La confessione di Paolo Cognetti continua oggi sulle pagine del Corriere della Sera. L’autore di Le otto montagne, che aveva rivelato a Repubblica in un’intervista di essere caduto in depressione, è tornato su alcuni dettagli di questo lungo e tragico travaglio psicologico
“Restavo nella mia baita a guardare il soffitto, qualcuno provava a trascinarmi fuori, ma non mi importava più di niente, non c’era più amore né per mia madre e mio padre che erano lì ad accudirmi, né per il mio cane Lucky: il mio cuore era inaridito”. La confessione di Paolo Cognetti continua oggi sulle pagine del Corriere della Sera. L’autore di Le otto montagne, che aveva rivelato a Repubblica in un’intervista di essere caduto in depressione e di avere subito un TSO (trattamento sanitario obbligatorio) con un ricovero di due settimane al Fatebenefratelli di Milano, è tornato su alcuni dettagli di questo lungo e tragico travaglio psicologico. Cognetti spiega ad esempio che i pensieri di suicidio “erano all’ordine del giorno: la corda ce l’ho, la trave ce l’ho, devo capire come salire sulla sedia”, tanto quanto l’alcolismo (“ho vissuto da alcolista duro e puro: dal caffè corretto alle 8 di mattina all’ultimo whisky all’1 di notte, passavo tutto il giorno a bere, finché mi sono sbattuto fuori casa da solo”).
Anche se il tradimento dell’amata montagna (“sono diventato il nemico: a Brusson, dove ho la baita, un bel po’ di gente si gira dall’altra parte quando passo”) dopo l’ultimo libro – Giù nella valle (Einaudi) sembra essere la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Cognetti viene descritto dal corrispondente del Corriere come dimagrito, senza barba e con i capelli tinti di un rosso tiziano. “Non avevo mai sofferto prima di depressione. Periodi di grande tristezza, di noia esistenziale sì, ma niente di simile a quello che è successo dopo”, ha continuato lo scrittore.
“Per qualche mese ho smesso di bere, ma poi mi sono detto: se sto così male, anche se ricomincio non potrà andare peggio, giusto? Ho ripreso e mi sono sentito meglio, ho recuperato energia e allegria, ma per il mio psichiatra stavo solo entrando in una nuova fase maniacale”. Cognetti spiega che nella sindrome bipolare c’è la fase depressiva (“che fa schifo”) e la fase maniacale (“dove hai mille idee al secondo, scriveresti dieci libri, e io ci sono ancora dentro”). Poi ha provato a fare chiarezza sull’origine del TSO che rimane comunque un atto di estrema violenza contro la volontà di una persona: “Ho detto allo psichiatra che non era urgente vederci, ho saltato una visita e mi sono trovato la polizia e l’ambulanza sotto casa. In ospedale non ho firmato l‘accettazione delle cure ed è scattato il Tso. Ho passato due settimane in un regime che potrei definire carcerario”. Cognetti, infine, sembra come citare un altro TSO riferito a “gennaio” scorso (2024?) quando sarebbe stata la sua compagna ad insistere per andare in pronto soccorso: “ tu stai delirando, diceva. Quando ho provato ad andarmene dall’ospedale mi hanno circondato in sette: ho fatto una denuncia per quell’episodio”.