Sulla biodiversità e la sua tutela il 2024 si chiude a tinte chiaro-scure. A livello globale lo testimoniano, come evidenzia il WWF Italia, i dati del Living Planet Report rilasciato a ottobre, secondo cui in 50 anni si è assistito a una riduzione complessiva delle popolazioni medie di vertebrati pari al 73%. A fronte di questa emergenza, nota l’organizzazione, “la COP 16 sulla Biodiversità tenutasi in Colombia lo scorso ottobre ha tradito le attese, in quanto i Paesi non hanno trovato un accordo per mettere a disposizione le risorse necessarie a conseguire gli obiettivi di tutela della biodiversità”. Negativo, anche, il declassamento approvato dalla Commissione Europea dello stato di conservazione del lupo, che da estremamente protetta diviene ora specie protetta. E negativo, anche a livello simbolico, il fatto che per la prima volta l’Europa si deve confrontare con l’estinzione di una specie vertebrata. “Si tratta, spiega il WWF, del chiurlottello, un uccello una volta abbondante, anche nel nostro paese”.

C’è, però una buona notizia a livello europeo: è stato adottato il Regolamento Comunitario sui ripristini, che obbliga gli stati membri a mettere in atto entro il 2030 interventi di restauro degli habitat degradati. “Ma serve una strategia nazionale per la conservazione della biodiversità, altrimenti resta un esercizio teorico”, nota l’organizzazione.

Fauna selvatica sotto attacco

Non è un buon bilancio quello del 2024 anche, specificamente, per la fauna selvatica. Contro la quale, secondo l’associazione LAV, in Italia è stato sferrato un vero e proprio attacco dal nuovo Parlamento, fin dal suo insediamento, con l’approvazione dell’emendamento “caccia selvaggia”, che consente l’ingresso dei cacciatori in città e aree protette. Proprio a causa di quell’emendamento, spiega Massimo Vitturi, responsabile nazionale dell’area Animali Selvatici dell’associazione, “nel 2024 è stata aperta una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia per violazione della Direttiva Habitat, provvedimento europeo che ha lo scopo salvaguardare la biodiversità”. L’attacco alla fauna si è manifestato anche attraverso continue modifiche alla legge sulla tutela degli animali selvatici e caccia che ora, con il pretesto della caccia ai cinghiali, consente di andare a caccia utilizzando anche visori notturni. Il progetto di eradicazione della Peste Suina Africana attraverso il raddoppio delle uccisioni di cinghiali (diventate 620.000 l’anno) “è miseramente fallito, dimostrando ancora una volta l’inefficacia del metodo venatorio”. In Trentino, poi, continua la guerra agli orsi. “Nel 2024”, prosegue Vitturi, “non è stato rinnovato il progetto che la LAV dal 2021 conduceva in collaborazione con il Parco Adamello Brenta per l’informazione dei cittadini sui comportamenti da adottare. Il presidente della Provincia di Trento Maurizio Fugatti sfoga le sue frustrazioni sugli orsi: solo nel 2024 ha condannato a morte gli orsi M90, KJ1 e M91, tutti uccisi dai forestali con il metodo punta-firma-spara, ovvero pubblicando l’atto di condanna nel momento in cui l’orso è già inquadrato nel mirino dei forestali, per impedire alle associazioni di poter fare ricorso al TAR, privandole così del diritto di difesa degli animali”. Le prospettive per il 2025, conclude l’associazione, non sono certo migliori. “Proprio in queste ore FdI, sfruttando la finanziaria, sta portando l’ennesimo attacco alla Legge sulla caccia modificandola allo scopo di impedire che le associazioni ambientaliste possano ricorrere al TAR contro i calendari venatori illegittimi. Ma noi non ci fermeremo”. Se questo governo si è contraddistinto per essere a tutela dei cacciatori, l’associazione Lipu segnala, per il 2024, un fatto positivo, ovvero lo stop alla proposta di legge Bruzzone, sempre sulla caccia. “Questa legge – spiega Alessandro Polinori, presidente della Lipu – avrebbe decisamente peggiorato il quadro e aggravato lo stato di infrazione dell’Italia delle normative comunitarie”. Anche Lipu sottolinea in maniera positiva l’approvazione della Nature Restoration Law, la legge europea sul ripristino della natura, dopo un lungo iter europeo.

Montagna ancora una volta come territorio da sfruttare

Purtroppo, come segnala l’associazione Mountain Wilderness, il bilancio 2024 per il nostro ambiente montano è pesante. I lavori per le infrastrutture collegate alle Olimpiadi invernali 2026 sono proseguiti, tra luci (poche) ed ombre (molte). “Diverse di esse”, spiega Fabio Valentini, “non saranno terminate in tempo, altre esauriranno il loro scopo nelle poche settimane di durata dei giochi”. Inoltre, nonostante le evidenze legate ai cambiamenti climatici “si continuano a sostenere i progetti di nuovi impianti sciistici, sia sulle Alpi che in Appennino, anche in aree a bassa quota e con scarso innevamento. Nuove norme favoriscono la motorizzazione sui sentieri e la vigilanza è sempre più scarsa, sia in estate che in inverno; invece, per assurdo, l’espansione delle e-bike porta alla creazione di nuovi itinerari spesso ambientalmente incompatibili”. Mentre si moltiplicano le richieste di installazione di impianti per energia da fonti rinnovabili, nel contempo in Appennino si vuole sventrare il territorio con un gasdotto (ironicamente denominato “linea adriatica”) che attraversa tutte le aree interne più colpite da eventi sismici negli ultimi decenni.

Ghiacciai arretrati anche nel 2024

Anche per Legambiente è tempo di bilanci per le Alpi italiane, sempre più sotto scacco della crisi climatica. Un importante campanello d’allarme arriva dai ghiacciai alpini, in forte arretramento anche nel 2024, e dalla biodiversità che fatica a riadattarsi, come certifica il quinto report di Carovana dei ghiacciai (“Gli effetti della crisi climatica su ghiacciai, ambiente alpino e biodiversità”).

Nonostante le nevicate tardive di questa primavera, il 2024 è stato infatti un anno difficile. L’Adamello, il più grande ghiacciaio delle Alpi italiane, ha registrato una perdita di spessore nel settore frontale di 3 metri ed effetti della fusione fino a 3100 metri di quota. Non se la passano bene neanche il ghiacciaio del Careser (Gruppo Ortles—Cevedale) con 190 centimetri in media di perdita di spessore, e in Alto Adige i Ghiacciai della Vedretta Lunga (Val Martello) e della Vedretta di Ries (Valle Aurina) con una perdita di spessore sulle lingue tra il metro e mezzo e i due metri, solo per citarne alcuni. “Ignorare quanto sta accadendo in alta quota – spiega Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – significa esporre il nostro Pianeta a rischi insostenibili perché questi fenomeni hanno ripercussioni anche a valle. È urgente definire al più presto una road map europea, di cui ci facciamo portavoce, per promuovere una gestione efficace e una protezione adeguata delle aree montane fragili e degli ecosistemi”.

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