di Sara Gandini e Paolo Bartolini

Quanto è facile ancora adesso giudicare il comportamento dei cittadini – sempre narrati come incoscienti, egoisti, ignoranti – e quanto è faticoso invece giudicare con onestà intellettuale istituzioni e politici che appartengono alla propria area politica?

Un nostro recente post ha sollevato, dentro e fuori il blog de Il Fatto Quotidiano, un vivace confronto sulle multe ai non vaccinati e sul green pass. Abbiamo ricordato, alla luce di dati incontrovertibili (già presenti al tempo dell’istituzione del green pass), che l’adozione del lasciapassare verde – contrariamente a quanto affermato dai nostri decisori politici – non poteva bloccare le infezioni. Ricordiamo, inoltre, che l’obbligo vaccinale è arrivato quando la stragrande parte dei cittadini era già vaccinata e in epoca Omicron (che come sappiamo è una variante decisamente meno violenta rispetto alle precedenti).

Alcuni hanno giustificato l’impiego di misure siffatte, sostenendo che i benefici a “terzi” non erano riferibili alla presunta minore contagiosità dei vaccinati, ma alla prevenzione di casi gravi che portassero i “no vax” (appellativo generico utilizzato per squalificare in un colpo solo tutte le aree del dissenso) a occupare posti letto che scarseggiano nei nostri ospedali. Tale osservazione merita una risposta per punti, perché ne va del senso della nostra critica ragionata alla (mala)gestione pandemica:

1) Che si trattasse di preservare la capienza e l’operatività dei servizi pubblici e, di conseguenza, la vita di più persone possibili colpite da un virus sicuramente insidioso per una parte della popolazione, viene smentito ex ante ed ex post: sono i medesimi centri del potere neoliberale ad aver effettuato per anni quasi 35 miliardi di euro di tagli alla sanità pubblica italiana, e poi, nel dopo pandemia, ad aver distolto fondi vitali per la salute pubblica dirigendoli verso l’attuale (e odiosa) economia di guerra. Abbiamo quindi assistito a un circolo vizioso estremamente tossico: da un lato, certi gruppi di interesse agiscono da tempo per indebolire il servizio sanitario pubblico (in vista di una massiccia privatizzazione che è sotto gli occhi di tutti); dall’altro, si rimproverano i cittadini di essere irresponsabili accusandoli di “saturare le terapie intensive”.

2) Se la comunicazione istituzionale è confusa, aggressiva e si avvale di toni paternalistici patologizzando i renitenti alla leva (per restare al gergo bellicista di questi anni), come possiamo aspettarci collaborazione e un’adesione consapevole a certe strategie di fronteggiamento dell’emergenza?

3) L’accesso agli ospedali, che si mantengono funzionanti anche grazie alle nostre tasse, non può essere – per decreto d’urgenza o per legge – negato ai cittadini che non rispettano determinati stili di vita, come qualche esperto ha provato a sostenere. Se dovessimo seguire questa logica i governi si potrebbero sentire in diritto, per fronteggiare qualunque emergenza, di imporre alle persone anche assurdi aut-aut di stampo autoritario: “Se fumi, se bevi, se diventi obeso, non ti puoi permettere di portare via il posto in ospedale a qualcuno che si è comportato in modo giudizioso”. Sembra assurdo dover ricordare che la libera fruizione di questi servizi pubblici è garantita dalla Costituzione. Persino agli assassini sono garantite le cure.

Ai tre punti appena esposti dobbiamo aggiungere il paradosso insito nel trattamento riservato ai giovani. Essi correvano rischi estremamente bassi di malattia grave, e tuttavia è stato impedito loro di andare a scuola con il bus se non erano vaccinati, mentre gli universitari non hanno potuto seguire le lezioni, violando così il loro diritto allo studio.

Il motivo per il quale ci capita di tornare sull’argomento green pass e, in generale, sugli errori compiuti durante la pandemia, è molto chiaro: le élite neoliberali, qui e anche altrove, hanno sperimentato nel periodo 2020/2022 una specie di protocollo di intervento che temiamo sia quello da riproporre in caso di nuove (e non lontane) emergenze. Il binomio lockdown/vaccini hi-tech si è imposto come se, da solo, fosse la chiave di volta per uscire dalla crisi sanitaria. Come un attrattore gravitazionale, questo impianto ideologico trascura la necessità di investimenti per ridurre le diseguaglianze sociali (primo fattore di aumento dei decessi), non dando attenzione alle cure personalizzate, al diritto di critica e di messa in dubbio dell’agire di chi sta al potere e non ascolta i cittadini. Tutto ciò impedisce la presa in cura multidimensionale del disagio.

Cancellare le multe vuol dire riconoscere di avere fatto degli errori e il fatto che lo faccia un governo che noi non avremmo mai votato, non ci impedisce di riconoscere che si tratta di una mossa corretta. Speriamo arrivino anche le scuse da chi ha preso decisioni che hanno creato tanto disagio sociale, economico e psicologico soprattutto nei confronti dei più giovani.

Di questo e altro parleremo il 20 dicembre 2024 al convegno presso l’università di Pisa “Il governo della pandemia. Uno sguardo critico“, coordinato dal Prof. Paolo Barrucci.

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