Un’operazione complicata, per cui i soccorritori in campo o meglio in grotta sono stati tantissimi. “È stato un intervento molto complesso, è durato quattro giorni, e le persone coinvolte globalmente sono 130 persone. Avevamo sempre una squadra in grotta che lavorava sul ferito, in grotta ci sono i tecnici che si occupano della movimentazione della barella, squadre di 10-12 persone. Poi c’è sempre un medico e un infermiere sul paziente ferito e in questo caso dovevamo allargare dei passaggi stretti, nella parte vicino al punto in cui è successo l’incidente, e abbiamo coinvolto anche la disostruzione: sempre tecnici del Cnss formati nell’utilizzo di micro-cariche e altri dispositivi meccanici per aprire e allargare il passaggio della grotta”. Così i soccorritori del Soccorso alpino e speleologico in un punto stampa sull’operazione di salvataggio della speleologa Ottavia Piana, salvata dopo essere rimasta bloccata in una grotta nel bergamasco. I soccorritori sono arrivati da diverse regioni per portare a termine il salvataggio che nell’ultimo tratto è stato un po’ più veloce del previsto.
“Siamo sempre stati in contatto con il ferito, tramite un contatto telefonico – ha sottolineato uno dei rappresentanti del Soccorso alpino – in grotta le radio normali non funzionano, quindi come Cnss abbiamo sviluppato un sistema di comunicazione interno alla grotta e un sistema esterno che permette, dal campo base al punto dove si trova il ferito, un collegamento audio 24h su 24h e monitorare quindi lo stato del ferito. Una delle caratteristiche di questo intervento è stata la sinergia. Il Comune che ci ha supportato – hanno detto i soccorritori – con le sue strutture, grandissima disponibilità, la Protezione civile, gli abitanti veramente accoglienti”.
L’accelerazione nella risalita dalla grotta avvenuta nella tarda serata di ieri è perché “abbiamo fatto un pezzo di grotta che era conosciuto e non più ignoto come era prima, sicuramente più agevole e una tratta che avevamo già affrontato in passato e che quindi era stata attrezzata” ha spiegato Corrado Camerini, responsabile soccorso alpino e speleologico della Lombardia intervistato al campo base di Fonteno. “Non ultimo – aggiunge – il fatto che ci eravamo dedicati ad allargare e a smussare tutte le strettoie intanto che il recupero avveniva nella parte più interna”. Per quanto riguarda la gestione del salvataggio, “nella prima parte si è trattato di diagnosticare le lesioni e la parte emergenziale dell’incidente, man mano che si procedeva ci si è dovuti dedicare non solo a mantenere stabile Ottavia ma anche quello che si chiama ‘care’, cioè gli aspetti di alimentazione, toilette e bisogni di altro genere che sono legati alla lunga permanenza“.
“È un’operazione molto complessa perché richiede più giorni. In questo caso, rispetto a un intervento in montagna, dove si può intervenire con un elicottero o con una squadra che arriva con gli sci o a piedi, le tempistiche di un intervento in grotta sono completamente diverse rispetto a qualsiasi altro tipo di incidente – spiega Federico Catania, uno dei soccorritori del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico – Quando parliamo di incidenti in grotta, tutte le tempistiche standard vengono stravolte, perché percorrere i cunicoli delle grotte è un’attività che richiede tempi e modalità di esecuzione completamente differenti”.