Da un lato le operazioni degli 007 di Kiev, dall'altro le morti e i misteri sui dissidenti interni di Mosca. La guerra lontana dal fronte
Quello del generale Igor Kirillov è, in ordine di tempo, l’ultimo nome di una lunga lista: un elenco di azioni e omicidi mirati in continuo aggiornamento. Tanto che la madre dell’oppositore russo Kara-Murza – ricoverata a Berlino con sintomi di avvelenamento – potrebbe essere anche lei parte di questa guerra non convenzionale tra Russia e […]
Quello del generale Igor Kirillov è, in ordine di tempo, l’ultimo nome di una lunga lista: un elenco di azioni e omicidi mirati in continuo aggiornamento. Tanto che la madre dell’oppositore russo Kara-Murza – ricoverata a Berlino con sintomi di avvelenamento – potrebbe essere anche lei parte di questa guerra non convenzionale tra Russia e Ucraina. Da un lato le operazioni degli 007 di Kiev (tra sabotaggi e uccisioni in territorio russo), dall’altro le morti e i misteri sui dissidenti interni di Mosca. La guerra non passa solo dalle trincee e dai raid con missili e artiglieria.
Alcuni omicidi e azioni sono stati ufficialmente rivendicati: come nell’ultimo caso, quello del comandante delle truppe di difesa nucleare, chimica e biologica delle Forze armate russe, Igor Kirillov ucciso (insieme al suo vice) a Mosca dall’esplosione di una carica esplosiva piazzata su un monopattino. “Un obiettivo completamente legittimo“, ha detto una fonte ucraina a Rbc-Ukraine confermando che dietro l’esplosione che ha portato all’uccisione del generale russo ci sono i servizi di Kiev (Sbu). Altre operazioni, invece, non sono mai state rivendicate.
Il 23 ottobre del 2023 Vasyl Malyuk, il capo dello Sbu (il servizio di sicurezza di Kiev), lo aveva annunciato: continueremo a compiere “qualsiasi sforzo per cacciare gli occupanti dal territorio ucraino e porre fine alla guerra con la nostra vittoria”. Una guerra fuori dal solito campo di battaglia, con al fianco anche l’intelligence militare ucraina (Gur) guidata dal tenente generale Kyril Budanov.
Pochi giorni fa era toccato Mikhail Shatsky, uno dei progettisti del centro che sviluppa i missili che stanno piovendo sull’Ucraina. Il suo cadavere è stato trovato tra la neve del parco Kuzminsky, Kotelniki, di Mosca. La Difesa ucraina, ha detto la stampa di Kiev, ha rivendicato le pallottole che hanno messo fine alla vita dell’esperto.
Tra gli assassinii attribuiti agli 007 di Kiev c’è ovviamente quello di Darya Dugina, figlia del nazionalista russo e “ideologo di Putin” Alexander Dugin, uccisa da una bomba azionata a distanza piazzata sulla sua auto il 20 agosto 2022. L’Ucraina non ha mai confermato il suo coinvolgimento in questa uccisione, ma secondo il Washington Post e il New York Times sarebbe stato proprio lo Sbu ad eliminarla, anche se secondo alcuni osservatori il vero obiettivo di quell’attentato era il padre.
Ci sarebbe la mano dello Sbu anche nell’omicidio di Denis Kireyev, un componente della squadra negoziale ucraina accusato di tradimento e colpevole – a loro avviso – di aver divulgato informazioni a Mosca. È stato ucciso a marzo del 2022 a Kiev con un colpo alla testa.
Ad aprile del 2023 il noto blogger nazionalista russo Vladlen Tatarsky, all’anagrafe Maksim Fomin, è stato ucciso da un ordigno esploso in bar-caffè a San Pietroburgo. Secondo le ricostruzioni una ragazza gli avrebbe regalato una statuetta che nascondeva duecento grammi di tritolo. Tatarsky era noto per le sue posizioni filo-Putin e per l’appoggio totale all’invasione dell’Ucraina. E anche qui i sospetti sono tutti rivolti verso lo Sbu di Kiev.
Dall’altro fronte sono tante gli omicidi e le morti misteriose: l’attenzione di Mosca, in questo caso, è rivolta ai dissidenti interni. La morte di Alexei Navalny, il principale oppositore di Vladimir Putin in patria, nella prigione di Kharp è sicuramente il caso più eclatante. La Russia ha subito parlato di un malore dopo una passeggiata, ma la strada dell’omicidio mirato appare come la più plausibile.
E non si può certo dimenticare la morte di Evgenij Prigozhin, morto nell’agosto del 2023 nello schianto del suo jet, decollato da Mosca e diretto a San Pietroburgo. Il capo della Wagner è deceduto a due mesi esatti dalla “marcia della libertà” verso il Cremlino, un tentato golpe che ha posto per la prima volta il problema della tenuta della coesione interna in Russia.
Ma questa guerra nella guerra non si svolge solo con omicidi mirati di oppositori interni o esponenti delle gerarchie militari. Un ruolo molto rilevante hanno anche i sabotaggi. Lo Sbu e il Gur sono responsabili di decine di attacchi in territorio russo, dove sono riusciti a colpire fabbriche, impianti industriali e militari, infrastrutture civili. A partire dai plateali attacchi del 2022 e 2023 contro il ponte di Crimea, fiore all’occhiello del presidente russo Vladimir Putin e simbolo dell’annessione della penisola da parte di Mosca. Era stato proprio lo Sbu, infatti, a rivendicare la paternità di quello di luglio dallo scorso anno, quando due droni marini sperimentali (i ‘Sea Baby’) imbottiti di esplosivi si schiantarono contro la struttura. Il primo, invece, era stato sferrato la mattina dell’8 ottobre del 2022, con un camion bomba che danneggiò gravemente il ponte e provocò la morte di 5 persone.
E l’azione dei servizi di Kiev non si è fermata lì. Nel dicembre del 2023 è stata attaccata una linea ferroviaria russa in Siberia, a migliaia di chilometri dalla linea del fronte. O l’attacco dello scorso agosto, sempre con un drone marino (carico di 450 chili di dinamite), contro la nave russa Olenegorsky Gornyak, colpita nel porto di Novorossiysk sul Mar Nero. Qualche mese prima, nel settembre del 2023, un drone marino ucraino dello Sbu aveva colpito e danneggiato la nave lanciamissili russa Samum. Il servizio guidato da Malyuk – sul quale pende un mandato d’arresto di Mosca – aveva rivendicato l’attacco alla grande raffineria di petrolio Afipsky, nella regione russa di Krasnodar. Lo scorso gennaio c’è stato un altro attacco ad una raffineria di petrolio russa, questa volta a Tuapse, sempre nella regione di Krasnodar.
Infine c’è il noto sabotaggio dei gasdotti Nord Stream 1 e 2 avvenuto nel 2022. Immediatamente dopo si era parlato di navi russe in zona prima delle esplosioni. Poi l’attenzione si è concentrata sull’Ucraina. Ad agosto scorso il Wall Street Journal ha ricostruito la vicenda: uno yacht a noleggio, 300mila dollari di budget, l’intervento della Cia e “Volodymyr Zelensky era a conoscenza dell’operazione di sabotaggio“. Un mese fa il settimanale Der Spiegel ha aggiunto che le autorità polacche avrebbero impedito alle autorità tedesche di condurre le indagini e fermare i sabotatori. Intanto però anche in questo caso non c’è ancora una verità giudiziaria, per quello che appare – in maniera sempre più evidente – come uno dei tanti tasselli di questa guerra non convenzionale.