Il diritto negato di poter scegliere individualmente di non essere curato per una malattia grave e debilitante, avviandosi così verso la morte, ha portato alla condanna civile dell’Azienda Sanitaria universitaria Giuliano Isontina di Trieste (Asugi). La struttura sanitaria dovrà rimborsare i figli di un anziano pagando 25mila euro, oltre alla metà delle spese legali, per altri 12mila euro, per aver “inciso in termini di profonda sofferenza emotiva”, causando all’uomo “un senso di impotenza e di frustrazione”, con una “lesione della dignità della persona” e per aver contrastato “il senso personalissimo che egli aveva della vita, della sofferenza e di come non avrebbe voluto continuare a vivere”.
Il 17 dicembre 2018 un meccanico di 84 anni, Claudio de’ Manzano, era stato ricoverato nel reparto di neurologia dell’ospedale di Cattinara perché colpito da ischemia cerebrale che lo aveva paralizzato e reso incosciente. Dopo un paio di settimane la figlia Giovanna Augusta (di professione avvocato), d’accordo con la madre e il fratello, si era fatta nominare amministratore di sostegno.
Il giudice tutelare l’aveva autorizzata ad “assumere tutte le decisioni in ordine alle terapie ed eventuale sospensione delle stesse così come previste dalla legge sul biotestamento nr. 219 del 2017”. Era cominciato un braccio di ferro con la struttura medica che aveva continuato con le terapie e solo il 30 gennaio 2019 aveva autorizzato le autodimissioni, con trasferimento in una clinica privata, dove era stata interrotta l’alimentazione. L’uomo era deceduto il 18 febbraio.
Giovanna de’ Manzano e i familiari hanno fatto causa ad Asugi, sostenendo che fosse stato leso il diritto all’autodeterminazione stabilito dalla legge che regola le disposizioni del fine vita. “Mio padre voleva morire e l’ospedale non glielo ha consentito” è scritto nel ricorso giudiziario. “Il paziente ha diritto a rifiutare le cure e se non è in grado di esprimere direttamente le proprie volontà e non ha fatto un testamento biologico, l’amministratore di sostegno può sostenere le stesse ragioni”. È questa la tesi fatta propria dal giudice del Tribunale di Trieste che ha ricostruito l’iter di una vicenda dolorosa e drammatica.
Secondo i familiari, de’ Manzano aveva tentato di strapparsi le flebo mentre era ricoverato e aveva manifestato in molti modi, quando era ancora in salute, il rifiuto di trattamenti terapeutici in caso di grave invalidità. La figlia durante il ricovero al Cattinara aveva espresso la volontà di rinunciare alle terapie. I medici avevano risposto che il paziente era in condizioni che non prevedevano il decesso in tempi rapidi, a meno di complicazioni. Sulla base di queste indicazioni, il giudice tutelare aveva inizialmente espresso parere contrario alla sospensione di cure, Solo il 28 gennaio 2019 aveva autorizzato il trasferimento in un’altra struttura sanitaria, dopo aver sentito le parti.
Il Tribunale stabilisce ora che dovesse essere applicata la legge del 2017, ribadendo che il medico deve prospettare le indicazioni di cura più adeguate e le conseguenze in caso di rinuncia ai trattamenti sanitari. “Il medico, di fronte al rifiuto o alla revoca del consenso al trattamento sanitario da lui indicato, deve adoperarsi per alleviare le sofferenze, garantendo una appropriata terapia del dolore e l’erogazione delle cure palliative” ha scritto citando la sentenza della Cassazione sul caso Englaro. “La prosecuzione della vita non può essere imposta a nessun malato, mediante trattamenti artificiali, quando il malato stesso liberamente decida di rifiutarli, nemmeno quando versi in stato di assoluta incapacità”.
Il giudice aggiunge: “Inosservanze e irregolarità – forse complici la concitata successione di richieste, rifiuti, repliche e risposte, la preoccupazione dei familiari e il disorientamento dei sanitari, in un contesto comunque di decisioni delicate e difficili – hanno portato a tradire l’istanza principale del paziente. Ed è questo sufficiente a integrare la responsabilità dell’Azienda”. I medici avrebbero dovuto riferire al giudice tutelare le ragioni espresse dalla figlia, secondo cui “il padre non avrebbe assolutamente voluto vivere in quelle condizioni di emiparesi, con catetere, idratazione e alimentazione artificiali”. Infine, “anomalo e in violazione di legge si presenta il rifiuto del trasferimento e il rifiuto a dimettere il paziente”. Fissando i 25mila euro di danno, il giudice ha optato per “i limiti massimi del livello di grave entità” indicati nelle tabelle redatte dal Tribunale di Milano.
L’avvocatessa Giovanna de Manzano ha commentato: “Ho intrapreso questo percorso giudiziario, assieme al mio difensore avvocato Silvia Piemontesi, non solo per rendere giustizia alla chiarissima volontà di mio padre, che è stata violata, ma anche per contribuire a cambiare la cultura intorno al tema del fine vita. È un modo per rendere giustizia a tutti coloro che quotidianamente non vengono rispettati nelle loro ultime volontà sanitarie. La decisione è un importante precedente giudiziario sul diritto all’autodeterminazione”.
Diritti
Struttura di Trieste nega ad un anziano il diritto alla sospensione delle cure. Disposto risarcimento di 25mila euro
L'Azienda Sanitaria universitaria Giuliano Isontina di Trieste (Asugi) dovrà rimborsare i figli di un anziano pagando 25mila euro, oltre alla metà delle spese legali, per altri 12mila euro, per aver “inciso in termini di profonda sofferenza emotiva”
Il diritto negato di poter scegliere individualmente di non essere curato per una malattia grave e debilitante, avviandosi così verso la morte, ha portato alla condanna civile dell’Azienda Sanitaria universitaria Giuliano Isontina di Trieste (Asugi). La struttura sanitaria dovrà rimborsare i figli di un anziano pagando 25mila euro, oltre alla metà delle spese legali, per altri 12mila euro, per aver “inciso in termini di profonda sofferenza emotiva”, causando all’uomo “un senso di impotenza e di frustrazione”, con una “lesione della dignità della persona” e per aver contrastato “il senso personalissimo che egli aveva della vita, della sofferenza e di come non avrebbe voluto continuare a vivere”.
Il 17 dicembre 2018 un meccanico di 84 anni, Claudio de’ Manzano, era stato ricoverato nel reparto di neurologia dell’ospedale di Cattinara perché colpito da ischemia cerebrale che lo aveva paralizzato e reso incosciente. Dopo un paio di settimane la figlia Giovanna Augusta (di professione avvocato), d’accordo con la madre e il fratello, si era fatta nominare amministratore di sostegno.
Il giudice tutelare l’aveva autorizzata ad “assumere tutte le decisioni in ordine alle terapie ed eventuale sospensione delle stesse così come previste dalla legge sul biotestamento nr. 219 del 2017”. Era cominciato un braccio di ferro con la struttura medica che aveva continuato con le terapie e solo il 30 gennaio 2019 aveva autorizzato le autodimissioni, con trasferimento in una clinica privata, dove era stata interrotta l’alimentazione. L’uomo era deceduto il 18 febbraio.
Giovanna de’ Manzano e i familiari hanno fatto causa ad Asugi, sostenendo che fosse stato leso il diritto all’autodeterminazione stabilito dalla legge che regola le disposizioni del fine vita. “Mio padre voleva morire e l’ospedale non glielo ha consentito” è scritto nel ricorso giudiziario. “Il paziente ha diritto a rifiutare le cure e se non è in grado di esprimere direttamente le proprie volontà e non ha fatto un testamento biologico, l’amministratore di sostegno può sostenere le stesse ragioni”. È questa la tesi fatta propria dal giudice del Tribunale di Trieste che ha ricostruito l’iter di una vicenda dolorosa e drammatica.
Secondo i familiari, de’ Manzano aveva tentato di strapparsi le flebo mentre era ricoverato e aveva manifestato in molti modi, quando era ancora in salute, il rifiuto di trattamenti terapeutici in caso di grave invalidità. La figlia durante il ricovero al Cattinara aveva espresso la volontà di rinunciare alle terapie. I medici avevano risposto che il paziente era in condizioni che non prevedevano il decesso in tempi rapidi, a meno di complicazioni. Sulla base di queste indicazioni, il giudice tutelare aveva inizialmente espresso parere contrario alla sospensione di cure, Solo il 28 gennaio 2019 aveva autorizzato il trasferimento in un’altra struttura sanitaria, dopo aver sentito le parti.
Il Tribunale stabilisce ora che dovesse essere applicata la legge del 2017, ribadendo che il medico deve prospettare le indicazioni di cura più adeguate e le conseguenze in caso di rinuncia ai trattamenti sanitari. “Il medico, di fronte al rifiuto o alla revoca del consenso al trattamento sanitario da lui indicato, deve adoperarsi per alleviare le sofferenze, garantendo una appropriata terapia del dolore e l’erogazione delle cure palliative” ha scritto citando la sentenza della Cassazione sul caso Englaro. “La prosecuzione della vita non può essere imposta a nessun malato, mediante trattamenti artificiali, quando il malato stesso liberamente decida di rifiutarli, nemmeno quando versi in stato di assoluta incapacità”.
Il giudice aggiunge: “Inosservanze e irregolarità – forse complici la concitata successione di richieste, rifiuti, repliche e risposte, la preoccupazione dei familiari e il disorientamento dei sanitari, in un contesto comunque di decisioni delicate e difficili – hanno portato a tradire l’istanza principale del paziente. Ed è questo sufficiente a integrare la responsabilità dell’Azienda”. I medici avrebbero dovuto riferire al giudice tutelare le ragioni espresse dalla figlia, secondo cui “il padre non avrebbe assolutamente voluto vivere in quelle condizioni di emiparesi, con catetere, idratazione e alimentazione artificiali”. Infine, “anomalo e in violazione di legge si presenta il rifiuto del trasferimento e il rifiuto a dimettere il paziente”. Fissando i 25mila euro di danno, il giudice ha optato per “i limiti massimi del livello di grave entità” indicati nelle tabelle redatte dal Tribunale di Milano.
L’avvocatessa Giovanna de Manzano ha commentato: “Ho intrapreso questo percorso giudiziario, assieme al mio difensore avvocato Silvia Piemontesi, non solo per rendere giustizia alla chiarissima volontà di mio padre, che è stata violata, ma anche per contribuire a cambiare la cultura intorno al tema del fine vita. È un modo per rendere giustizia a tutti coloro che quotidianamente non vengono rispettati nelle loro ultime volontà sanitarie. La decisione è un importante precedente giudiziario sul diritto all’autodeterminazione”.
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Politica
Cecilia Sala libera dopo 20 giorni: è atterrata in Italia. Il messaggio alla redazione, l’abbraccio col compagno e coi genitori sulla pista. Meloni: sei stata forte | Video
Mondo
Blog Noury – Ad Amnesty negata la sala per il rapporto su Gaza. E se fossero state Bosnia e Ruanda?
Giustizia & Impunità
Ramy, i pm valutano l’omicidio volontario. I video e le differenze con i verbali. Cucchi: “Via la divisa”. Fdi-Lega in difesa dei carabinieri
Roma, 8 gen (Adnkronos) - Ha preso da poco il via, in aula alla Camera, l'esame della questione pregiudiziale di costituzionalità presentata sulla riforma costituzionale della giustizia. A illustrare la pregiudiziale è il deputato M5s Alfonso Colucci.
Milano, 8 gen. (Adnkronos) - Anche il presidente del Tribunale di Milano, Fabio Roia, ha sospeso temporaneamente l'utilizzo dell'applicativo App per l'adozione e il deposito di atti, documenti, memorie e richieste nel processo telematico penale. "Ritenuto - si legge nel provvedimento - che sussistano criticità derivanti dall'immediata obbligatorietà del regime del binario unico relativamente a fasi processuali caratterizzate dall'assenza di un'adeguata sperimentazione e dalla mancata segnalazione della verifica della corretta gestione del flusso informatico" emerge "la necessità" di procedere gradualmente all'implementazione dell'applicativo App, ritenendo opportuno mantenere il regime del doppio binario (digitale e analogico) "almeno fino al 31 marzo 2025".
Roma, 8 gen. - (Adnkronos) - Come se non bastassero i successi di Tesla e SpaceX, lo sviluppo dell'intelligenza artificiale xAI, le migliaia di post su X o l'attivismo al fianco di Trump, Elon Musk può vantare adesso un nuovo titolo, per lui forse altrettanto appagante. L'imprenditore sudafricano infatti ha annunciato di essere diventato uno dei migliori giocatori 'al mondo' di “Diablo IV,” un videogame fantasy di impronta dark per il quale sembra avere davvero perso la testa. Di sicuro, vi ha perso centinaia di ore, spiega il Wall Street Journal, dal momento che per raggiungere il 150mo livello (partendo dal primo) serve una dedizione senza fine nel cercare elisir e abbattere mostri. Il tutto in appena 45 giorni.
Va riconosciuto che Musk è da sempre 'addicted' ai videogiochi e in un filmato su X ha mostrato la sua capacità di superare un livello difficilissimo di Diablo in meno di due minuti (contro le ore che servirebbero a un giocatore normale). A questa pratica il patron di Tesla peraltro attribuisce qualità che vanno oltre il semplice divertimento: "Si possono imparare tante lezioni di vita giocando alla massima velocità e alla massima difficoltà" ha scritto in un post su X. E va detto che Musk riesce a giocare al computer anche mentre porta avanti chiamate o riunioni di lavoro.
Perfidamente - riporta il WSJ - alcuni suggeriscono che Musk potrebbe avere pagato altri giocatori per superare i livelli più 'noiosi' di Diablo. Ma mancano le prove e - viste le ultime sortite di Trump (pienamente sostenute dal suo 'alleato') - viene soprattutto da chiedersi se, con Musk arrivato al livello top di 'Diablo', a Washington non si siano ultimamente appassionati di più a un 'Risiko' dove il posto della Kamchatka è stato preso da Canada e Groenlandia.
Roma, 8 gen. (Adnkronos) - Donald Trump, Joe Biden e ancora Donald Trump, ma al Quirinale sempre Sergio Mattarella, che sabato prossimo alle 13 riceverà il Presidente uscente degli Stati Uniti in visita di commiato. Un'occasione per ribadire che "l’Italia ha rapporti di amicizia e vicinanza tradizionali con Washington, maturati all’indomani della Seconda guerra mondiale con il generoso contributo alla ricostruzione offerto con il Piano Marshall e con il sostegno alla nostra democrazia, consolidatosi nell’Alleanza atlantica e in altri numerosi contesti delle organizzazioni internazionali".
Una linea che il Presidente della Repubblica ha sempre ribadito, a prescindere da chi fosse l'inquilino della Casa Bianca, perché, come affermò l'estate scorsa in occasione della cerimonia del Ventaglio, "rimango sorpreso quando si dà notizia o si presume che vi possano essere posizionamenti a seconda di questo o quell’esito elettorale, come se la loro indubbia importanza dovesse condizionare anche le nostre scelte". Senza però mai dimenticare, come sottolineò sempre Mattarella nel 2019 dopo l'incontro con Trump a Washington, quanto “dicevano i latini: ‘Amicus Plato, sed magis amica veritas’, più importante del mio amico è la verità”.
I prossimi mesi diranno come dal Quirinale verrà declinato concretamente questo orientamento, nel frattempo è il momento dei saluti con Biden, al quale verrà ribadito "il ringraziamento per l'apprezzato servizio e per la sua leadership", che il Capo dello Stato espresse sempre l'estate scorsa nelle giornate in cui il Presidente uscente degli Stati Uniti decideva di non ricandidarsi.
Per lui si tratterà della seconda visita al Quirinale, dopo quella del 29 ottobre del 2021 quando si trovava a Roma per il G20 presieduto dall'Italia. Si era nella fase finale della pandemia da Covid e in quella circostanza i due Presidenti si trovarono d'accordo nel sottolineare la necessità di garantire i vaccini ai Paesi più fragili. Una questione introdotta dal Capo dello Stato italiano e condivisa da quello statunitense, che evidenziò “l’ottimo lavoro" fatto dall’Italia sui vaccini. Non mancò il riferimento alla necessità di fare tesoro di quella esperienza di collaborazione internazionale realizzatasi con il Covid, in previsione di futuri possibili nuovi episodi di pandemia.
Un esempio citato più volte da Mattarella insieme alle tante emergenze mondiali da affrontare e risolvere attraverso la cooperazione e un rinnovato multilateralismo. A partire dai conflitti in Ucraina e in Medio Oriente, entrati prepotentemente nell'agenda proprio pochi mesi dopo quell'incontro al Quirinale, con Italia e Stati Uniti impegnati nel supporto a Kiev e negli sforzi per la ricerca di una pace giusta e per la stabilizzazione delle varie aree di crisi.
Un contesto rispetto al quale Biden e Mattarella negli ultimi quattro anni si sono trovati d'accordo nel sottolineare la validità delle tradizionali alleanze, a partire da quella Atlantica, da declinare però in modo nuovo tenendo conto del mutato quadro geopolitico, con un Europa chiamata, come ripetuto più volte dal Capo dello Stato italiano, a dotarsi “degli strumenti di politica estera e difesa comune, naturalmente in collaborazione e con complementarietà con la Nato”.
Milano, 8 gen. (Adnkronos) - Sarà ascoltata in Belgio, alla presenza anche di alcuni poliziotti milanesi, la giovane che ha denunciato di essere stata molestata, insieme ad altri cinque amici, la notte di Capodanno a Milano. La studentessa di Liegi era in compagnia di tre donne e due ragazzi durante i festeggiamenti per l'arrivo del 2025 e ha raccontato di essere stata circondata e palpeggiata da diversi ragazzi ancora in corso di identificazione. Saranno le immagini delle telecamere presenti in piazza, e ancora al vaglio degli agenti della Questura di Milano, a poter fornire elementi utili per dare un nome ai presunti aggressori. Ieri la procura guidata da Marcello Viola ha aperto un fascicolo contro ignoti per l'ipotesi di "stupro di gruppo" per quanto sarebbe accaduto in piazza Duomo.
Milano, 8 gen. (Adnkronos) - Aspiag Service srl (concessionaria del marchio Despar in Triveneto, Emilia-Romagna e Lombardia) "offre la massima collaborazione alle autorità giudiziarie, nella convinzione di aver sempre operato nel giusto e nel rispetto della legalità". Lo si legge in una nota a poche ore dal decreto con cui la procura di Milano ha effettuato un sequestro d'urgenza di circa 8 milioni di euro in un'indagine che vede come ipotesi d'accusa la presunta somministrazione illecita di manodopera. "L'azienda ripone la massima fiducia nel lavoro della magistratura auspicando possa essere fatta chiarezza nel più breve tempo possibile".
Milano, 8 gen. (Adnkronos) - "I video che si sono visti non lasciano spazio ai dubbi: c'è stato uno speronamento da parte della macchina dei carabinieri sul motorino teso a provocarne la caduta quindi conseguentemente la morte del povero Ramy e questo impone di interrogarsi sulla corretta qualificazione giuridica dei fatti. Ci sono elementi per configurare l'omicidio volontario, quanto meno sotto il profilo del dolo eventuale". Lo sostiene il difensore Marco Romagnoli che insieme all'avvocato Debora Piazza difende Fares Bouzidi, il ventiduenne alla guida dello scooter su cui viaggiava e ha perso la vita Ramy Elgaml, morto la notte del 24 novembre scorso, in via Quaranta all’angolo con via Ripamonti, mentre veniva inseguito dai carabinieri.
Parole che arrivano a poche ore dalla diffusione, su tv e siti, delle immagini dell'inseguimento, in pieno centro, durato otto chilometri. "Altra considerazione - aggiunge il difensore - è quella del comportamento dei carabinieri che li si è visto pacificamente voler fermare questo veicolo a ogni costo, anche a costo di provocare ciò che poi purtroppo è accaduto e questo, a mio avviso, è inaccettabile in uno stato di diritto come il nostro".