Con la vittoria della Coppa Intercontinentale, Carletto è diventato il tecnico più vincente della storia del Real Madrid. Una leggenda vivente
Hala Carletto! Dopo il 3-0 del Real Madrid sui messicani del Pachuca nella finale della Coppa Intercontinentale, Ancelotti non è solo salito a quota 31 nella classifica dei trofei conquistati da allenatore – compreso l’Intertoto del 1999 -, ma è diventato il tecnico più vincente del club spagnolo, il più famoso e importante del mondo. […]
Hala Carletto! Dopo il 3-0 del Real Madrid sui messicani del Pachuca nella finale della Coppa Intercontinentale, Ancelotti non è solo salito a quota 31 nella classifica dei trofei conquistati da allenatore – compreso l’Intertoto del 1999 -, ma è diventato il tecnico più vincente del club spagnolo, il più famoso e importante del mondo. Ha superato un monumento della real casa come Munoz, raggiungendo la bella cifra di 15 trionfi con i Blancos, 5 dei quali in questo pirotecnico 2024: Supercoppa di Spagna, Liga, Champions, Supercoppa Uefa, Mondiale. Il tris al Pachuca, nello stadio Lusail di Doha, ha avuto le firme di Mbappé, Rodrygo – un capolavoro – e Vinicius su rigore: il trio d’attacco al completo.
Il bello è che, meno di un mese fa, complici il ritardo in campionato sul Barcellona in fuga e una classifica poco Real in Champions, si era vociferato di un Ancelotti a forte rischio di esonero. Si sa come vanno le cose con Florentino Perez, basta poco per mettere in discussione anche il coach più vincente della parabola madridista, ma Carlo ha mille vite. Si è fatto una ragione della catena impressionante di infortuni – su tutti, i lunghi stop di Carvajal e Militao, difesa da inventare – e ha ripreso a macinare risultati. Ancelotti è così: il suo aplomb bonario nasconde un carattere di ferro. Carlo è un signore di mondo che si porta in tasca sempre le origini contadine. Ogni giorno è un’altra storia, un’altra battaglia quotidiana, una nuova sfida, un guardare il cielo per capire se sarà sole o pioggia.
“Sono felice. Molto”. Come sempre non ha sprecato fiato per indicare i suoi sentimenti a fine match. Questo ritorno al Real ha assunto le dimensioni di un kolossal: 11 trofei dal maggio 2021, quando firmò il contratto bis che lo strappò alla pioggia di Liverpool e al blue dell’Everton, dove si era rifugiato dopo la delusione di Napoli. Il richiamo di Florentino colse tutti di sorpresa. Sembrava un azzardo: è stata la scelta più illuminata di un dirigente che ha riempito la sala dei trofei madridista. Ancelotti è un record che cammina: 5 Champions – primato assoluto -, unico coach ad aver vinto i cinque campionati europei top (Italia, Spagna, Germania, Inghilterra e Francia), più panchine in assoluto in Champions (207), maggior numero di trofei Uefa (11), maggior numero di successi in Champions (124).
La dimensione di Ancelotti si misura anche dall’attenzione enciclopedica nei suoi riguardi: su Wikipedia esistono 75 pagine dedicate a lui in altrettante lingue. Gli hanno riservato libri. E’ apparso in alcuni film. Ha ricevuto due lauree honoris causa. Possiede un paio di onorificenze italiane. Un cammino straordinario, di un ragazzo partito dalla campagna di Reggiolo e cresciuto all’ombra del papà Peppino, scomparso nel 2010, al quale Carlo era profondamente legato.
Il segreto di questa avventura leggendaria è proprio il legame padre-figlio. “Carlo cresceva forte, studiava e ci dava una mano nei campi, ma ogni tanto sentiva il bisogno di dedicarsi a quella passione. E io lo lasciavo fare. Ero malato di pallone, forse più di lui”, raccontò un giorno Giuseppe. Tutto cominciò nelle giovanili del Reggiolo, dove Carletto mostrò subito il suo talento e anche le doti di chi, pur correndo a tutto campo, sapeva ragionare. Il futuro allenatore nacque nei campi della bassa reggiana, tra nebbia e fiumi. La stagione della svolta il 1974-75, campionato Juniores. Poi il passaggio al Parma, la doppietta nello spareggio contro la Triestina nel 1979 che valse la promozione in B, il trasferimento alla Roma, gli otto anni nella capitale vissuti tra successi e due infortuni gravi, la cessione al Milan dove, invece di sfiorire, si tolse le maggiori soddisfazioni da calciatore. Nel 1992, l’inizio della carriera di coach. Trentadue anni dopo, eccolo qui, in cima al mondo. Parafrasando lo slogan madridista, Hala Carletto! Un pezzo di storia italiana, di cui essere orgogliosi. Un giorno, garantito, tutto questo sarà raccontato in un film.