Quasi otto milioni e mezzo di euro di risarcimento chiesto dal ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, sulla base delle conclusioni della relazione dell’Ispra, all’azienda Tamoil per il danno ambientale e d’immagine che l’ex raffineria di Cremona ha provocato negli anni. L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ente pubblico sottoposto a vigilanza ministeriale), nell’ambito della causa civile intentata contro Tamoil dal ministero dell’Ambiente – a seguito della sentenza penale divenuta definitiva (2020) che ha condannato il manager Tamoil Enrico Gilberti a tre anni di reclusione per disastro ambientale colposo aggravato – ha individuato due profili di danno ambientale. La prima tipologia riguarda il “danno ambientale attuale”, per via della quantità di sostanze inquinanti presenti nelle acque sotterranee esterne al sito industriale (dal 2011 convertito in deposito) diffuse dal 2001 al 2006, periodo preso in considerazione nel processo penale. Una conseguenza dei mancati interventi di messa in sicurezza da parte di Tamoil.
La seconda tipologia afferisce al “danno ambientale temporaneo”, dovuto alla permanenza della contaminazione per tutto il tempo di diffusione delle sostanze inquinanti, sempre relativamente al periodo 2001/2006, con la conseguente perdita di servizi ecosistemici. L’Ispra ha quantificato così l’inquinamento prodotto: circa 16,8 milioni di metri cubi di acque contaminate; circa 42 tonnellate di idrocarburi totali e circa 2,6 tonnellate di BTEX (vale a dire benzene, toluene, etilbenzene, xilene, sostanze altamente nocive). Il tutto su circa 40.000 mq di area golenale da tempo interessata dalle attività di ripristino ambientale. Per la quantificazione del danno ambientale, Ispra rileva come “misura di riparazione” un risarcimento di 4 milioni e 368mila euro; per il danno “all’immagine e alle funzioni dello Stato”, 4.080.000 euro.
Ma la relazione di Ispra è già tema di scontro politico. Sergio Ravelli, partito radicale, che mai ha smesso di chiedere al ministero di avviare l’azione civile, commenta a ilfattoquotidiano.it: “Ci sarebbe da festeggiare, non capita spesso che siano avviate cause legali per il risarcimento del danno ambientale (materiale e di immagine) di cui il ministero dell’Ambiente è l’unico titolare. Accade invece che il Comune di Cremona rimane silente, anzi comunica di non saperne niente e di non essere in possesso della documentazione Ispra. Addirittura non procede, come richiesto espressamente da una interrogazione comunale. Un comportamento incomprensibile oltre che inaccettabile, se si considera che il Comune sarà coinvolto nelle opere di ripristino dei sistemi ecosistemici danneggiati dall’inquinamento”.
Il Comune di Cremona replica in maniera netta per bocca dell’assessore all’Ambiente Simona Pasquali: “Non abbiamo ricevuto alcuna comunicazione formale in merito alla causa e a maggior ragione non possediamo i relativi documenti”. “Pesanti i contenuti della relazione Ispra, diffusa alla stampa da Forza Italia e Partito Radicale nella totale inerzia del Comune di Cremona”, incalzano gli esponenti di opposizione in Comune Luca Ghidini e Saverio Simi (Forza Italia). Ravelli, in merito allo studio Ispra, aveva parlato di “segreto di Pulcinella. La documentazione esiste e circola clandestinamente in città”. Ancora Simi e Ghidini al Fatto: “Ora l’amministrazione comunale pensi a spendere bene i 2,4 milioni di euro già a bilancio dopo le sentenze civili e penali. Venga mantenuto il vincolo di destinazione per progetti di riqualificazione ambientale e si adottino criteri rigorosamente scientifici per valutare i migliori progetti per la città, in piena trasparenza e partecipazione democratica”.
Sul caso Tamoil pende poi una seconda inchiesta penale, rispetto alla quale per il prossimo febbraio, dopo che il pubblico ministero Davide Rocco del tribunale di Cremona ha chiesto una consulenza supplementare di parte, “ci saranno novità importanti. E noi siamo ottimisti”, afferma Gino Ruggeri, esponente radicale che nel primo processo Tamoil si era costituito parte civile al posto del Comune di Cremona (che aveva scelto, allora tra mille polemiche, di non farlo) e dal cui esposto oggi è partito il secondo filone di indagine relativo all’inquinamento diffusosi nel terreno dal 2020 ad oggi.