Il gatto ha sette vite. Subisce, sembra a un passo dalla fine, poi all’improvviso graffia. E fa male. Olexandr Usyk è chiamato così non a caso. E nella rivincita chiesta e ottenuta dallo sfidante Tyson Fury, l’ucraino ha dimostrato ancora una volta che quel soprannome gli calza a pennello. Nettamente in svantaggio dopo le prime sei riprese, dal settimo round Usyk ha iniziato a trovare spazio, con colpi precisissimi che hanno messo in difficoltà l’inglese. Fury ha traballato, ha iniziato a legare, ha provato a far valere peso e altezza, è tornato nel match, ma alla fine ha dovuto arrendersi all’evidenza: Olexandr Usyk in questo momento è un pugile superiore. Più intelligente, tatticamente più disciplinato, più efficace, in grado di vincere contro chiunque. Il verdetto dei giudici è stato unanime: 116-112 in favore dell’ucraino, per una vittoria più netta ma meno appariscente di quella andata in scena sempre sul ring della Kingdom Arena di Riad a maggio scorso.
IL MATCH – Sei mesi fa fu split decision (decisione non unanime), ma negli occhi di tutti rimase quel gancio sinistro dell’ucraino all’ottava ripresa, con Fury – fino a quel momento in controllo – che finì il round male e fece ancora peggio nella nona ripresa, clamorosamente impotente sotto i colpi di Usyk, anche se mai al tappeto. A nulla servì il tentativo di rimonta. Una storia che si è ripetuta anche nella seconda sfida tra i due. Fury si è presentato al rematch con quasi 10 chilogrammi in più (addirittura 26 kg la differenza di peso tra i due) e con una concentrazione massima: mai guascone, sempre attento, l’inglese è partito benissimo, usando bene il suo jab e tenendo lontano il campione, che non ha potuto far valere la sua proverbiale velocità d’esecuzione. Come a maggio, Fury ha letteralmente controllato le prime sei riprese. Nella settima, però, un colpo di Usyk lo ha fatto vacillare, forse più nella testa che nel fisico. Gli ha tolto certezze, esattamente come sei mesi fa. Si è spenta la luce, anche se in maniera meno evidente rispetto al primo match. Nella ottavo round Usyk ha attaccato, ha sferrato colpi chirurgici, ha fatto traballare il britannico. Stesso copione nella nona ripresa, con l’ucraino a pungere a ripetizione, in maniera costante, seppur in assenza del colpo da ko. Nella decima ripresa Tyson Fury ha preso aria, ha provato a ribaltare i 10 minuti di buio, per certi tratti ci è anche riuscito, pur non mettendo davvero in difficoltà Usyk. Il campione, tuttavia, nell’undicesima ripresa un rischio lo ha corso: montante ben messo di Fury, occhio gonfio, tanta paura, ma poco effetto sui cartellini dei tre giudici, così come nella dodicesima e ultima ripresa. Poi il verdetto letto da Warren Buffer, decisione unanime e la solita verità: per la quarta volta consecutiva (due contro Joshua e altrettante contro Fury), Usyk parte sfavorito nei pronostici e poi vince. Nettamente, con una lezione di pugilato. Non sarà un personaggio mediatico come i due inglesi, ma a questo punto ci sono pochi dubbi su chi sia il pugile più forte.
IL FUTURO DI USYK – La conferma del campione ucraino, va detto, ha deluso chi ha sperato per mesi in un futuro più affascinante per la categoria regina. Se Fury avesse vinto, infatti, il terzo match sarebbe stato d’obbligo, con la trilogia che sarebbe entrata di diritto tra i capitoli più importanti della storia della boxe moderna. Ma così come accaduto con Joshua, il Usyk ha lasciato poco spazio allo show (non ai dollari, visto che la borsa del rematch contro Fury era di ben 180 milioni di euro, da dividere in parti uguali): con due vittorie su due, la terza sfida non ci sarà. Cosa farà ora Usyk? Probabilmente tenterà di unificare di nuovo tutte le cinture dei massimi, visto che a Riad non era in palio quella Ibf, detenuta da Daniel Dubois, che a settembre ha messo ko Anthony Joshua alla quinta ripresa. Incontro interessante, ma almeno sulla carta nulla di indimenticabile. C’è chi parla, inoltre, di un possibile match contro il cinese Zhang, ormai 41enne. Insomma: al momento niente di stellare, anche perché nei pesi massimi adesso di stellare c’è solo Olexandr Usyk, unico pugile imbattuto nella categoria regina.
IL FUTURO DI FURY – Molto diverso il discorso per Tyson Fury. Dopo le due sconfitte consecutive (le prime della sua lunga carriera) e a 36 anni (Usyk ne ha 37) è davvero complesso delineare un futuro per il campione di Morecambe. C’è sempre chi sogna la sfida a Wembley contro Anthony Joshua, nel derby inglese che da anni agita la fantasia degli appassionati di boxe. Ma è innegabile che senza cinture in palio e con due pugili sconfitti in tutte le precedenti uscite, il match non avrebbe l’appeal che smuoverebbe titoli, annali e milioni di euro. Insomma, una sorta di “vorrei ma non posso”. Quindi Fury appenderà i guantoni al chiodo? Presto per dirlo, ma è difficile pensare che l’inglese possa ritirarsi così, dopo due sconfitte dolorose e con ancora qualcosa da dire sul ring, anche per mancanza di campioni giovani in grado di pensionare i pugili-totem ormai vicini ai 40 anni. In tal senso lascia ben sperare il processo di crescita del 20enne inglese Itauma, devastante nel match che ha preceduto la rivincita Usyk-Fury. Il mondo della boxe, tuttavia, sembra essere più interessato a una voce davvero clamorosa, ovvero il possibile rientro sulla scena di Volodymyr Klyčko, che a 48 anni vorrebbe provare a battere il record di George Foreman, diventando il campione dei massimi più anziano di sempre. Al netto della suggestione, questo ipotetico ritorno al passato non sembra essere una buona notizia per la boxe e per la sua categoria regina.