Le indagini hanno appurato che la sua morte non ha nulla a che fare con la malattia che ha ucciso 140 persone nella Repubblica democratica del Congo. Una malattia che pare non sia un virus sconosciuto, ma una grave forma di malaria, che degenera provocando la morte a causa di altri fattori. Uno su tutti la denutrizione. Quello che è certo, è che i risultati della analisi sul sangue di Andrea Poloni, 55enne residente a Trevignano (Treviso) “hanno evidenziato la presenza di plasmodium falciparum, agente responsabile della malaria”, ha confermato l’Istituto nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani, specificando che “le stesse analisi hanno escluso la presenza di altri agenti patogeni e virali co-infettanti“. I campioni di sangue relativi all’uomo deceduto di ritorno da un viaggio in Congo sono stati analizzati per la ricerca di diversi agenti patogeni attraverso diversi metodi di indagine presso il laboratorio di virologia e i laboratori di biosicurezza. La malaria non è contagiosa e si trasmette soltanto attraverso la puntura di una zanzara che non è presente in Italia.

Il rientro – La compagna di Poloni è una donna di origini congolesi Carol Yanga Ilako. Vive in Italia da 38 anni e abita a Quero, in provincia di Belluno: si frequentavano da un anno e mezzo ed erano coinvolti in attività umanitarie in Congo. L’8 novembre erano infatti partiti per portare aiuti a Mbandaka, nella provincia dell’Equatore, ma per impegni di lavoro Poloni era dovuto rientrare in Italia prima del previsto. Pare che la febbre fosse alta nella notte tra sabato e domenica e poi che la situazione fosse rientrata, tanto da pranzare con la figlia domenica, racconta Carol, che sottolinea come non avesse notato nulla di strano prima della partenza del compagno. La figlia intanto resta in isolamento. Nessuna delle persone che erano insieme a loro si era ammalata, erano tutte in salute. E anche le sue analisi del sangue, effettuate dopo la morte del compagno, risultano negative. La zona in cui si trovavano peraltro dista oltre 700 chilometri dall’area in cui si è manifestato il morbo sul quale deve ancora arrivare la parola definitiva dell’Oms. Poloni, una volta rientrato a casa, è rimasto lì, senza farsi curare da nessuno (alcune testimonianze riportate da Repubblica dicono che abbia usato delle erbe), fino a quando lunedì la figlia 21enne – non ricevendo risposta dal padre – lo ha ritrovato senza vita, col sangue dal naso e dalla bocca. Nessuna terapia, quindi, né farmaci consigliati dai medici.

Le sue attività Poloni era impegnato nei Paesi in via di sviluppo per portare l’agricoltura biologica e nuovi macchinari per le coltivazioni. In passato aveva lavorato come elettricista, ma da qualche tempo si era dedicato alla coltivazione della canapa, producendo anche miele biologico, erbe medicinali e birra. Dopo la separazione dalla prima compagna italiana, si era legato sentimentalmente a Carol Yanga Ilako, attiva in progetti di cooperazione in Africa. Qui la coppia raccoglieva fondi per promuovere lo sviluppo delle comunità, aiutando la popolazione a creare laboratori tessili e orti collettivi.

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