Nel clan degli Scissionisti, chiamati così perché nati decenni fa da una rivolta interna ai Di Lauro, il potere si tramanda da donna in donna, da madre in figlia. È uno dei particolari emersi dall’ordinanza di custodia cautelare notificata all’alba per 53 persone – 43 in carcere, 10 ai domiciliari, 56 in tutto gli indagati – accusate di far parte della cosca degli Amato-Pagano, che da venti anni taglieggia l’economia di Melito, Mugnano e dei quartieri napoletani di Scampia e Secondigliano. Tra le circa 360 pagine firmate dalla giudice per le indagini preliminari di Napoli Isabella Iaselli si legge che Debora Amato, 34 anni, aveva ereditato la guida del sodalizio dopo l’arresto della mamma, Rosaria Amato, detenuta al 41 bis, e lo gestiva insieme a Gennaro Liguori (marito della nipote di Raffaele Amato, classe ’65); al marito, Domenico Romano, ad Enrico Bocchetti (genero di Cesare Pagano) e ad Emanuele Cicalese (genero di Raffaele Amato, classe ’65).
Una cosca ancora a forte trazione familiare, quindi, imbevuta di una miscela di antico e di nuovo: il sempreverde business delle estorsioni ai cantieri edili, anche quelli legali ed impegnati nei superbonus, e persino agli imbianchini perché nessuno doveva sfuggire al controllo; e la modernità rappresentata dai “minori da portare durante la commissione dei reati, per addestrarli, partecipando alle estorsioni”, come ha detto il procuratore di Napoli Nicola Gratteri, durante la conferenza stampa che ha illustrato i dettagli del blitz anticamorra.
“Mentre facevano estorsione, spiegavano ai minori come chiedere i soldi, il gesto del controllo del territorio andava insegnato ai minorenni“, anche lui colpito dal “ruolo prominente delle donne”. Ecco un esempio di pizzo, risalente all’ottobre 2022, ai danni di un’impresa impegnata in alcune ristrutturazioni, contestato a due indagati degli Scissionisti: “Levate mano e dite al mastro che si deve mettere a posto con gli amici”, per poi prendere a schiaffi il titolare dell’imprenditore di Melito, aggiungendo: “Allora non hai capito niente! Dovete togliere di mano perché non vi siete messi a posto con gli amici dì Melito. Questa è la seconda volta che vengo e la prossima volta ti sparo!”.
I minori ed i giovani, ed anche questo è un elemento di ‘modernità’, venivano irretiti anche con “l’uso costante e sistematico di TikTok e Instagram” per sfoderare “orologi d’oro, macchine di lusso, per esternare il proprio potere e per apparire”, come ha ribadito il procuratore Gratteri. Circostanza che sottolinea quanto continui ad essere penetrante l’utilizzo dei social per reclutare le nuove leve della camorra.
Infatti secondo le risultanze dell’inchiesta dalla Dia di Napoli, gli affiliati di vertice percepivano stipendi da “8mila euro al mese” e sfruttavano il web per mostrarsi come “soggetti “vincenti” e per farsi pubblicità. “La camorra è la prima mafia in Italia ad utilizzare i social. Nel mondo, prima ancora erano stati i messicani”, ha ricordato Gratteri. Questo perché “le mafie si rivolgono ai giovani. Come le aziende che utilizzano Tiktok e Instagram, anche la camorra lo fa”. Così nel corso delle indagini – hanno spiegato il capo della Dia Michele Carbone e il capocentro di Napoli Claudio De Salvo – sono state registrate vere e proprie “sfilate con auto di lusso” tra cui Ferrari e Lamborghini, e feste sugli yacht. Anche queste finivano sui social.
Singolare la prassi adottata su alcune estorsioni, calibrate a seconda del reddito della vittima. E poi, come da tradizione, tra ricettazione, riciclaggio, reimpiego dei proventi illeciti, trasferimento fraudolento dei valori, il clan imponeva il controllo delle aste giudiziarie per immobili del territorio di riferimento, la compravendita di immobili, le ‘autorizzazioni’ ad occupare abusivamente le case sfitte nei rioni popolari, l’acquisto a prezzi esorbitanti di gadget, il core-business rimane sempre quello del narcotraffico, grazie ad affiliati “anche in Spagna e a Dubai”. Ed infatti nelle indagini sono confluiti anche alcuni dei verbali del ‘narcos’ Raffaele Imperiale, che dalla fine del 2022 collabora con la giustizia dopo aver tessuto da Dubai le trame di uno dei più vasti traffici internazionali di droga nel mondo. Tra le sue condanne Imperiale ne ha anche una, passata in giudicato, per associazione camorristica nel clan Amato-Pagano: è stato per molti anni il rifornitore di armi e cocaina degli Scissionisti.