Il colosso per anni, nonostante le entrate record, ha pagato i dipendenti di Disneyland meno del minimo salariale previsto
Per anni Disney ha pagato i dipendenti di Disneyland, il celebre parco divertimenti di Anaheim, in California, meno del minimo salariale previsto. Ora, la multinazionale si trova costretta a versare una somma significativa per porre fine a una disputa legale sui diritti dei lavoratori. La compagnia ha infatti accettato di pagare 233 milioni di dollari […]
Per anni Disney ha pagato i dipendenti di Disneyland, il celebre parco divertimenti di Anaheim, in California, meno del minimo salariale previsto. Ora, la multinazionale si trova costretta a versare una somma significativa per porre fine a una disputa legale sui diritti dei lavoratori. La compagnia ha infatti accettato di pagare 233 milioni di dollari per chiudere una causa intentata dagli impiegati, che accusano Disney di averli sottopagati rispetto al minimo salariale fissato nel comune a sud di Los Angeles. L’accordo preliminare, approvato venerdì, attende la convalida di un giudice prevista per il 17 gennaio.
Se approvato, circa 50mila lavoratori riceveranno gli arretrati, comprensivi di interessi e penali, per il periodo compreso tra gennaio 2019 e l’estate scorsa, quando Disney ha finalmente adeguato le retribuzioni al minimo di 19,90 dollari l’ora. “La compagnia ha ingannato migliaia di dipendenti per anni”, ha dichiarato Peter Dreier, professore dell’Occidental College e co-autore dello studio “Working for the Mouse”, che già nel 2018 denunciava come quasi tre quarti dei lavoratori di Disneyland non guadagnassero abbastanza per coprire le spese essenziali. “Mentre i lavoratori erano privati degli arretrati dovuti, l’amministratore delegato Bob Iger percepiva oltre 31 milioni di dollari all’anno. È giusto che i dipendenti ricevano ciò che spetta loro”, ha aggiunto Dreier al Los Angeles Times.
Non è la prima volta che Disney ricorre a soluzioni milionarie per risolvere controversie sui salari. Lo scorso novembre, l’azienda ha accettato di pagare 43 milioni di dollari per chiudere una lunga causa legata alla disparità retributiva nei confronti di alcune lavoratrici.