“La cultura popolare è quella che arriva alla gente e come fanno a elevarsi se noi gli forniamo delle cose degne di una fogna? Chi ammette simili modi non fa una bella operazione al popolo”. Così il celebre paroliere Mogol, co-autore degli evergreen di Lucio Battisti, in una intervista a Il Tempo ha detto la sua sul “caso” della settimana, l’esclusione di Tony Effe al Capodanno di Roma.
“Fanno bene a impedirgli di cantare al concerto di Capodanno. – ha detto – Quando sono stato invitato da Mazzi al Ministero della cultura ho detto che certe cose vanno proibite e chi le diffonde deve pagare una multa salatissima (…) Non è eccessivo, è l’unico modo perché questo è l’inizio della fine”.
E ancora: “Non sono un censore, ma certe parole, certi modi di trattare le persone sono diseducativi, mancano di rispetto alle donne. Come si può chiamare una ‘la tua troia’? Non è né una forma d’arte, né una forma corretta del parlare. Continuando così, non lo so dove si arriverà- Evidentemente è un linguaggio che loro gradiscono. Se loro lo accettano necessariamente non fa loro maleSi vede che a Sanremo piacciono queste cose”.
Infine: “Ho sempre sostenuto che bisogna avere la competenza, ci vuole dire gente preparata e che conosce la musica, perché altrimenti possono succedere cose come queste. Mi sto riferendo a chi sceglie questo genere di canzoni per concorrere al Festival. Vi sembra normale che i bambini debbano apprendere questi concetti? Il garbo dove finisce? L’educazione, la gentilezza dove sono? Qual è l’argine che si propone? O non c’è più nemmeno un argine? Parliamo tanto di cultura, di tutela e poi? Io ho visto dieci anni di Festival di Sanremo che sembrava scelti in base ai like”.