Andrea Bonafede era solo una delle identità utilizzate da Matteo Messina Denaro per accedere al sistema sanitario nazionale. Non solo quella oncologiche ma anche quelle oculistiche. È questo l’ultimo tassello nelle indagini della Procura di Palermo, che dal giorno dell’arresto dell’ultimo grande latitante della storia di Cosa nostra sta cercando di ricostruire la rete di rapporti che hanno consentito al boss di rimanere inafferabile per quasi trent’anni. Un periodo durante il quale Messina Denaro ha avuto accesso alla Sanità pubblica, per cercare di curare il tumore al colon, scoperto nel 2020. Nei giorni scorsi il procuratore Maurizio De Lucia, l’aggiunto Paolo Guido e i sostituti Gianluca De Leo e Pierangelo Padova hanno individuato quelle che sono, probabilmente, le altre identità utilizzate dal boss per le cure.
Per questo gli agenti del Sisco si sono presentati agli Ospedali riuniti Villa Sofia-Cervello di Palermo per recuperare la documentazione sanitaria relativa ai ricoveri, agli accessi, alle prescrizioni mediche a nome di Bonafede e di altre 14 persone. Si tratta di Vito Accardo, Gaspare e Giuseppe Bono, Melchiorre Corseri, Vito Fazzuni, Giuseppe Gabriele, Giovanni Salvatore Giorgi, Giuseppe Indelicato, Simone Luppino, Giuseppe Mangiaracina e Alberto Andrea Santangelo. Sono tutti nati tra il ’59 e il ’73 a Campobello di Mazara, salvo Luppino, nato a Castelvetrano, e Santangelo, che risulta nato in Venezuela. Fino a prova contraria, ovviamente, i legittimi proprietari di queste identità ignoravano che il capomafia utilizzasse le loro generalità.
A insospettire gli inquirenti sono state due ricette firmate dall’oculista Antonino Pioppo, ex primario dell’ospedale Cervello, adesso primario del Civico. Due ricette rinvenute nel covo di Campobello di Mazara firmate dallo stesso professionista ma non a nome della stessa persona. Una era intestata a Bonafede, la seconda invece a nome di una delle identità utilizzate dal boss, secondo quanto ricostruito dai magistrati di Palermo.
Poco dopo la cattura di Messina Denaro le indagini della procura si erano concentrate in ambito medico. Proprio questo era stato, infatti, il filone che aveva permesso agli inquirenti di risalire alla visita oncologica del 16 gennaio del 2023, quando il boss fu arrestato alla clinica La Maddalena di Palermo. Meno di un mese dopo fu arrestato il medico di base Alfonso Tumbarello, adesso a processo a Marsala: era stato lui a firmare le richieste di ricovero e di intervento, oltre alle prescrizioni per le cure oncologiche. Dopo la prima operazione a Mazara del Vallo, il boss aveva seguito un precorso sanitario che lo aveva portato prima a Trapani e poi a Palermo. A dare la svolta decisiva alle indagini era stata il rinvenimento, il 6 dicembre del 2022, meno di un mese prima della cattura, di un pizzino in un tubolare di una sedia nella casa della sorella Rosalia Messina Denaro.

Quel giorno, i carabinieri del Ros entrarono nell’abitazione della donna e trovarono un foglio di carta in cui Rosalia aveva segnato il percorso sanitario del boss. Da quel momento le indagini si concentrarono sul database del Sistema sanitario nazionale per risalire a tutte le visite oncologiche fatte negli ultimi tempi in Sicilia. Le ricerche portarono a una visita oculistica, fatta pochi giorni prima del 16 gennaio, a nome di Bonafede, anche malato oncologico: questo fu il tassello finale per risalire all’ex stragista, dato che era noto come l’ex latitante soffrisse di una forte miopia.

Adesso una nuova svolta: le identità per le cure usate dal capomafia erano molte di più e i magistrati ora cercano l’accesso alle cartelle cliniche o a qualsiasi altra documentazione che permetta di ricostruire la tela di protezione che ha permesso al boss di curarsi indisturbato. La lente a questo punto è puntata su Pioppo. Il professionista, che risulta indagato, sentito dai magistrati nei mesi successivi all’arresto aveva detto di non conoscere l’identità del boss. La seconda ricetta firmata dal medico per uno dei nomi usati dal capomafia potrebbe adesso aggravare la sua posizione. La documentazione che i poliziotti del Sisco stanno recuperando in ospedale promette di far luce sulle cure e la tela di protezione di Messina Denaro. Di certo torna a fare discutere la lunga latitanza dell’ex primula rossa di Castelvetrano, a quasi 15 mesi dalla sua morte.
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