Un "atto di disobbedienza civile" per chiedere nelle aule dei tribunali "di sollevare la questione di legittimità costituzione"
Un “atto di disobbedienza civile rispetto alla norma introdotta dal ministro Salvini nel Codice della strada che punisce l’uso di sostanze senza richiedere prove concrete di alterazione delle capacità di guida”. Il segretario di Radicali Italiani, il cuneese Filippo Blengino, si è autodenunciato alle forze dell’ordine per guida dopo l’assunzione di sostanze stupefacenti, lunedì mattina a Roma. Blengino ha raccontato al posto di blocco di aver assunto cannabis sabato scorso, mettendosi alla guida due giorni dopo “in piena lucidità, dimostrando l’assurdità della legge“.
Con il nuovo Codice della strada, infatti, è stato eliminato il riferimento allo “stato di alterazione psico-fisica” per chi guida dopo avere assunto sostanze stupefacenti: la sola positività alle droghe comporterà così la punibilità, anche se il risultato del test è stato causato da un’assunzione avvenuta molte ore prima e il soggetto non presenta alcuno stato di alterazione. “Molti ignorano che le tracce di cannabis restano nell’organismo per giorni, anche quando non vi è più alcuna alterazione delle capacità – ha dichiarato Blengino prima dell’autodenuncia -. Con questa norma, lo Stato punisce individui perfettamente lucidi alla stregua di chi si mette al volante in uno stato psico-fisico alterato”.
Ora, con la sua autodenuncia, Blengino dovrà affrontare un processo e rischia un anno di carcere e seimila euro di multa. La patente gli è stata subito ritirata. “Nelle aule dei tribunali chiederemo di sollevare la questione di legittimità costituzione” ha aggiunto il presidente di Radicali Italiani, Matteo Hallissey: “Andremo avanti anche con altre disobbedienze fino a quando questa norma del codice della strada non sarà revocata“. La norma così come modificata, infatti, viene vista – da diversi guiristi – come una forzatura giuridica a rischio di dichiarazione di incostituzionalità dalla Consulta, viste anche le motivazioni dell’ordinanza emessa nel 2004 dalla stessa Corte Costituzionale sull’argomento (qui tutti i dettagli del caso).