È possibile che chi riceve un cuore “erediti” anche emozioni, ricordi e preferenze del donatore? È una teoria sostenuta da alcuni studi e da certi fenomeni. Ma non mancano scienziati dubbiosi, a partire dal prof. Francesco Bottaccioli della SIPNEI
Ad accendere i riflettori su questo argomento delicato e controverso è un recente articolo di The Daily Mail, che prende le mosse da una review dello scorso aprile (“Beyond the Pump: A Narrative Study Exploring Heart Memory”), con la quale gli autori mirano a comprendere questa complessa tematica allo scopo di “migliorare la cura del […]
Ad accendere i riflettori su questo argomento delicato e controverso è un recente articolo di The Daily Mail, che prende le mosse da una review dello scorso aprile (“Beyond the Pump: A Narrative Study Exploring Heart Memory”), con la quale gli autori mirano a comprendere questa complessa tematica allo scopo di “migliorare la cura del paziente nel trapianto di organi e approfondire la nostra conoscenza di aspetti fondamentali dell’esistenza ed esperienza umane”. Perché ricevere un nuovo organo, quando il proprio è al lumicino, significa poter tornare a vivere grazie a un’altra persona che ha invece perso la vita (non però nel caso di fegato e reni, che possono provenire da un donatore vivo), e davvero può cambiare la propria visione del mondo.
Nuove emozioni e preferenze
“Il campo dei trapianti di organo – in particolare del cuore – ha portato alla luce interessanti fenomeni che sfidano le tradizionali comprensioni di memoria, identità e consapevolezza”, scrivono i ricercatori, secondo cui “evidenze emergenti suggeriscono che il trapianto di cuore possa implicare il trasferimento al ricevente di ricordi e di tratti della personalità del donatore”. Secondo gli autori, ciò sarebbe spiegabile tra l’altro con il trasferimento della memoria cellulare e con lo stretto rapporto tra cuore e cervello.
Succede così, come riportano i casi-studio citati dagli autori della review, che si modifichino i gusti relativi a musica, cibo, arte, o che si verifichino cambiamenti emozionali e alterazioni del temperamento. Tra le storie raccontate nella review – tutte incentrate sul cuore, che come si ricorda nel titolo stesso non è una semplice pompa – c’è quella di un bambino di 9 anni, che aveva ricevuto l’organo di una bimba annegata a 3 anni. Pur ignorando questo avvenimento, il piccolo cominciò a temere l’acqua. Un docente, cui fu trapiantato il cuore di un poliziotto morto per un colpo di pistola in faccia, dichiarò di sentire bruciare il viso e di vedere un lampo davanti agli occhi. Sono state riferite perfino modificazioni del comportamento sessuale, osservate in un gay cui era stato trapiantato il cuore di un’artista lesbica, e in una ricevente lesbica che aveva ricevuto l’organo di una eterosessuale. Come interpretare tutto ciò?
Un legame difficile da dimostrare
“Un organo, e a maggior ragione il cuore, che è stato parte integrante di un organismo, contiene certamente informazioni di tipo genetico ed epigenetico, frutto della connessione che ha stabilito nello sviluppo e nel corso della vita con gli altri organi e sistemi, tra cui il cervello e la psiche. Su questo abbiamo studi interessanti che vengono dal cosiddetto trauma transgenerazionale, e cioè dall’evidenza che la prole di persone traumatizzate non solo aumenta il rischio di sviluppare un disturbo da stress post-traumatico o altri disturbi psichici, ma presenta anche delle segnature epigenetiche particolari trasmesse per via inter- e transgenerazionale”, spiega al Fatto Quotidiano il prof. Bottaccioli – psicologo clinico neurocognitivo, Fondatore e Presidente onorario della Società Italiana di Psiconeuroendocrinoimmunologia (SIPNEI) – osservando però che il passaggio non è automatico e che occorrono particolari condizioni, quali ad esempio una famiglia disfunzionale, un certo tipo di amicizie, una sofferenza scolastica. “Tornando al tema della memoria degli organi, ciò che possiamo supporre è un assetto molecolare ed epigenetico peculiare che, trapiantato nel nuovo organismo, sicuramente subirà modificazioni e, a sua volta, solleciterà modificazioni da parte dell’ospite che, tra l’altro, ha un sistema immunitario squilibrato a causa dell’immunosoppressione necessaria al mantenimento del trapianto”.
Diverso è il caso di cambiamenti di orientamento sessuale. “La memoria cellulare di cui parlano gli autori della review non può essere confusa con una memoria cerebrale che addirittura modifica l’orientamento sessuale. Tra la memoria delle cellule del cuore e l’emergenza di sentimenti o di tendenze fondamentali come la sessualità c’è un salto che deve essere riempito dalla elaborazione del soggetto. Nella fattispecie, il o la trapiantata può arrivare a cambiare orientamento sessuale elaborando il proprio vissuto in una fase di grande cambiamento e di crisi come quella del trapianto e del post-trapianto. La memoria delle cellule del cuore, che prima operavano per un organismo con un’altra tendenza sessuale, non credo che possa bastare alla transizione”, avverte l’esperto.
Suggestione e stress
Alcuni scienziati parlano di suggestione: secondo le ricerche, i riceventi temono infatti di venire influenzati da tratti della personalità del donatore. Anche lo stress influirebbe. Pur essendo aumentati i donatori nel 2023, a dicembre le persone in lista di attesa sono ancora quasi 8000 (dati Sistema Informatico Trapianti). Per ricevere un organo si aspetta per un periodo compreso fra 1,7 anni nel caso del fegato e 6,2 in quello del pancreas. Seguono un complesso intervento e una convalescenza lunga e difficile: questo basterebbe già indubbiamente a scatenare una forte risposta psicologica.