Giustizia & Impunità

Corruzione, il gup approva il patteggiamento di Toti: svolgerà 1.650 ore di lavori utili alla Lega per la lotta contro i tumori di Genova

La pena applicata è di due anni e tre mesi di reclusione, convertiti automaticamente grazie alla legge Cartabia

Il gup di Genova Matteo Buffoni ha ratificato l’accordo di patteggiamento raggiunto dalla Procura con Giovanni Toti, l’ex governatore ligure accusato di corruzione e finanziamento illecito e arrestato il 7 maggio scorso. La pena applicata, leggermente più alta rispetto alla prima ipotesi, è di due anni e tre mesi di reclusione, trasformati automaticamente in 1.620 […]

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Il gup di Genova Matteo Buffoni ha ratificato l’accordo di patteggiamento raggiunto dalla Procura con Giovanni Toti, l’ex governatore ligure accusato di corruzione e finanziamento illecito e arrestato il 7 maggio scorso. La pena applicata, leggermente più alta rispetto alla prima ipotesi, è di due anni e tre mesi di reclusione, trasformati automaticamente in 1.620 ore di lavori socialmente utili grazie alla legge Cartabia, che consente la conversione delle pene detentive inferiori a quattro anni senza passare per la Sorveglianza. Toti lavorerà alla sede genovese della Lilt, la Lega italiana per la lotta contro i tumori: in linea con il suo curriculum da giornalista professionista – è stato direttore di Studio aperto e Tg4 – si occuperà della comunicazione, ma non solo. Il gup ha infatti respinto la proposta del politico di scontare la pena facendo il “testimonial” del Parco di Montemarcello-Magra-Vara, area protetta regionale nel Levante ligure presieduta da una biologa nominata proprio da lui: il lavoro sostitutivo, aveva messo in chiaro il giudice, non avrebbe dovuto svolgersi in un ente di nomina regionale e avrebbe dovuto consistere anche in attività materiale, non solo intellettuale.

In questo senso la sentenza descrive analiticamente le funzioni assegnate all’ex presidente della Regione: “L’imputato assisterà i pazienti che usufruiscono dei servizi della Lilt mediante attività di segreteria, archiviazione dati, invio di documentazione, attività di front office, accoglienza, refertazione dei prelievi e invio degli stessi al laboratorio di analisi, invio degli esiti ai pazienti, call e recall per promuovere la corretta cadenza delle visite di screening; tali attività potranno svolgersi presso gli uffici della Lilt oppure presso i presidi\sanitari, compreso il point emato-oncologico dell’ospedale san Martino di Genova”, si legge. Il giudice raccomanda che Toti “svolga una parte significativa della propria attività” in ospedale, “per un ammontare di ore non inferiore al 10% del totale: qui egli si occuperà dell’accoglienza dei pazienti (ed eventualmente dei loro familiari) e di erogare loro le pertinenti informazioni; inoltre, compatibilmente con le disposizioni della direzione sanitaria, si occuperà di accompagnare i pazienti presso i reparti di destinazione o quantomeno di instradarli correttamente; in aggiunta alle mansioni implicanti la presenza fisica dell’imputato presso l’ospedale san Martino, in caso di pazienti impossibilitati a recarsi autonomamente presso lo stesso ospedale per le terapie oncologiche, l’imputato potrà essere adibito al servizio di accompagnamento dall’abitazione dell’interessato fino alla struttura ospedaliera”.

L’ex governatore ha ottenuto una deroga per poter lavorare più di 15 ore settimanali, e non solo nel capoluogo ligure ma su tutto il territorio italiano: la sentenza, inoltre, dispone per tre anni le pene accessorie dell’interdizione dai pubblici uffici e dell’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione, oltre alla confisca di 175.850 euro. Il gip ha approvato anche i patteggiamenti dei due coimputati di Toti: per l’ex presidente del Porto di Genova Paolo Emilio Signorini la pena è di tre anni, cinque mesi e 28 giorni, per l’imprenditore portuale Aldo Spinelli, presunto corruttore di entrambi, di tre anni e tre mesi. Tutti i provvedimenti potranno ancora essere impugnati in Cassazione. In conferenza stampa, il procuratore capo di Genova Nicola Piacente ha smentito la tesi – sostenuta dal politico e dal suo entourage – secondo cui il patteggiamento non sarebbe una condanna: “La sentenza di applicazione pena è equiparata a una sentenza di condanna a effetti ridotti“, ha detto. “Non possono esserci effetti pregiudizievoli per giudizi e eventuali responsabilità civili, amministrative, tributarie e contabili, ma questa sentenza può essere prodotta in altri procedimenti penali. Non si può dire che oggi sia stata applicata una sentenza di assoluzione”, chiarisce.