La pazzia è solo una etichetta inutile. La salute mentale è un prezioso elemento di cui dovremmo aver cura, specie in una società come quella di oggi bombardata da continui input, spesso inutili e superficiali. Chi ne fa le spese di questo corto circuito del mondo moderno? Le nuove generazioni, ma non solo.
Sono alcuni degli interrogativi che si pone lo spettacolo teatrale “Chi come me” al Franco Parenti di Milano che tra l’anno scorso e quest’anno è stato in scena più tre mesi, un evento davvero eccezionale. L’anno prossimo è previsto ancora in cartellone. Lo spettacolo e stato sempre sold out ed e stato visto, sino ad oggi, da piu di 10mila persone.
Il progetto è stato supportato anche dalla Fondazione Guido Venosta che ha messo a dispozione i biglietti per gli adolescenti. Il progetto rientra in “HAPPY diventare capaci”, mirato alla prevenzione e intervento di sostegno per il benessere psicologico degli adolescenti dell’area metropolitana milanese e della provincia di Monza e Brianza.
“Chi come me” di Roy Chen viene proposto nell’adattamento, regia e costumi di Andrée Ruth Shammah con la traduzione dall’ebraico di Shulim Vogelmann ed è una produzione del Teatro Franco Parenti. In una scena che riproduce un centro di sanità mentale ruotano le storie di cinque adolescenti interpretati da cinque straordinari attori: Amy Boda, Federico De Giacomo, Roberta Filannino, Samuele Poma e Alia Stegani. I ragazzi partecipano alle lezioni teatrali di Dorit, l’insegnante che il Dott. Bauman (Fausto Cabra), direttore dell’Istituto, ha voluto per agevolarli nell’esprimere le loro emozioni.
Grazie al percorso di creazione di uno spettacolo, insieme trovano la forza di riscattarsi attraverso il potere curativo del teatro. Ed è anche per questo che ci sono richiami che evocano le atmosfere del film premio Oscar “L’attimo Fuggente” (per la forza della cultura e della sete di sapere) e della serie cult Netflix “Tutto chiede salvezza” (per l’intreccio delle storie intime e personali vigorose e potenti).
Viene dato anche ampio spazio agli intrecci famigliari dei giovani pazienti, in cui emerge come spesso le figure materne e paterne siano vulnerabili o incapaci di ascoltare i propri figli “speciali” e che spesso viaggiano su piani della comunicazione differenti rispetto a quello che viene considerata “la normalità”.
La colonna sonora che culla le vicende narrate vede al centro le musiche di Brahms, Debussy, Vivaldi, Saint-Saëns, Schubert e Michele Tadini. Uno spettacolo da “attraversare”, vivere e che aiuta a riflettere. “Chi come me” è da non perdere.