rinnovare patenti di guida, rinnovare passaporti e lasciare il paese. Potranno inoltre subire il sequestro dei beni o rischiare il carcere.

Le pene previste dall’articolo 638 del codice penale islamico, incluse le frustate, continueranno ad applicarsi contro chiunque “compia pubblicamente atti proibiti” e/o “offenda la decenza pubblica”, una disposizione già utilizzata per frustare le donne che sfidano l’obbligatorietà del velo.

“Insultare o ridicolizzare l’hijab” o “promuovere nudità, indecenza, mancato uso del velo e abbigliamento inappropriato” sono reati punibili con il carcere fino a cinque anni, un divieto di viaggio e/o una multa.

La legge vieta inoltre l’importazione e la vendita di abbigliamento, statue, bambole, manichini, quadri, dipinti, libri e riviste che “promuovono nudità, indecenza, mancato uso del velo e abbigliamento inappropriato”. Vengono poi ampliati i poteri delle forze di sicurezza e dei servizi segreti, inclusi la polizia, il ministero dell’Intelligence, i servizi d’intelligence dei Guardiani della rivoluzione e le forze paramilitari basiji, per imporre l’obbligo del velo.

La legge fornisce inoltre impunità totale alla polizia morale, che ha “l’obbligo religioso” di far rispettare l’obbligatorietà del velo. Chiunque cerchi di impedire arresti, molestie o aggressioni violente contro donne e ragazze che sfidano il velo obbligatorio rischia a sua volta il carcere o una multa.

Infine, i titolari di attività commerciali possono essere multati, arrestati e sottoposti a limitazioni nella comunicazione pubblicitaria se consentono l’ingresso a donne e ragazze senza velo nei propri locali e/o sono accusati di “promuovere” la disobbedienza all’obbligo del velo.