di Fiore Isabella
Gli idoli della caverna, afferma Bacone, sono gli errori che derivano da opinioni e pregiudizi personali. Ogni individuo ha la sua “caverna” mentale, cioè la sua prospettiva soggettiva, che può distorcere la percezione della realtà. Quando tale prospettiva assume carattere oggettivo, la distorsione della realtà viene percepita dal senso comune come se fosse normale. Rompere questo automatismo, traslando la parte positiva del Novum Organum (pars construens), alla vicenda travagliata della comunità rom di Lamezia Terme, ammassata nel campo di Scordovillo (la più grande bidonville del mezzogiorno d’Italia) può essere una guida metodologico-operativa di indubbia efficacia.
Ciò richiede, innanzitutto, un impegno di analisi che dovrebbe assumersi la politica, in particolare la Sinistra che, al posto di origliare i rumori della pancia del popolo come fa impeccabilmente la Destra, e spesso non soltanto la Destra, si soffermi sul “Che fare?”. Scartata l’dea di bonificare l’area smaltendo gli abitanti come rifiuti ingombranti, che si configurerebbe come il definitivo cedimento ai pregiudizi classisti, occorre pensare alla fase propositiva “pars costruens” costruita a ridosso di un sentimento di umanità che perde, giorno dopo giorno, il passo con un mondo che, invece, va velocemente dall’altra parte.
Ma ci sono anche le buone pratiche che ci ricordano che qualcosa si può fare ancora; in tal senso, fino al 2015, e per più di un decennio, a Lamezia Terme fiorirono esperienze interculturali e multietniche, maturate nel CTP (centro territoriale permanente, scuola per adulti) quando nella scuola si cominciò a parlare di una pedagogia (senza voler scomodare Paulo Freire) attenta ai bisogni educativi dei nostri “ultimi”. La scuola e la formazione, e non certo le ruspe, avevano concorso ad avviare un processo di smantellamento del pregiudizio che aveva trasformato dei nostri concittadini, di etnia diversa dalla nostra, in nemici da allontanare o, quantomeno, da tenere a debita distanza. Bisogni educativi che, dal 2015 in poi, non sono scomparsi e che richiedono un ruolo pedagogico e non burocratico della scuola pubblica.
Temo però, e sarei felice di essere smentito, che la versione della scuola dell’autonomia, governata da managers, sia più incentrata sull’esigenza competitiva di ogni unità scolastica di esporre nelle vetrine i propri prodotti, piuttosto che di calarsi con umiltà nell’universo della marginalità. Lamezia Terme si avvia alle elezioni amministrative di giugno 2025 e ad una lunga campagna elettorale incentrata sulle note identitarie dei papabili primi cittadini e sul calcolo, col bilancino del farmacista, degli organigrammi calibrati con i criteri del vecchio manuale Cencelli. E mentre ripetutamente suona la grancassa della politica, sempre più senza spessore ideale, il Campo di Scordovillo rimane lì, lontano parente del mio sogno di una notte remota.
Sì, un sogno che ho spesso raccontato di un campo del degrado e della vergogna posizionato al centro del territorio lametino, infine trasformato in uno spazio di rara bellezza: al posto dell’attuale recinto tante siepi sormontate da fiori di campo; tanti ingressi con annessi viali accanto a graziose casette abitate da famiglie rom e non rom; spazi ludici per l’infanzia; due fucine per battere il ferro come si faceva una volta; un centro sociale dove i bambini possono incontrarsi per giocare, imparare con i loro amici non rom, disponibili ad aspettarli perché non c’è un programma da rispettare. Questa è la mia baconiana “pars costruens” indotta da un sogno e, comunque, da sperimentare.
Adesso occorre aspettare che sia la Politica a farlo sostituendo la vacuità di un sogno con un progetto mirato a trasformare concretamente la vergogna in bellezza. Francesco Bacone, aprendo la strada al metodo scientifico moderno, ci ha dato gli strumenti per individuare gli errori e i pregiudizi da cui ci dobbiamo liberare se non vogliamo perdere anche il futuro.