Migranti, von der Leyen salverà Meloni e i centri in Albania? Cosa prevede il Patto che entrerà in vigore nel 2026 e la Commissione Ue potrebbe anticipare
Nella consueta lettera alle cancellerie europee che precede il Consiglio, la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha annunciato la possibilità di anticipare l’entrata in vigore di una parte del nuovo Patto migrazione e asilo, quella che potrebbe sbloccare il Protocollo Italia-Albania dopo le decisioni dei giudici italiani. “Mentre il regolamento si applicherà […]
Nella consueta lettera alle cancellerie europee che precede il Consiglio, la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha annunciato la possibilità di anticipare l’entrata in vigore di una parte del nuovo Patto migrazione e asilo, quella che potrebbe sbloccare il Protocollo Italia-Albania dopo le decisioni dei giudici italiani. “Mentre il regolamento si applicherà a partire dal giugno 2026, stiamo valutando come anticipare l’applicazione di questi concetti”, ha scritto von der Leyen riferendosi ai concetti di Paese terzo sicuro e di Paese d’origine sicuro, quest’ultimo al centro delle sentenze della magistratura italiana che ha dichiarato incompatibile col diritto europeo la lista italiana dei Paesi “sicuri” messa a punto dal governo. Che l’anticipazione del Patto risolva ogni cosa, mettendo fuori gioco i giudici che, dice Giorgia Meloni, hanno scritto “sentenze ideologiche”?
L’Italia ha deciso di trasferire in Albania solo migranti provenienti da Paesi d’origine che considera sicuri. Presumendo che abbiano meno probabilità di ottenere protezione, le loro domande possono essere esaminate in modo sommario. Tuttavia, per alcuni di questi Paesi l’Italia ha escluso categorie di persone a rischio. A ottobre la Corte di giustizia Ue ha stabilito che un Paese sicuro deve esserlo per tutti, ma su quella sentenza governo e magistratura sono in disaccordo, tanto che un nuovo parere della Corte Ue è atteso a primavera. Diversamente dalla normativa vigente, la riforma su migrazione e asilo, il Patto Ue approvato quest’anno ma non ancora operativo, prevede esplicitamente la possibilità di designare un Paese “sicuro” escludendo aree di territorio o gruppi persone, come quelle Lgbtqi+, le minoranze etniche o gli oppositori politici, tra gli altri. Possibilità che consentirebbe all’Italia di trattenere e sottoporre alle procedure d’asilo accelerate anche egiziani e bangladesi, finora liberati e mandati in Italia proprio per il cortocircuito sulla designazione di Paese sicuro.
Detto, fatto? Von der Leyen dice “stiamo valutando”. L’attuazione del Patto comporta numerose modifiche, anche logistiche, per pensare di anticiparne l’intera applicazione. Quanto all’ipotesi di anticiparne una parte, quella relativa ai concetti di Paesi sicuri, il percorso comporta una proposta di legge della Commissione per modificare il precedente differimento al 2026, che va approvata da Consiglio e Parlamento. Trovato l’accordo, i tempi potrebbero essere brevi, anche pochi mesi, riuscendo forse ad anticipare la Corte Ue. Intanto, scrive von der Leyen, “abbiamo già chiesto all’Agenzia dell’Ue per l’asilo di accelerare la sua analisi dei Paesi terzi specifici che potrebbero potenzialmente essere designati come paesi di origine sicuri e paesi terzi sicuri, al fine di redigere elenchi Ue”. Quanto all’effettiva possibilità di rimpatriare le persone provenienti da Paesi come Egitto e Bangladesh, ad oggi limitata, l’Ue dovrà affrontare la revisione del concetto di Paese terzo sicuro, dal quale passa anche l’eventuale possibilità di creare hub in Stati extra Ue. L’intenzione c’è, come ha scritto von der Leyen, e del resto era stata prevista dal Pianto di attuazione del Patto. Inoltre, von der Leyen annuncia una proposta di riforma della direttiva rimpatri per marzo.
E i giudici? Consentendo la designazione “parziale” di Paese sicuro, l’eventuale anticipazione del Patto supererebbe lo stallo. Ristabilita la compatibilità tra il diritto Ue e la lista di Paesi stilata dal governo, le persone potranno essere trasferite in Albania. Ma il trattenimento andrà comunque convalidato e, già in quella sede, il giudice avrà l’obbligo di verificare l’attuale situazione del Paese d’origine e, d’ufficio, la legittimità della sua designazione come “sicuro”. Lo ha già stabilito la Corte di giustizia europea nella sentenza del 4 ottobre scorso e difficilmente potrà smentirsi nel pronunciamento atteso per la prossima primavera. Che le liste dei Paesi siano nazionali o stilate dall’Unione (il Patto ne prevede la coesistenza), il giudice avrà comunque l’obbligo di verificare che la procedura d’esame della domanda sia corretta e così il trattenimento del richiedente. A farlo non saranno più le sezioni specializzate dei tribunali, che tanti dispiaceri hanno dato a Meloni e soci, ma le Corti d’appello, incaricate dal governo con un decreto. Se, in linea di massima, non ci sarà altro da eccepire sulla legittimità delle procedure, le domande respinte potranno comunque essere impugnate, ma i tempi sono stati ulteriormente ristretti e non è detto che le persone rinchiuse in Albania facciano in tempo a mettere insieme il ricorso.