Più di un anno fa ho provato a raccontare la crisi profonda di Egea, l’azienda multiservizi dell’albese con diramazioni in tutta Italia, a lungo portata come esempio virtuoso di holding mista pubblico/privato, con un unico socio di maggioranza privato, l’ing. Carini, che – attraverso la sedimentazione di concessioni legittimate da quote di partecipazione infinitesimali garantite ai comuni, insieme a opere e welfare a pioggia, meglio se prima delle elezioni – era riuscita a garantirsi mercato e fatturato per decenni.

La crisi nera della potente holding segnava – raccontavo – la crisi di un modello di gestione del territorio, della sua economia, delle sue relazioni, soprattutto quelle politiche. Alba, sede e origine di Egea, è la terra del presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio. Nelle varie società del gruppo siedono, come soci, amministratori e sindaci: alcuni tra i più importanti imprenditori del territorio, le banche locali con i loro amministratori, esponenti politici di tutti gli schieramenti, tanto che Egea si presentava all’esterno con una certa presunzione, come espressione di un territorio virtuoso. Ancora nel luglio 2022, in occasione dell’approvazione del bilancio, Carini, accompagnato dallo stesso Cirio, presentava una situazione florida, nonostante i picchi del prezzo del gas.

Egea S.p.A, secondo il report Ernst & Young del 2021, valeva circa 230 milioni; la partecipazione pubblica l’8%, quindi 20 milioni. Il consulente strategico di Egea da oltre 16 anni, il dott. Feira, partecipa come advisor alla formalizzazione di alcuni finanziamenti alla società, tra i quali uno con Illimity Bank di oltre 100 milioni di euro. Come faceva a ignorare la reale situazione finanziaria di Egea S.p.A.?

I soci le notizie le leggevano sui giornali, erano in allarme. Carlo Bo, l’ex sindaco di Alba, ancora il 30 ottobre scorso affermava di non essere stato informato dalla società se non a cose fatte e di non aver compreso “per incompetenza” che la composizione negoziata della crisi Egea avrebbe portato all’azzeramento del valore della partecipazione in capo al Comune.

Già, perché nel giugno 2023, senza riunire i soci, i vertici di Egea, con a capo l’avvocato Rossetto, un altro ex sindaco di Alba, allora Presidente del Consiglio di Sorveglianza, avviano la composizione negoziata della crisi, vale a dire il risanamento dell’impresa in forte difficoltà con il supporto di un “esperto indipendente” che tratta con i creditori. L’operazione viene presentata alla stampa come un’opportunità di rilancio della società nell’interesse di tutti gli stakeholders. La crisi dell’azienda era ormai evidente, non si trovavano acquirenti e gli amministratori definivano la società (2 mila creditori, 32 banche, 77 obbligazionisti, e 300 soci pubblici e privati) come “tecnicamente fallita”.

Da qui il piano di risanamento economico-finanziario omologato dal Tribunale di Torino: l’intero complesso di attività di Egea (prevalentemente: teleriscaldamento, gestione del servizio idrici e distribuzione del metano) è stato ceduto a una nuova società, Egea Holding, controllata da Iren, nel cui Consiglio di amministrazione siedono anche il solito Feira e Giuliana Cirio, sorella del Presidente della Regione. Per ciò che attiene il dissesto finanziario di Egea, oggetto delle indagini della Procura di Asti, che hanno già portato a ingenti rettifiche di bilancio e la confisca di 3,6mln di euro a Carini, nessuna spiegazione: la crisi della società sarebbe dovuta al solo aumento del prezzo del gas e alla cattiva gestione dei crediti del bonus 110%.

Debiti e oneri vari pregressi restano così in capo a Egea S.p.A. che progressivamente verrà svuotata, evitando il fallimento e un curatore che metta il becco nei conti. I Comuni, che possedevano quote azionarie acquisite nel corso degli anni, rinunciano alle loro parti in azioni e accantonano somme per fare fronte ad eventuali debiti che la vecchia società fosse tenuta a liquidare. Ad esempio, la Città di Alba (5,18% delle quote di Egea S.p.A.) il 31 ottobre scorso è uscita dalla società, rinunciando alle sue azioni (valore 15 milioni di euro circa persi) e accantonando la bellezza di 2,3 milioni di euro per “garantire la piena operatività dell’esercizio 2025”, come ha spiegato il sindaco Alberto Gatto, fresco di elezione a capo di una coalizione di centrosinistra (Pd+civici) in perfetta armonia anche con il centrodestra che governava Alba in precedenza. Lo stesso per gli altri 90 e più comuni già soci.

La procedura di composizione negoziata prevedeva che Iren acquisisse il 50% delle quote azionarie nella “nuova” Egea Holding (per arrivare al 100% entro il 2028). Il rimanente 50% è andato a MidCo 2024 che rappresenta i creditori. Sono passati soli 6 mesi e Iren comunica che può anticipare l’integrazione azionaria con quattro anni di anticipo, grazie “al sacrificio di tutto il territorio”. Considerato che, secondo gli stessi cantori del successo odierno, meno di due anni prima Egea S.p.A. era un’azienda tecnicamente fallita, qualche perplessità si affaccia anche fra i meno scettici: qualcuno potrebbe aver fatto un affare. Chi?

Difficile dirlo con certezza, per questo conviene cominciare da chi certamente ci ha perso. Lo Stato in primis (tutti noi) ha perso circa 300 milioni di crediti fiscali. Gli obbligazionisti hanno recuperato meno del 30% dell’investimento, lo stesso i creditori. Gli azionisti neanche quello.

Una vittoria il mantenimento dell’occupazione: Egea S.p.A ha condotto l’operazione di trasformazione conservando le 200mila utenze, domestiche e industriali, e salvaguardando i circa 800 dipendenti. Vittoria anche per gli amministratori, consulenti e advisor, sindaci e garanti, che riescono a evitare possibili azioni di responsabilità nei loro confronti. Infatti, Egea ha deciso di affidare la procedura a professionisti “ereditati” dalla gestione precedente, Valotti e Feira. Non solo non vengono chiamati in causa, ma li ritroviamo nella nuova Egea Holding. Nel marzo scorso “l’esperto indipendente” per la composizione negoziata della crisi di Egea è stato nominato presidente di Intesa Vita (Banca Intesa era il maggior creditore). Le banche recuperano fra il 60% e 80% del capitale esposto, evitando soprattutto la revocatoria dei crediti già incassati. Un caso?

Egea Holding figura fra gli sponsor delle luminarie che allietano il centro cittadino di Alba. Agli albesi costano care: 15 milioni, 500 euro a testa.

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