Wembanyama è esploso contro Atlanta
Se non è già a tutti gli effetti il miglior difensore della NBA, poco ci manca. Il francese non stoppa semplicemente i tiri, in pratica gioca a pallavolo. Non si vedeva un intimidatore di questa caratura dai tempi del compianto Dikembe Mutombo, di Alonzo Morning, di Hakeem Olajuwon. Gente che faceva letteralmente tremare gli avversari al sol pensiero di mettere un alluce in area. Wembanyama sta stoppando 3,5 tiri a partita e rappresenta uno spauracchio sia in marcatura sul proprio uomo che in aiuto dal lato debole. Ha verticalità, tempismo, flessibilità, e capisce come spostarsi dentro la lunetta. Nella vittoria ai supplementari contro gli Hawks, il centro degli Spurs è letteralmente esploso da ogni parte del campo. Per lui, 42 punti con 7 su 15 da fuori. Si è esibito in una fantascientifica schiacciata “remix” (quella di Tracy McGrady in un All Star Game, per intenderci), lanciando la palla sul tabellone per smarcarsi e inchiodando al ferro dopo il rimbalzo. Ma per lui, una cosa del genere è normale, non fatevi spaventare dalle banalità. A fare la differenza sono invece i passaggi in alley-oop che lancia ai compagni dalla corsia centrale (uno particolarmente bello per Jeremy Sochan), dopo aver dribblato in palleggio l’avversario. O la capacità di servire il taglio dei compagni anche a difesa schierata, perché dimostra di essere un giocatore che può anche creare ritmo e non solamente “assorbirlo”. Ma sono tutte rose e fiori? No, per niente. Diverse cose, per Wemby, sono ancora da aggiustare. Come la tendenza ad accontentarsi troppo spesso della conclusione da fuori (sta tirando quasi 9 volte a partita da oltre l’arco contro le 5,5 dello scorso anno). Con una percentuale, tra l’altro, che per un lungo non è male, ma che non delinea i contorni di un tiratore scelto (33%). Anche il fatto che rispetto allo scorso anno, la stella di San Antonio tiri meno liberi (3,9 vs 5,2) non è proprio un aspetto illuminante, perché impatta negativamente sul numero di falli caricati sulle difese avversarie. San Antonio? Sono undicesimi a Ovest, sopra il 50% di vittorie, ma al momento fuori dai playoff. Vedremo.

Nella NBA si tira troppo da tre?
In settimana, si è discusso molto circa le dichiarazioni di Adam Silver, commissioner della NBA. Dai dati risulta che non si è mai tirato da tre come in questa stagione, dopo il picco del 2021-22. I fan si lamentano per un continuo tiro al bersaglio. Silver ha ribadito che a suo parere la vera questione non è il volume di tiri tentanti e che, per ridurlo, non allontaneranno la linea da tre. Ora, il tema è molto complesso e andrebbe approfondito maggiormente. Tuttavia, si può accennare qualche riflessione preliminare. Il gioco si è evoluto, è un dato di fatto. Quello che prima era un long-2 (un tiro da lontano, ma dentro la linea dei tre punti) è diventato un tiro da fuori. Il problema non è il tiro da tre in valore assoluto. Bisogna valutare in che situazione viene preso quel tiro da tre. Per essere un buon tiro, a vantaggio dello spettacolo, devono verificarsi alcune condizioni, tra cui il fatto che deve essere in ritmo, devono esserci le giuste spaziature, deve essere scoccato da un decente tiratore. Se Buddy Hield viene servito sul perimetro nel flusso di gioco, ha il giusto spazio, deve tirare cento volte su cento. È un buon tiro. I Celtics abusano troppo del tiro da tre? Tirano tanto, è vero, è il sistema di gioco imposto da coach Mazzulla. Ma Boston esegue, costruisce bene, crea spesso buoni tiri e ha i tiratori giusti per colpire. È meno spettacolare, semmai, quando alle tante conclusioni da fuori, si aggiungono anche quelle di gente come Valanciunas che si intestardisce troppo da tre per seguire un trend o si chiede a Nic Claxton di tirare da fuori perché ha un metro di vantaggio sul marcatore diretto. Perché comunque non è funzionale ad aprire veramente il campo, i difensori si staccano e concedono il tiro. È molto meno bello da vedere. Tutto qui.

L’eccellente stagione di Franz Wagner
Al momento è infortunato, ma il tedesco stava praticamente giocando da All Star. Era diventato la prima opzione offensiva di Orlando, complice anche l’assenza di Paolo Banchero. Per lui, quasi 25 punti a partita con responsabilità anche nella creazione di gioco. Trattasi di ala-piccola di 2.08, forse non tanto spettacolare, ma in grado di essere sempre molto concreto. Non un tiratore puro (32% da tre), Wagner dà il suo meglio nelle situazioni di uno contro uno, entrando in area e usando il perno per sbilanciare il difensore. Inoltre, è uno specialista nell’andare al ferro, sopportando (e superando) anche molteplici contatti dentro l’area contro gente più alta e grossa. Ha fisico molto solido. Ed è un duro. Sa segnare in traffico. Buona visione di gioco per il ruolo (5,7 assist di media), il giocatore di Orlando forse difetta un po’ nel trattamento della palla per poter fare un ulteriore salto di qualità in termini di protagonismo. Si integra bene con Banchero e c’è da giurare che, salvo cambiamenti di casacca, i due possano rappresentare l’asse portante dei Magic nel corso dei prossimi anni.

That’s all Folks!

Alla prossima settimana e Buon Natale.

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