Il terzo settore è deluso. Il governo non ha mantenuto le promesse: la legge di Bilancio non aumenta il tetto al 5×1000, non rifinanzia il Fondo per il contrasto alla povertà educativa, riduce le detrazioni a chi ha redditi sopra i 75mila euro colpendo anche le donazioni al sociale e – pur non prevedendo più l’ingresso di revisori del Mef negli organi di controllo degli enti che ricevono contributi pubblici – limita le spese effettuabili. “È insoddisfacente sotto diversi punti di vista”, scrive in una nota Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum Terzo Settore. “Rimane, in particolare, la nostra forte preoccupazione rispetto all’(ex) articolo 112: se è vero che non sono più previsti i revisori del Mef negli organi di controllo degli enti che ricevono contributi pubblici, nessuna modifica è intervenuta sulle limitazioni alle spese effettuate dagli stessi enti. Questa norma verrebbe applicata anche al non profit ed è del tutto inaccettabile, oltre che incomprensibile”.
La riformulazione di quella norma recita che gli organi di controllo, in caso di contributi pubblici di entità significativa, dovranno “effettuare apposite attività di verifica intese ad accertare che l’utilizzo dei contributi sia avvenuto nel rispetto delle finalità per i quali i medesimi sono stati concessi” e inviare ogni anno al Ministero dell’economia una relazione con le risultanze delle verifiche. Ma non solo: dal 2025 gli stessi enti “non possono effettuare spese per l’acquisto di beni e servizi per un importo superiore al valore medio sostenuto per le medesime finalità negli esercizi finanziari 2021, 2022 e 2023, come risultante dai relativi rendiconti o bilanci deliberati”.
“Le spese realizzate dal Terzo settore – attacca Pallucchi – sono investimenti in attività sociali che producono coesione e offrono servizi alle persone, soprattutto le più fragili, anche laddove manca lo Stato: parliamo ad esempio di ambulanze, strumenti didattici, attrezzature sportive. Imporre un tetto a questi investimenti, di fatto ferisce e indebolisce tutto il Paese e frena lo sviluppo di un’economia sociale. Chiediamo che si ripari all’errore: c’è ancora margine per farlo”.
In più “molte misure che riteniamo fondamentali non sono state inserite in manovra, a partire dall’aumento del tetto al 5 mille, doveroso per rispettare la volontà dei contribuenti e su cui lo stesso Governo si era speso nelle scorse settimane, e dal rifinanziamento del Fondo per il contrasto alla povertà educativa: è molto grave, a nostro avviso, che non si voglia investire in uno strumento così importante per contrastare e prevenire quel disagio giovanile che è una vera e propria emergenza nazionale. Anche le donazioni al Terzo settore, infine, sono state travolte dal taglio alle detrazioni fiscali: un’altra penalizzazione incomprensibile, in una Manovra che sembra dimenticare i soggetti della solidarietà. Poche le eccezioni positive nel testo, tra cui l’aumento delle risorse per il Servizio Civile Universale“.
L’Arci a sua volta critica la decisione di non inserire in manovra la soluzione avanzata a luglio scorso da parte del Forum del Terzo Settore e presentata ufficialmente ai vice ministri Leo e Bellucci per evitare l’entrata in vigore del regime Iva per gli enti non commerciali. Il governo nel decreto Milleproroghe ha disposto un nuovo slittamento – al 2026 – ma secondo l’Arci “nonostante le rassicurazioni e gli annunci ufficiali del Governo, rappresentati dai comunicati stampa del Consiglio dei ministri e dei vice Ministri Leo e Bellucci, si è deciso di ignorare le soluzioni avanzate dal Forum del Terzo Settore” per superare il nodo della procedura di infrazione europea.