“Conosci davvero tuo marito?” “Conosci davvero tua moglie?” “Conosci i tuoi figli?”

Domande che potrebbero sembrare fuori luogo in una recensione
cinematografica. Eppure, il nuovo film di Christy Hall con Dakota
Johnson e Sean Penn ci sfida ad affrontare una verità scomoda: spesso ci apriamo più facilmente con uno sconosciuto che con le persone che conosciamo meglio, a cui teniamo nascoste le nostre sofferenze.

“Una notte a New York” non è solo un film; è un viaggio che supera i confini dello schermo per condurci al cuore di un incontro con lo straniero quotidiano: un tassista, un commesso, il partner o il panettiere all’angolo.

Il partner? Ma cosa dici? La persona con cui abbiamo scelto di
condividere la vita? Chi si scandalizza potrebbe dare uno sguardo alle statistiche su separazioni e divorzi in Italia. E magari riflettere su quanto sia più semplice girare lo sguardo dall’altra parte per non affrontare la nostra faccia allo specchio.

Non possiamo mai dire di conoscere l’altro fino in fondo, nemmeno se è nostro partner o figlio. E per fortuna: questa impossibilità si chiama “libertà”. È l’altra faccia della medaglia. La possibilità di
esplorare noi stessi quando decidiamo di aprirci e lasciarci conoscere, almeno un po’. È così che inizia il dialogo, nel film e nella nostra vita. Come possibilità che germoglia dentro noi stessi. Che non arriva da fuori come spesso sogniamo. E ci illudiamo.

Un dialogo che diventa uno spiraglio per conoscere noi stessi attraverso l’altro. Anche (soprattutto?) un altro qualsiasi che ci dona il più immateriale dei beni: l’ascolto autentico.

Non è la pietà di chi si sente migliore e ci giudica. È un ascolto che
mira prima al nostro piacere di comprendere l’altro, senza pensieri di
superiorità. A volte, in questo abbandono, nasce persino il “noi”.
Come nell’amore: se si fa per obbligo, non vale; se è esplorazione
desiderante condivisa, cambia tutto.

Capita di dimenticare che il primo passo per uscire dalla solitudine è
decidere di mettersi in ascolto, anziché aspettare che l’altro lo
faccia. È un potere che abbiamo sempre a portata di mano, non un
algoritmo programmato da un robotaxi o dall’Intelligenza Artificiale.

È un primo passo che serve ad accendere quel fuoco dentro di noi
quando scegliamo di connetterci autenticamente con l’altro. Attraverso il dialogo scopriamo non solo chi abbiamo davanti, ma anche parti di noi che emergono solo grazie a questo incontro.

Non è soltanto un film. È una storia che illumina il sentiero per
uscir fuori dall’impotenza e dal fallimento, facendo leva sull’unico
potere reale che abbiamo: quello su noi stessi. Un potere speciale
che, però, si attiva solo grazie alla relazione con l’altro. Soprattutto, forse, se sconosciuto.

Lo straniero porta con sé una fiammella di umanità che può divampare in un incendio oppure scaldare i nostri cuori congelati dalle frustrazioni. Può anche spegnersi del tutto. Il fuoco, infatti,
continua a brillare solo se le fiammelle si riflettono l’una nell’altra. L’unico peccato della vita è lasciare che i nostri dolori marciscano,
nascondendoli finché non avvelenano noi e chi ci sta accanto. Per
questo, Buon Natale, Christy Hall: continua a girare film capaci di
risvegliare il coraggio di aprire il cuore allo sconosciuto.

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