Discriminazioni a scuole o all’università e pure sul mondo del lavoro. L’indagine esplorativa condotta da Istat e Unar nel 2023 sulle discriminazioni subite dalle persone trans e non binarie, basata su un questionario elettronico a cui hanno partecipato 630 persone su base volontaria, fa emergere un quadro allarmante.

Il 66,1% delle persone trans e non binarie la cui identità di genere è visibile o riconoscibile si è sentita discriminata a scuola o all’università; oltre 8 su 10 parlano di una forma di micro aggressione avvenuta in ambito lavorativo legata all’identità di genere; 1 su 2 dice di aver vissuto almeno un evento di discriminazione nella ricerca di lavoro per motivi legati all’identità di genere; il 46,4% non ha partecipato a un colloquio perché la propria identità (trans o non binaria) ne avrebbe condizionato negativamente l’esito e il 40,6% con un lavoro dipendente dice di aver subito discriminazioni. L’indagine, fa sapere l’istituto, non può essere considerata statisticamente rappresentativa della popolazione trans e non binaria poiché si basa su un campione formato esclusivamente da persone che su base volontaria hanno scelto di rispondere al questionario. Ma permette di descrive un quadro che pone molti interrogativi sulla mancanza di tutele per una parte della popolazione.

Il 37,1% delle persone che hanno risposto, occupati o ex-occupati in Italia, afferma di aver sperimentato un clima ostile o un’aggressione nel proprio ambiente di lavoro per ragioni legate all’identità di genere; nel complesso, il 57,1% delle persone occupate o ex-occupate intervistate ritiene che la propria identità di genere trans o non binaria abbia costituito uno svantaggio nel corso della vita lavorativa, nella carriera, nella crescita professionale, nel riconoscimento e apprezzamento, nel reddito o nella retribuzione. Il clima ostile e le forme di aggressione riguardano spesso l’essere stati umiliati, calunniati o derisi (29,6%); seguono con incidenze simili l’aver subito minacce in forma verbale o scritta (12,2%), l’aver ricevuto molestie di tipo sessuale (11,9%) e l’essere privati totalmente di compiti da svolgere o esclusi da riunioni (11,6%). Il 6,8% riporta di aver ricevuto controlli disciplinari immotivati.

Sei rispondenti su 10 maggiorenni affermano di aver acquisito consapevolezza dell’attuale identità di genere trans o non binaria entro i 20 anni. Il primo coming out è avvenuto per 3 persone su 10 (31%) tra i 15 e i 20 anni. Analizzando la reazione dei genitori emerge che per un quarto dei rispondenti (25,6%) la madre non era contenta, ma ha accettato l’identità di genere dei figli, mentre in oltre un quinto dei casi (21,4%) ha avuto una reazione positiva. Al contrario, le madri hanno avuto una reazione negativa per il 16,2% dei rispondenti, in misura maggiore nel caso di una figlia trans (23% a fronte del 14,3% nel caso di figli con identità non binaria).

Quanto ai padri, il 36,8% non è a conoscenza dell’identità di genere dei figli. Tra i padri è inoltre più diffusa una reazione di indifferenza che riguarda l’11,1% (a fronte del 6% delle madri). Nonostante il profilo molto giovane dei 630 che hanno risposto al questionaroi, la maggioranza ha detto di essere occupata (65,3%) o lo è stata in passato (20,6%) in virtù di un buon livello di istruzione. Il tipo di attività lavorativa prevalente è il lavoro dipendente.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Regali di Natale 2024, la guida agli acquisti solidali: ecco i progetti umanitari che è possibile sostenere

next