Per aumentare gli stanziamenti destinati al ponte sullo Stretto che ossessiona Matteo Salvini la maggioranza pesca 1,5 miliardi dal Fondo di sviluppo e coesione già depauperato con una mossa simile alla fine dello scorso anno. Risorse che portano il totale previsto per la contestata opera a 13,6 miliardi circa (dagli 11,6 previsti dalla manovra per il 2024) per finanziare gli accordi finora raggiunti con tutti gli affidatari dei lavori per gli anni fino al 2032. L’emendamento a prima firma di Riccardo Molinari, capogruppo leghista alla Camera, si intitola Disposizioni finanziarie sulle infrastrutture di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed è stato approvato in commissione martedì notte. Il taglio a conti fatti è inferiore rispetto ai 3 miliardi inizialmente ipotizzati, ma fa salire sulle barricate le opposizioni e gli enti locali, destinatarie di gran parte della sforbiciata.
Meno soldi dallo Stato, più risorse prese dai fondi di coesione – La modifica cambia le poste previste “al fine di consentire l’approvazione da parte del Cipess, entro l’anno 2024, del progetto definitivo del collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria” e “nelle more dell’individuazione di fonti di finanziamento atte a ridurre l’onere a carico del bilancio dello Stato” (la speranza è quella che subentrino fondi privati). Vengono ridotti i soldi presi dal bilancio statale e aumenta il ricorso ai Fondi di Coesione. Finora erano previsti, oltre ai 370 milioni per l’aumento di capitale della società Stretto di Messina, 9,3 miliardi dal bilancio statale, 718 milioni dai fondi di coesione delle amministrazioni centrali e 1,6 miliardi da fondi di coesione di Sicilia (1,3 miliardi) e Calabria (300 milioni). Ora invece le risorse del bilancio statale scendono a 7,4 miliardi, tenendo conto anche delle opere accessorie, e lievitano a 6,2 miliardi quelle dei fondi di coesione.
Tagli alla manutenzione delle strade – A pagare, evidenzia Il Sole 24 Ore, sono soprattutto Province, Città metropolitane e regioni, che perdono “quasi 1,5 miliardi di fondi futuri per la manutenzione ordinaria e straordinaria delle strade“. Tagli che si aggiungono a quelli, per 3,2 miliardi, già previsti nel ddl di Bilancio nella versione originaria. In più i fondi per la mobilità sostenibile vengono ridotti di 114,8 milioni e il maxi fondo pluriennale per gli investimenti pubblici scende dai 24 miliardi previsti finora fra 2027 e 2036 a 18,486 miliardi.
Lo stesso emendamento prevede anche 1 miliardo in più per il nuovo collegamento ferroviario Torino-Lione, altrettanto per le opere ferroviarie legate al Pnrr (1,096 miliardi), 2,49 miliardi per Rfi (2,49 miliardi), 2 per l’Anas, 560 milioni per il rilancio del piano Casa Italia, 708 per la sicurezza delle infrastrutture idriche e 36 per la diga di Campolattaro.
Comuni e Province: “Grave e paradossale per un governo che dice di voler aumentare la sicurezza” – Allarmato Pasquale Gandolfi, presidente dell’Unione delle province d’Italia: “Non possiamo che sottolineare la gravità di questa decisione, che sottrae fondi destinati a garantire a tutti i cittadini il diritto ad una mobilità sicura, facendo fare al Paese un pericoloso passo indietro nel percorso di messa in sicurezza dei 120mila chilometri di strade provinciali. Un taglio che, tra l’altro, interverrebbe su risorse del 2029 che sono state già assegnate alle Province e alle Città Metropolitane. Troviamo del tutto incoerente che un Governo che in ogni occasione ripete quanto sia urgente restituire alle Province un ruolo e le risorse per le strade, decida in una notte di cancellare anni di investimenti”. Gli fa eco il sindaco di Bologna e coordinatore delle Città metropolitane Anci, Matteo Lepore: “Un taglio non solo grave ma anche paradossale, perché da un lato il governo sostiene di voler aumentare la sicurezza con un nuovo codice della strada, dall’altro taglia risorse per 1,5 miliardi di euro destinate proprio a mantenere sicure le strade, in questo caso quelle provinciali”.
Le proteste delle opposizioni – Daniele Manca, capogruppo Pd in commissione Bilancio a Palazzo Madama, attacca: “Spero sia uno scherzo. Le strade hanno sempre più bisogno di interventi per una buona manutenzione e per la sicurezza necessaria e le Province esercitano una delle funzioni assegnate dalle leggi vigenti. La maggioranza pensa veramente di realizzare un ponte per poi renderlo irraggiungibile per la carenza di infrastrutture provinciali e regionali? Se così è siamo di fronte ad una follia che dimostra che quando la propaganda prende il sopravvento non ci sono limiti alle assurdità. E l’atteggiamento della Lega, che un giorno ripropone la questione settentrionale e un altro insiste con la follia di Salvini sul Ponte, si commenta da solo”. Ida Carmina, componente M5S della Commissione bilancio della Camera, aggiunge: “Abbiamo perso giornate intere in Commissione bilancio non per dare risposte agli italiani, ma per aumentare l’indennità di una manciata di ministri non eletti in Parlamento, mettendo sul piatto 500mila euro. È stancante e ormai ipocrita la narrazione della coperta corta, perché la coperta è corta solo perché non c’è il coraggio di assumersi le proprie responsabilità politiche. Non si trovano i soldi per sostenere l’industria italiana ma si trovano per le armi, settore per il quale si prevede un record storico. Non si tassano gli extraprofitti bancari, non si tagliano i sussidi ambientalmente dannosi e, soprattutto, si prevede un ulteriore scippo al Sud. Si elimina Decontribuzione Sud, ripristinata soltanto in formato mini, e si razziano altre risorse al Fondo di sviluppo e coesione, usati come un bancomat, per destinarle al Ponte sullo Stretto di Messina”.