Il caso che riguarda l'ex attaccante bianconero sarà ripercorso in un docufilm
“Questa storia non solo mi ha tolto 17 anni di vita, ma ha anche sconvolto l’adolescenza di mio figlio“. Queste le prime parole dell’ex attaccante della Juventus campione d’Europa nel 1996 Michele Padovano, intervistato dalla Gazzetta dello Sport all’uscita dal Cinema Massimo, in centro a Torino, dopo la prima di “Michele Padovano – Innocente – 17 anni senza libertà”. Il documentario prodotto da Sky (in uscita a gennaio 2025) racconterà dell’incredibile vicenda processuale che lo ha visto protagonista. Dall’arresto del 2006 con l’accusa di essere il finanziatore di un traffico internazionale di stupefacenti alle lunghissime giornate in carcere, dalle condanne nei primi due gradi di giudizio al ricorso in Cassazione fino all’assoluzione definitiva del 31 gennaio 2023 presso la Corte d’Appello di Torino. Il tutto nacque dal prestito di 35 mila euro all’amico di infanzia Luca Mosole, considerato a capo dell’associazione a delinquere.
“I dieci giorni di isolamento nel carcere di Cuneo sono stati il momento più duro. – ammette l’ex calciatore – Sembrano pochi dieci giorni ma, quando li trascorri chiuso in una stanza con solo una finestrella dalla quale ti passano i pasti, vi posso assicurare che sembrano infiniti. Dieci giorni fuori dal mondo, senza capire il perché visto che non avevo fatto proprio nulla”. Nonostante le mazzate ricevute dai primi due gradi di giudizio, l’ex Juve non ha mai pensato di mollare: “Sapevo di non aver commesso nulla e mi ripetevo: dovessi anche metterci tutta la vita, mi difenderò fino alla fine per dimostrare la mia innocenza. Sono stato un attaccante da giocatore, ma come dicono gli avvocati: in questa triste storia mi sono rivelato il miglior difensore di me stesso”. Questo gli è costato tutto ciò che aveva, praticamente ogni tipo di bene: “Ho venduto la casa in montagna, due appartamenti a Torino, orologi lussuosi, oro. Non mi era rimasto più nulla, ma non potevo fare diversamente. Ho giocato in Serie A, nella Juve e nel Napoli, ma la vita costa e quando non hai entrate ti trovi costretto anche a dover chiedere aiuto agli amici”.
Infine, sull’importanza delle telefonate che gli faceva Gianluca Vialli: “Era il mio modello e idolo, poi ho avuto la fortuna di giocare e vincere con lui nella Juventus. Mi dispiace che non abbia fatto in tempo a gustarsi la mia assoluzione, ma sono sicuro che avrà esultato in cielo. Penso tutti i giorni a Gianluca e lo avverto vicino a me, come l’altro mio grande amico: Berga. Ho chiamato mio figlio Denis in onore di Bergamini, mio compagno a Cosenza”.