Dal 1 al 20 agosto 2019 – 19 giorni in tutto – 147 persone furono tenute sulla nave della ong spagnola Open Arms perché l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini firmò un “divieto di ingresso, transito e sosta nel mare territoriale nazionale” per i “rischi di ingresso sul territorio nazionale di soggetti coinvolti in attività terroristiche o comunque pericolosi per l’ordine e la sicurezza pubblica. Decreto controfirmato dagli allora ministri della Difesa e delle Infrastrutture e dei Trasporti, Elisabetta Trenta e Danilo Toninelli. Il Tar, il 14 agosto, sospese quell’atto evidenziando il pericolo per i migranti che necessitavano di “immediata assistenza“, sottolineando che lo stesso Viminale aveva riconosciuto che l’imbarcazione era in distress, cioè in situazione di evidente difficoltà”. Ma il leader leghista disse che non sarebbe tornato indietro. Il confronto politico che ne seguì – i ministri in disaccordo, la lettera di Conte – e la “liberazione” con l’arrivo a Lampedusa dei migranti sono il punto di partenza dell’inchiesta che ha portato l’attuale vice premier del governo Meloni a essere imputato sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio e rischiare una condanna.

COSA DICE L’ACCUSA – Per la procura di Palermo, che ha chiesto 6 anni di reclusione, Salvini era obbligato a far sbarcare i migranti. Per i pm almeno dal 14 agosto, cioè dalla decisione del Tribunale amministrativo regionale a cui si era rivolta l’ong spagnola, l’attuale ministro dei Trasporti aveva l’obbligo di fornire il porto sicuro e il diniego avvenne in totale spregio delle regole“. Quel giorno Salvini disse: “C’è un disegno per tornare indietro ed aprire i porti italiani, per trasformare il nostro paese nel campo profughi d’Europa. Ma io non torno indietro. Ditemi se non è un paese strano quello dove una nave spagnola in acque maltesi si rivolge ad un avvocato di un tribunale amministrativo per chiedere di sbarcare in Italia. Nelle prossime ore firmerò il mio no perché complice dei trafficanti non voglio essere”. La svolta arrivò con l’inchiesta della Procura di Agrigento e il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio che sale a bordo per un’ispezione sulla nave con uno staff di medici e operatori della Capitaneria. Le condizioni delle persone a bordo determinano il sequestro della nave e lo sbarco dei migranti.

Durante la requisitoria gli inquirenti siciliani – la procuratrice aggiunta Marzia Sabella e i pm Calogero Ferrara e Giorgia Righi – hanno spiegato che “è pacifico che qui di atto politico non c’è nulla. Sono stati compiuti atti amministrativi, il rilascio di un Pos (“Place of safety“, in gergo tecnico, ovvero il luogo sicuro in cui viene fatto sbarcare chi viene soccorso in mare, ndr) è un atto amministrativo, gli atti politici sono caratterizzati da requisiti ben precisi. La persona in mare è da salvare ed è irrilevante la sua classificazione: migrante, componente di un equipaggio, passeggero. Per il diritto internazionale della convenzione Sar (“Search and rescue“, in italiano “ricerca e salvataggio”, ndr) anche un trafficante di essere umani o un terrorista va salvato poi se è il caso la giustizia fa il suo corso“.

In questo contesto “è solo la terraferma a essere un Pos, il posto più sicuro”. Salvini, secondo la procura, quindi agì “nell’intenzionale e consapevole spregio delle regole”, negando l’indicazione del porto sicuro: “Diniego consapevole e volontario che ha leso la libertà di persone per nessuna ragione apprezzabile”. La richiesta di condanna che “ci accingiamo a chiedere è a nome di ognuna delle persone a bordo di Open Arms e per difendere i confini del diritto”.

Secondo la Procura, invece, sulla responsabilità personale del vice premier non ci sono dubbi anche in relazione agli altri ministri: “Quando Salvini diventa ministro dell’Interno le decisioni sulla gestione degli sbarchi e del rilascio dei pos vengono spostate dal Dipartimento libertà civili e immigrazione all’ufficio di gabinetto del ministro e in particolare è il ministro a decidere. Questo è l’elemento chiave. Ce lo confermano gli ex ministri Trenta, Di Maio, Lamorgese, l’ex premier Conte, persino il ministro Piantedosi, seppur cercando di annacquare l’obbligo, che la responsabilità di emettere il Place of Safety era del ministro Salvini – sostiene -. Lo stesso Salvini lo ammette quando dice che avrebbe firmato il pos se non fosse intervenuta la sentenza del Tar”.

COSA DICE LA DIFESA – Nessun sequestro per la difesa sostenuta dalla senatrice leghista e avvocata Giulia Bongiorno. Secondo la legale i migranti potevano scendere in qualsiasi momento e il Tar non aveva annullamento il provvedimento. “Nella decisione del Tar non c’era alcuna sospensione o annullamento del divieto di ingresso della Open Arms, i giudici si limitano a consentire l’ingresso nelle nostre acque per garantire assistenza alle persone soccorse più bisognose. Il Tar non parlava di annullamento, diceva solo che, in attesa di discutere, si doveva dare assistenza”. In riferimento a Giuseppe Conte, allora premier, l’avvocata sostiene che “la lettera che Conte scrive al Corriere della Sera nel 2019, in piena crisi di governo e col caso Open Arms aperto, non è un modo per mollare Salvini. Conte, infatti, esclude categoricamente che la sua volontà fosse di far sbarcare i migranti e distingue quel che vuole per i minori da quel che vuole per gli altri. E fa capire di non aver mai detto che i migranti potevano scendere”.

Ma se per la procura i migranti – molti dei quali in condizioni delicate – andavano fatti scendere un minuto dopo la richiesta, per la difesa: “Le esigenze di salute sono certamente primarie, ma qui si deve parlare anche dell’interesse dello Stato. Non è che la parola confini, per il cui uso Salvini è stato deriso, se l’è inventata lui. Esiste. L’accusa secondo me fa l’errore di fondo di considerare solo gli interessi dei migranti e di ritenere l’interesse pubblico estraneo al procedimento di accoglienza”. Bongiorno ha sottolineato che “la Open Arms era alla fonda e non in pericolo perché l’equipaggio e i migranti erano in condizioni di essere ridossati (mettersi al riparo, ndr) e avevano inoltre piena e continua assistenza sanitaria. Sulla nave c’era un via vai di medici e psicologi e ai migranti fu perfino consentito di andare a fare compere. E comunque tutto ciò che riguarda le condizioni a bordo, sarebbe oggi di competenza di Salvini visto che è ministro dei Trasporti. Ma all’epoca Salvini era al Viminale e l’Interno non c’entrava nulla”.

Bongiorno, che esclude che a bordo ci fossero problemi igienici o un’emergenza sanitaria (ma i pm saliti a bordo parlarono di una “situazione esplosiva”), ha poi precisato che non si può sostenere che un posto sicuro, un place of safety, per essere tale debba avere requisiti ulteriori a quelli previsti dalle normative che sono la possibilità di offrire “cibo, riparo e cure mediche. È un pos temporaneo non servono altri requisiti altrimenti non si può definire temporaneo”. “Tra i migranti della Open Arms non ci fu nessun tentativo di suicidio. Uno non si suicida buttandosi da due metri col salvagente. Piuttosto, trovandosi a pochi metri dalla costa, e con la sicurezza di essere soccorso dalle motovedette, tentavano di raggiungere la costa specie dopo essere stati costretti a bighellonare in mare dalla ong per giorni“.

Nell’arringa la legale – che ha chiesto l’assoluzione perché il fatto non sussiste -ha ricordato che “in sole due ore ben 9 persone vennero fatte scendere dalla Open Arms sostenendo di vivere condizioni di stress o di essere incompatibili con altri migranti, senza bisogno di attestare problemi di salute. E questo perché la Guardia Costiera italiana aveva aperto un canale perché voleva aiutare i profughi e chiunque non si adattasse alla vita sulla nave, indipendentemente da problemi di salute. Cioè se dicevi ‘non mi adatto alla vita a bordo’ potevi scendere. Allora mi chiedo: che sequestro di persona è se uno può sbarcare facendo semplicemente presente che non si adatta alla vita della nave? O se dichiarando di avere problemi di insonnia e stress esce senza alcun controllo. Cioè se Open nota che basta fare queste dichiarazioni per far scendere 9 persone in due ore, perché non sbarca tutti? Perché non vivevano condizioni di disagio? E allora o stavano bene o Open poteva tranquillamente farli scendere il 16 agosto. A un certo punto sarebbe bastato solo mandare una email coi moduli già compilati sulle condizioni a bordo per farli scendere. L’Italia si è messa in ginocchio. E tu sequestrato davanti al carceriere che ti chiede un’email che fai? Volti le spalle?”.

Per la difesa “Open Arms ha avuto innumerevoli possibilità di fare sbarcare i migranti soccorsi, ma ha opposto innumerevoli rifiuti e dall’1 al 14 agosto del 2019 ha scelto di bighellonare anziché andare nel suo Stato di bandiera, la Spagna. Il 10 agosto Open Arms sì rifiutò di far sbarcare a Malta i migranti. Depositerò una memoria per documentare che dal 15 al 20 agosto Open Arms aveva tantissime soluzioni e non solo quelle note e che c’era comunque sempre la porta lasciata aperta della guardia costiera. I confini, contrariamente a quanto si pensa, non sono strumenti di discriminazioni ma uno scudo della pace. Se non ci fossero regnerebbe il caos”.

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